Tocca fare i conti con il karma in Batora: Lost Haven, e vi racconto come è andata in questa recensione della versione per console Xbox Series X. Una volta ogni tanto si gioca in casa, con l’italianissima Stormind Games che propone una sua interpretazione del genere aRPG. Una prima volta sul campo, se la si vede sotto il profilo delle meccaniche di gameplay. Se vi ricordate, la software house siciliana ci aveva sorpreso positivamente con Remothered: Tormented Fathers e Remothered: Broken Porcelain. Due aspetti su tutti hanno brillato sugli altri: una trama mai banale e personaggi mai fuori contesto. Aspetti che poi ritroviamo anche in Batora: Lost Haven, seppur in secondo piano rispetto alla sua vena action.
Stormind Games, grazie anche alla partnership di Team 17 con il ruolo di publisher, tenta una nuova strada, magari per scrollarsi di dosso quell’alone di seriosità che si portava dietro dai primi due capitoli della serie Remothered. L’obiettivo è quello di trascinare il giocatore in un’avventura con diversi livelli di significato, che si manifestano al giocatore con meccaniche di gameplay, i quali non si limitano al mero combattimento. È difficile evitare degli spoiler in tal senso, motivo per cui prometto che non scivolerò in considerazioni troppo personali.
L’esperienza è stata sicuramente positiva, ma poteva tendere al “meno” superficiale. La software house ha preferito non spingere troppo sulla componente ruolistica, lasciando spazio al dinamismo e alla semplicità. Il fantasma della ripetività viene aggirato da una componente artistica degna di nota, con ambientazioni che hanno rievocato in me alcuni bei momenti passati in compagnia di World of Warcraft. Non per complessità, ma per spensieratezza.
Ed è in questo clima che vi racconterà la mia esperienza con Batora: Lost Haven, lasciando alle parole di questa recensione per Xbox Series X il compito di illustrare il buon lavoro svolto dagli italiani di Stormind Games.
Una spada sempre sguainata
Non commetterò l’errore di evitare di guardarmi indietro. Non è la nostra prima volta con Batora: Lost Haven, visto che il buon Loris lo Maisto ha già avuto modo di provare il titolo in anteprima, tirando le somme su quella esperienza. E vi dirò di più, gli ho anche rotto le scatole privatamente, confrontandomi con lui su alcuni aspetti e punti di vista circa le nostre esperienze di gioco. L’ho fatto per contestualizzare le mie parole, in primis, e creare un percorso condiviso in ottica evolutiva. Quello che è stato, e quello che è diventato.
Ci sono cose che probabilmente risultano quasi ripetitive, motivo per cui cercherò di estenderne il significato. L’elemento di punta di Batora: Lost Haven è sicuramente il sistema di combattimento. La scelta degli sviluppatori è ricaduta su un ritmo simil fast paced che, però, non invita allo smashing button. I nemici vanno affrontati con metodo, scegliendo la strada del combattimento fisico o quello spirituale. Il primo è contraddistinto dal colore arancione e vede la protagonista di questa avventura, la sedicenne Avril, sguainare la sua spada e volteggiarla sulla testa dei suoi nemici.
Il corpo a corpo ravvicinato svela il primo vero grande limite di questo gioco, e vale a dire l’assenza di un sistema di parate e bloccaggio del colpo in arrivo. La schivata è l’unica strada per evitare di subire danni, ma è risultata troppo riduttiva quando le ondate di nemici iniziano a diventare consistenti.
L’elemento spirituale offre una soluzione di attacco dalla distanza, che amplifica i suoi effetti a seconda della tipologia dell’avversario. Alternando ravvicinato/distanza si crea una danza che dimostra una reattività degna di nota, seppur carente di un chain system in grado di moltiplicare la potenza dei danni. Quando la situazione lo richiede Avril può far ricorso alla sua super, un colpo devastante “ad area” che fa parecchio male. Quest’ultimo va in cooldown, indi per cui usatelo con parsimonia.
Le armi a disposizione sono sempre le stesse, ma gli upgrade arrivano con le rune. Queste si possono droppare in giro per la mappa, recuperarle dai boss ed acquistarle in uno dei vari negozi presenti. A richiesta ci si può recare dalla strega Batora, che, in cambio di diamanti, vi offrirà il mistico potere delle sue rune. La tipologia delle armi, però, non cambia per cui tocca, in un certo modo, scendere a compromessi e farsene una ragione. Un aspetto che non pesa tanto all’inizio, quanto nel prosieguo dell’avventura.
Mondi e realtà contrapposti
Stormind Games gioca molto sul concetto di dualismo. Batora: Lost Haven, infatti, racconta la storia di due mondi attraverso il personaggio di Avril. Ella proviene da una realtà in cui la Terra è stata devastata da una catastrofe globale e i pochi sopravvissuti sono alla costante ricerca di cibo e acqua. La sedicenne e la sua amica Mila finiscono, senza nemmeno volerlo, in un viaggio interplanetario, accompagnati da Sole e Luna, due spiriti guida che resteranno nella “testa” della protagonista sino ai due gran finali. Ebbene sì, sono più di uno, e sono figli delle nostre scelte fatte nel corso del gioco. I dialoghi spezzano la routine, invitando a compiere delle scelte dove manifestiamo la nostra indole riflessiva o impulsiva.
