Ubisoft ha avuto una grande influenza nella vita di noi tutti videogiocatori con i suoi titoli, sin dagli albori, hanno influenzato pesantemente l’industria e tutt’ora, a distanza di 35 anni, l’azienda detiene tanti franchise di rilevanza mondiale, che piacciono sia a grandi che piccini.
Affronteremo i 35 anni in 3 diversi speciali dedicati alla grandiosa storia di Ubisoft, che parte dalla sua creazione fino ai giorni nostri, il tutto raccontati attraverso i giochi e gli eventi più importanti dell’azienda. In questo articolo partiremo col vedere quanto la produzione eccessiva danneggi la qualità dei giochi, dimostrato nel 2014, attraversando la storia delle più grandi IP dell’azienda dall’ottava generazione di console fino ad oggi.
Preparativi una bella bevanda rinfrescante e delle patatine, e cominciamo! Buona lettura!
La next-gen secondo Ubisoft
Il 2013 fu l’arrivo della rivoluzionaria Playstation 4 e della solida Xbox One con Kinet, le console che faranno da padroni l’ottava generazione di console. Le due console vantavano di un hardware talmente potente da poter competere con un computer di media/alta fascia, questo grazie all’ingegneria dietro allo sviluppo dell’ottimizzazione dei giochi sulle loro piattaforme. Insomma, all’annuncio c’era un sacco di hype, per entrambe le console.
Per un evento di tale portata Ubisoft volle osare nel 2014, pubblicando 8 giochi AAA, tra cui 4 nuove IP, e 2 nuove IP “low budget” (assieme agli altri giochi meno rilevanti nel mercato) in ordine di pubblicazione: South Park: stick of truth, Trials Fusion, Child of Light, Watch Dogs, Valiant Hearts: The Great War, Just Dance 2015, Assassin’s Creed Unity, Assassin’s Creed Rogue, Far Cry 4 e The Crew.
South Park: Stick of Truth riscosse un notevole successo dato le meccaniche rpg con combattimento a turni intriso dalla comicità demenziale della serie di Comedy Central Costò parecchio a Ubisoft per via dei diritti, ma rientrò dei costi con le sue 1.6 milioni di copie vendute.
Trials Fusion è un gioco di corsa 2.5D sviluppato da Ubisoft Shangai assieme a Ubisoft Kyiv e RedLynx che puntava al puro divertimento. Non vendette molto, comparato agli altri titoli, dato che nel 2015 sono state registrate 1.7 milioni di copie vendute, ma nonostante questo la critica lo riconobbe come uno dei giochi più divertenti di tutti tempi.
Watch Dogs era amore che si trasformò in amarezza pura: presentato all’E3 2013 come un gioco formidabile, una grafica pazzesca e un gameplay unico, all’uscita nel maggio 2014 le aspettative furono distrutte da un gioco che tecnicamente e narrativamente parlando erano deludenti. Nonostante l’innovativa intuizione di creare un open world cittadino su un personaggio che basa le sue abilità sull’hacking, il falso trailer mostrato segnò profondamente tutti riconoscendo Watch Dogs come uno dei più grossi inganni della storia dei videogiochi.
Però sul profilo commerciale è invidiabile dato che ha superato il record di gioco più prenotato della Casa di Montreal con la vendita di 4 milioni di copie dopo la prima settimana dal rilascio, poi raggiungendo le 10 milioni di copie vendute alla fine dell’anno.
Doppietta di Assassin’s Creed con Assassin’s Creed Unity e Rogue. Il primo uscì per le console di nuova generazione e il secondo per quelle vecchie, ma il destino volle che il gioco tanto atteso che si sviluppo nella Parigi della rivoluzione francese, Assassin’s Creed Unity, ebbe un lancio disastroso, con bug, problemi di rete, crash continui e IA disastrosa. Fu un gioco quasi ingiocabile, rovinando di molto l’esperienza dei videogiocatori che tanto attendevano il titolo.
Assassin’s Creed Rogue era diverso: si basava sul motore di Assassin’s Creed IV: Blackflag e funge da nodo narrativo tra Assassin’s Creed III, IV e Unity (una cosa enormemente apprezzata dai fan). Il protagonista non è un Assassino, ma bensì un templare e la possibilità do vedere un punto di vista del genere, oltre alla qualità tecnica già rodata e apprezzata ai tempi, consentì al gioco di ottenere molto hype, ma che però non fu apprezzato dalla critica, soprattutto per il protagonista troppo piatto rispetto alla narrativa del gioco.
Anche in questo caso le vendite furono ottime, ma i dati sono molto incerti perché di ufficiale si conosce solamente che entrambi vendettero in totale quell’anno 10 milioni di copie.
