Il Cavaliere Oscuro fa il suo ritorno in Gotham Knights, e con il cuore in gola vi racconterò la mia esperienza in questa recensione della versione per Xbox Series X. Batman è morto. L’ho visto morire per mano di Ra’s al Ghul, esplodere assieme alla sua batcaverna e sono pure andato al suo funerale. Lì ho visto sorgere i 4 cavalieri di Gotham. Ed è stato lì che il mio sgomento ha aperto la diga per far scorrere il fiume della curiosità. Però raga, una cosa la devo riconoscere: ci vogliono “i cosiddetti” per far schiattare in maniera così plateale un eroe del calibro di Batman. Quelli di Rocksteady Studios ci sono andati vicinissimo in Arkham Knight ma WB Games Montreal ci va giù diretta e senza filtri.
Il tragico evento è il preludio per raccontare l’ascesa dei 4 neo cavalieri di Gotham, Nightwing, Batgirl, Robin e Red Hood. Ogni eroe con una sua storia, stili di combattimento, progressione e finale. Ogni tanto ci sono dei punti di congiunzione con gli altri del gruppo ma nulla di così eclatante. La cosa intelligente, oltre che geniale, è che il percorso di ogni personaggio non è scelto all’inizio e senza la possibilità di cambiare. Un modo furbo per rinnovare quell’apatia da gameplay, oltre che portare avanti la progressione dei cavalieri in maniera parallela e alternativa.
Gotham Knights si presenta come un aRPG con una spiccata vena open-world. La città di Gotham è fruibile per la prima volta senza filtri e barriere. A bordo del batcycle possiamo sfrecciare tra le sue vie e quartieri, per garantire sicurezza e giustizia ai suoi cittadini. Sempre rigorosamente di notte, il perimetro temporale di ogni missione del gioco. Gotham, fuori dalle missioni principali, è estremamente pericolosa. Giocato a “difficile”, qualche colpo ben assestato e l’aspirante Cavaliere Oscuro finisce sei metri sotto terra.
E mo’ basta che vi sto’ raccontando troppo, il resto lo troverete nella recensione di Gotham Knights, titolo giocato nella sua versione per console Xbox Series X.
Batman è morto, sentite condoglianze
Non è facile superare un’assenza pesante come quella di Batman. WB Games Montreal lancia un messaggio tacito, probabilmente non diretto principalmente a noi giocatori ma a qualcun altro che magari stava gufando (e non parlo della Corte dei Gufi) sulla riuscita di questo ambizioso progetto. Resta il fatto che la storia costruita è dannatamente catchy e ben pensata. Si inizia con la presenza di Talia al Ghul a Gotham City. Non è lì solo per cremare il padre (ricordatevi sempre che c’è il pozzo di Lazzaro), ma anche per monitorare qualcosa di “grosso” che sta succedendo a Gotham. Qualcosa che magari il povero Bruce Wayne aveva intuito con le sue indagini ma che non è riuscito a portare a conclusione.
L’eredità del Cappuccio passa ai suoi figli adottivi, Dick, Barbara, Jason e Tim e alle loro controparti notturne. C’è solo un piccolo problemino da risolvere: si odiano a morte. Nella bat-famiglia non c’è mai stata una vera e propria e coesione ed in questo ho trovato anche una forte coerenza narrativa rispetto al fumetto DC. Nelle poche occasioni in cui si collabora il rapporto non è mai idilliaco e finisce sempre con qualcuno che accusa l’altro di qualcosa. L’eccesso di protagonismo è un demone che dovremmo scacciare nel corso del gioco, anche se i “veri” nemici sono altri.
La Corte dei Gufi, un’organizzazione massonica silente, è pronta per uscire dall’ombra e dettare la sua legge su Gotham. Lo ha sempre fatto anche prima dell’arrivo di Batman, utilizzando i suoi sicari – gli Artigli – per regolare i conti e dirimere le questioni. La scelta di includere questo arco narrativo all’interno di Gotham Knights è coerente con alcune meccaniche di gioco che troveremo in questa avventura. In primis la componente investigativa e la necessità di raccogliere indizi.