La vena ironica dipinge le tematiche in campo in maniera piuttosto disimpegnata, anche se il sottotesto dei vari mondi e delle ambientazioni è in grado di veicolare messaggi in maniera più che pregevole. La scelta di preferire gli enigmi ai combattimenti, nei momenti clou del gioco, è semplicemente geniale. È la chiave di Batora: Lost Haven, la formula segreta che invita e invoglia il giocatore ad andare avanti e scoprire a che cosa serve tutto quello che stiamo facendo. Non è solo un mena-mena, ammazza-ammazza, è molto di più.
Menzione d’onore la merita la scelta stilistica utilizzata dalla software house siciliana in Batora: Lost Haven. Si vede che all’interno dello studio il talento e la creatività non mancano. Personaggi e ambientazioni sono una vera e propria esplosione di colori, e nulla è riciclato nel corso del viaggio. Ogni cosa è coerente rispetto al posto in cui si trova, a parte il vestiario della protagonista che sembra lasciato sempre a sé stesso. Un vero peccato.
La costante vena ironica che accompagna tutta l’avventura è quello che fa venir fuori il made in Italy di questo gioco. Peccato solo l’assenza di una localizzazione vocale in italiano del gioco. Sarebbe stata una vera e propria ciliegina sulla torta, e chissà se in un futuro prossimo e non troppo remoto questo mio desiderio possa diventare realtà.
Quello che manca in Batora: Lost Haven
Sinora vi ho raccontato tutto (o quasi) quello che troverete una volta atterrati nell’universo di Batora: Lost Haven. Il gameplay si rivelato estremamente dinamico, con una reattività – lato controller – degna di nota. Comprendo, inoltre, la scelta di non scivolare nel complesso circa le meccaniche tipiche RPG. Comprendo sì, ma non condivido del tutto questa scelta. Le numerose ambientazioni invocano l’ingresso di cose “nuove “da fare e nuovi approcci lato combattimento. La sola presenza delle rune, per quanto amplifichino il potenziale di Avril, da sole non bastano per rinnovare l’offerta di gioco.
Il personaggio non evolve, ogni tanto impara nuove mosse sì, ma non cambia il suo modo di combattere. Sempre attacchi e schivate, senza uno skill tree che permette di investire e/o distribuire eventuali punti abilità guadagnati. Ah, dimenticavo, non ci sono, solo punti esperienza che boostano le stats base di Avril. Stessa cosa vale per le armi, equipaggiamento e la sua l’eventuale vestizione. Sempre uguali. L’alternativa per ovviare a queste mancanze poteva essere una possibile amplificazione del combat system, con l’inserimento di un chain system, di un perfect timing (parata e schivate perfetta), distinzione tra tipologie di attacchi (forte, deboli e caricati) e magari delle animazioni caratterizzanti.
Stavolta cerco di non essere troppo cattivo, perché come prima esperienza sul campo, con il genere aRPG, Stormind Games se la è cavata egregiamente. Non solo sotto il profilo tecnico e artistico, ma anche lato narrativo non ha “cannato” l’opportunità, dimostrando una competenza che oggi giorno è merce rara. Complimenti che dobbiamo estendere anche lato professionalità e trasparenza. Per capire di cosa parlo andate a farvi un giro sulla timeline dedicata Batora: Lost Haven.
Uscire dalla zona di comfort creata con i primi due capitoli della serie Remothered non è cosa facile, e ci vuole anche quella voglia di metterci la faccia e dire “ohi, noi ci abbiamo provato”. E se tutte le prime prove fossero così ci metterei la mano sul fuoco. La scommessa è vinta, serve solo un po’ più di esperienza e di bilanciamento sulle varie componenti in campo. Tutto già nelle corde nei ragazzi e nelle ragazze di Stormind Games. Una piccola domanda mi sorge spontanea: ma chi è in realtà Batora?! (lo so, sono bastardo inside).
La recensione in breve
tormind Games esce dalla sua zona di comfort e si lancia in una sfida che suona al ritmo del action. Una storia ben concepita e dei personaggi mai fuori contesto rendono Batora: Lost Haven un'esperienza che merita di essere vissuta. La dimensione artistica del gioco, inoltre, è lo scenario perfetto per confezionare un prodotto che eccelle anche per componente creativa. Certo, la dimensione RPG poteva essere esplorata meglio e alcune scelte sul combat system sono discutibili. Nel complesso, però, la software house siciliana dimostra, ancora una volta, che di videogiochi ne capisce e come.
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Voto Game-Experience