Una cosa carina della tragica storia di Unity è che Ubisoft regalò dei giochi a chiunque lo avesse acquistato data l’ingiocabilità del titolo per colpa dei bugs.
Storia diversa per Far Cry 4 che a differenza di Assassin’s Creed riscosse un notevole successo, grazie anche alla fama del precedente capitolo, vendendo quell’anno ben 7 milione di copie (differenti dalle quasi 4 milioni vendute all’uscita del 3). Un gioco con meccaniche non nuove, ma rifinite nel dettaglio con una storia ambientata in un antro del mondo poco esplorato nel settore. Anche se l’antagonista sadico Pagan Min non si faccia amare tanto quanto Vaas, il nuovo gioco di Ubisoft Montreal ottenne voti stratosferici dalla critica e i videogiocatori lo amarono.
The Crew doveva essere una nuova IP di successo di Ubisoft che avrebbe dovuto capeggiare la vetta assieme agli altri brand di punta, ma non andò come si pensò: qualitativamente parlando il gioco era valido, ma il comparto tecnico, le microtransazioni e il fatto che il gioco si potesse giocare unicamente se si era connessi online, danneggiò pesantemente le vendite. Nonostante vendette 2 milioni di copie nel primo anno, raggiungendone poi 5 nel 2016, Ubisoft Reflections (sezione britannica) non si arrese, presentando qualche anno dopo il seguito.
Le meccaniche dell’Open World applicate a un gioco di macchine era brillante, ma ai tempi la tecnologia era limitats, perciò la mappa immensa fu molto limitata non donando la giusta interattività che necessitava il gioco per essere più intrattenente.
Chi di AAA ferisce, di “low budget” perisce
Ubisoft è una compagnia di fama mondiale e il suo peso nel mercato è veramente imponente. Perciò l’azienda deve produrre una quantità industriale di videogiochi all’anno per non perdere quella posizione privilegiata che si è conquistata. La sfortuna è che un ritmo serrato di produzione (come abbiamo ben visto prima) porta a tanti giochi, anche belli concettualmente, ma che di fatto non lasciano nulla al giocatore perché poco approfonditi in tanti punti di vista, specialmente quello tecnico. Mentre i AAA vengono sommersi da critiche più o meno negative, i giochi più piccoli della casa vengono acclamati a capolavori o meraviglie del settore. Questo fenomeno si ripeterà spesso negli anni, come il collega Alessandro Di Liberto ha voluto dimostrare in “Ubisoft ha un problema con i AAA | Gamebuster“.
Child of Light e Valiant Hearts: The Great War sono gli esempi di quell’anno: giochi che tutt’oggi la critica li reputa “indimenticabili” e che nel loro budget limitato hanno offerto due esperienze uniche. Il primo è un platform metroidvania con una fortissima componente narrativa e uno stile artistico unico. Mentre il secondo è un’avventura grafica che racconta la storia di un soldato francese durante la prima guerra mondiale con un comparto artistico emotivo raffigurante da uno stile di disegno a “fumetto”. Non ci sono dati ufficiali sulle vendite del gioco, ma sappiamo che Valiant Hearts ha ottenuto il premio come “Best Narrative” ai Game Awards del 2014, fiancheggiando Far Cry 4 come vincitore del “Best Shooter”. Inoltre lo sviluppo del gioco è raccontato dettagliatamente dal team di Montpellier in una serie di video diario dedicati che vi consigliamo caldamente di visionare.
La fine di un’era e l’inizio di una nuova
Nel 2015 uscì Assassins’s Creed: Syndicate, un gioco ambizioso con delle meccaniche interessanti e la super dettagliata mappa di Londra nell’epoca Industriale, però il gioco non andò bene sul fronte commerciale, vendendo quasi 5 milioni di copie in tutto il mondo. Nella critica c’erano parecchi pareri contrastanti, dove il focus delle discussioni si concentravano sul combat system e l’evoluzione di trama e del mondo di gioco che spesso penalizzavano o valorizzavano il voto; però sta di fatto che il gioco di Ubisoft Quebec fu poco apprezzato dall’utenza e questo Ubisoft lo comprese. L’Azienda capì che era il momento di cambiare, perciò annunciò qualche mese dopo dall’uscita di Syndicate che nel 2016 non sarebbe uscito nessun Assassin’s Creed. Dopo ben 8 anni di pubblicazioni annuali, la nota saga di Ubisoft si fermò per reinventarsi e progettarsi per il futuro della serie, segnando la fine di un’era.