Questi portano alla risoluzione dei casi e all’attivazione/svolgimento delle missioni principali. La bacheca all’interno del Campanile, il quartier generale dei 4 Cavalieri, raccoglie l’esito delle indagini degli eroi, oltre a fungere da hub dove gestire la progressione nel gioco.
Non vi aspettate, però, una stretta aderenza alla controparte fumettistica. Eccezion fatta per la parte cosmetica, la narrativa è liberamente ispirata a fatti e personaggi presenti nel fumetto americano. Ogni tanto si scivola in qualche citazione ma nulla di non comprensibile e/o vitale per la fruizione del titolo. Scelta, anche questa, che approvo su tutta la linea.
Come scacciare il fantasma di Arkham da Gotham Knights
Ok, è inutile girarci attorno, indi per cui togliamoci il dente e passiamo oltre. Se io vi dico di ricordare un videogioco dove il protagonista è Batman la risposta è del tutto scontata. Cosa ve lo chiedo a fare, anche io sono del vostro stesso avviso. E non vi nascondo che all’epoca dell’annuncio, dopo quel tamtam di spoiler, rumor, messaggi criptici e altre trovate marketing virali, mi guardavo intorno per scorgere il nome di quelli di Rocksteady Studios. Lo storico sviluppatore della trilogia di Batman è, invece, passato al lato oscuro della forza, schierandosi con i cattivi in Suicide Squad: Kill the Justice League.
Ora, abbiamo davanti il primo titolo che parla di Batman, senza Batman e senza coloro che hanno edificato un successo senza precedenti, con un combat system ed un gameplay tanto solido quanto adrenalinico. Non riesco a formattare la mia precedente esperienza, pertanto l’ho utilizzata come base per capire se vi sono degli aspetti che funzionano o meno rispetto al nuovo contesto di gioco creato.
Come detto all’inizio di questa recensione, Gotham Knights si presenta come un aRPG immerso in un contesto open-world. Questo significa che il gameplay va analizzato sotto due punti di vista: le meccaniche e le dinamiche di combattimento e la progressione e lo sviluppo del personaggio. Questi due aspetti sono direttamente confrontabili con la serie Arkham, visto e considerata la stretta analogia circa il genere in argomento. Sul fronte delle dinamiche di combattimento non vi nascondo che lo avrei preferito più simile a quello della storica trilogia.
L’assenza di un sistema di parata e contrattacco “dinamico” pesa nel corso di una sessione di combattimento, dove l’unica cosa che si può fare è tentare la fortuna con una schivata perfetta. Di contro è interessante l’inserimento del colpo “perfetto“, premendo, al momento giusto, il tasto per attaccare una seconda volta.
Un simil chain system delle combo – il moltiplicatore dei colpi della serie Arkham – non trova una sua giusta collocazione in Gotham Knights, che invita ad un approccio molto più ragionato e strategico. Ogni protagonista segue una sua precisa progressione, caratteristica e non condivisa con gli altri membri del team. I punti abilità si guadagnano sul campo, sgominando le varie gang che si spartiscono i quartieri di Gotham e portando a termine le varie missioni presenti nel gioco. Sin qui nulla questio, se non per segnalare l’assenza di missioni secondarie degne di questo nome. Purtroppo mancano e la loro dipartita pesa e non di poco.
Componente artistica: VOTO 10
Dopo aver sviscerato parte della storia e alcune dinamiche di gameplay, passando per dei confronti pressoché obbligati, arriva il turno dell’aspetto che più adoro di Gotham Knights, la componente artistica. Se lo dovessi giudicare solo per questo il mio voto sarebbe un 10 sicuro come l’oro. Parliamo di un titolo che gira con una risoluzione 4K con ray tracing sempre attivo. Viviamo la nostra Gotham sempre di notte, quasi sempre con la pioggia. Secondo voi che cosa succede ai riflessi e alle luci di questa città?
Tutte le immagini presenti in questa recensione non le trovate in rete, in altre recensioni o nel sito di riferimento del gioco. Non le troverete perché le ho scattate con la photo mode presente nel gioco. L’obiettivo non è (solo) quello di mostrarvi quanto (non) sono bravo e bello. Fate caso ai dettagli e alle atmosfere presenti nel gioco, che sono quelle che valgono tutto il prezzo del biglietto.
La componente open-world è “castrata” dalla presenza di un batcycle che viaggia a 1km/h. Spero che questa problematica venga sistemata quanto prima, vista e considerata la sua completa inefficienza. Viaggi rapidi non ce ne sono, se non quello diretto verso il campanile, e non abbiamo nemmeno mantelli per planare verso l’infinito ed oltre. Per muoversi in maniera più “veloce” si va di bat-rampino, trasformandoci in un amichevole Cavaliere di quartiere. Utile non solo per evadere da situazioni troppo rischiose, ma anche per transitare da una zona all’altra, menando le mani laddove ve ne sia la necessità.
Mi rendo conto che l’assenza dei 60fps, al di la delle polemiche che sono scoppiate in questi giorni, è pesante. I combattimenti vengono penalizzati dalla scelta degli sviluppatori, che potevano optare per una soluzione in stile Marvel’s Spider-Man. Un ray tracing dinamico che viene disattivato in fase di combattimento e una risoluzione che si attesta tra i 1600p e i 1800p quando si inizia a ballare. Occhio non vede, cuore non duole.
4 cavalieri, 4 gameplay, 4 storie
La presenza di 4 protagonisti, nel ruolo di attori principali, lascia intendere che non ci sono prime donne sul palcoscenico (eccezion fatta per Barbara Gordon, ci mancherebbe). Possiamo indossare i panni di un solo cavaliere dall’inizio alla fine, per poi ricominciare il gioco con un altro ed un altro ancora. La cronologia degli eventi non cambia, questo è certo e magari sarebbe stato bello prevedere diverse timeline a seconda delle varie scelte. Fantascienza a parte, ogni eroe ha un suo carattere e questo viene fuori sempre e comunque.
Tralasciando il fattore umano, lato gameplay il modo di giocare cambia parecchio tra un cavaliere e l’altro. Non tanto a bordo del batcycle o nelle sessioni di esplorazione, quanto in fase di combattimento. Ogni eroe ha un suo preciso stile, un’arte marziale che sfodera quando la situazione lo richiede. Robin, per esempio, è il più agile tra i quattro ma anche il meno forte, motivo per cui il suo modo di ingaggiare è più tattico e meno irruento. Red Hood è l’esatto opposto, forza bruta e follia omicida servita su un piatto d’argento.
Con il tempo coloro che hanno raccolto l’eredità del Cavaliere Oscuro dovranno seppellire l’ascia di guerra ed imparare a collaborare. L’inossidabile Alfred comprende la natura degli attriti, e funge da giudice di pace oltre che voce della coscienza per i 4 giovani eroi. Le cutscene all’interno della torre diventano sempre più intime, man mano che ci si avvicina al gran finale, ed è bello vedere come quella che non sembrava lontanamente una famiglia, con il tempo, inizia pian piano a ritrovarne il suo significato più autentico. D’altronde, è davanti alle difficoltà che i cosiddetti vengono fuori.
La recensione in breve
L'eredità del Cavaliere Oscuro viene raccolta da WB Games Montreal che, con quel pizzico di azzardo, fa morire Batman per passare il testimone a 4 aspiranti cavalieri di Gotham. La storia, seppur ispirata alla controparte fumettistica, è ben costruita e ha la capacità di monopolizzare l'attenzione senza mai cadere nel "già visto". I personaggi viaggiano sulla stessa lunghezza d'onda, coerenti rispetto ai canoni DC Comics. Il sistema di combattimento convince a metà, dinamico ma non abbastanza coinvolgente. L'assenza dei 60fps è un elemento determinante, ma la presenza dei 4K full RT aiuta, in parte, a dimenticare la defezione.
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Voto Game-Experience