Però lo stesso anno l’azienda pubblicò un gioco tanto inaspettato quanto amato: Rainbow Six Siege di Ubisoft Montreal. Dai trailer pubblicati nell’E3 del 2014 ai vari gameplay che circolavano in rete, il nuovo titolo della serie Tom Clancy’s suscitò un hype enorme, portandolo a un fenomeno di successo su Youtube e nelle vendite. Nonostante sia molto lontano dagli altri giochi della serie, Rainbow Six Siege ha un altissimo valore competitivo, tale per cui il gioco è attualmente uno dei più seguiti nel panorama esports e conta più di 70 milioni di giocatori con tornei seguiti da centinaia di migliaia di persone, comprendendo pure gli italiani con il PG Nationals di PG Esports. Quel 2015 segnò l’inizio dell’era esports per Ubisoft.
La conquista di Vivendi e la paura dei Guillemot
Dal 2015 circa, la società di mass media francese Vivendi ha cercato di espandere le sue proprietà mediatiche attraverso acquisizioni e altri accordi commerciali. Oltre alla società pubblicitaria Havas, Ubisoft è stata una delle prime proprietà target identificate da Vivendi, che nel settembre 2017 si stimava una valutazione di 6,4 miliardi di dollari. Vivendi acquisì in due separate fasi il 10,4% in Ubisoft, un’azione che Yves Guillemot considerava “sgradita” temendo un’acquisizione ostile. In una presentazione durante l’Electronic Entertainment Expo 2016, Yves Guillemot ha sottolineato l’importanza che Ubisoft rimanga un’azienda indipendente per mantenere la sua libertà creativa.
Mentre Vivendi stava prendendo sempre più azioni di Ubisoft, la società francese puntò anche a Gameloft ottenendo in poco tempo la partecipazione amministrative. Nel febbraio successivo, Vivendi ha acquisito 500 milioni di euro di azioni di Gameloft, guadagnando oltre il 30% delle azioni e obbligando la società a fare un’offerta pubblica di acquisto; questa azione ha consentito a Vivendi di completare l’acquisizione di Gameloft entro giugno 2016. A seguito delle azioni di Vivendi con Gameloft nel febbraio 2016, la loro quota in Ubisoft era del 15 %, superando il 9% stimato di proprietà dei Guillemots. A metà giugno 2016, Vivendi aveva aumentato le sue azioni al 20,1%.
Al momento della riunione annuale del consiglio di amministrazione di Ubisoft nel settembre 2016, Vivendi aveva guadagnato il 23% delle azioni, però i Guillemots si opposero alla richiesta di inserire rappresentanti di Vivendi nel consiglio di amministrazione di Ubisoft, riusciendo a convincere gli altri membri votanti a negare qualsiasi seggio a Vivendi. Nonostante l’opposizione del consiglio, Vivendi ha continuato ad acquistare azioni di Ubisoft, avvicinandosi al 30% che potrebbe innescare un’acquisizione. La stampa specializzata seguì l’evento con grande interesse data l’importanza della cosa, con articoli e editoriali che avrebbero parlato sulla probabile acquisizione e come Vivendi poteva migliorare o peggiorare il noto publisher francese. Da allora la famiglia Guillemot ha aumentato la propria partecipazione in Ubisoft e nell’ottobre 2017 Ubisoft ha annunciato di aver raggiunto un accordo con un “fornitore di servizi di investimento” per aiutarli a riacquistare 4 milioni di azioni entro la fine dell’anno, impedendo a Vivendi di acquistarli.
Nella settimana appena prima che Vivendi guadagnasse il doppio diritto di voto per azioni precedentemente acquistate, il che avrebbe probabilmente spinto la loro proprietà oltre il 30%, la società, nei risultati trimestrali pubblicati a novembre 2017, ha annunciato di non avere intenzione di acquisire Ubisoft e che non cercherà posizioni nel consiglio di amministrazione a causa delle azioni detenute durante quel periodo. Vivendi è rimasta impegnata ad espandersi nel settore dei videogiochi, individuando che il loro investimento in Ubisoft potrebbe rappresentare una plusvalenza di oltre 1 miliardo di euro. Il 20 marzo 2018, Ubisoft e Vivendi hanno raggiunto un accordo che pone fine a qualsiasi potenziale acquisizione, con Vivendi che accetta di vendere tutte le sue azioni, oltre 30 milioni, ad altre parti e accetta di non acquistare azioni Ubisoft per cinque anni. Alcune di queste azioni sono state vendute a Tencent, che dopo la transazione deteneva circa 5,6 milioni di azioni di Ubisoft (circa il 5% di tutte le azioni). Lo stesso giorno, Ubisoft ha annunciato una partnership con Tencent per contribuire a portare i propri giochi nel mercato cinese. Vivendi ha ceduto completamente le sue azioni in Ubisoft entro marzo 2019.
La transizione del 2016
Il 2016 era un anno poco importante per l’azienda sul fronte delle uscite, ma ci fu una che venne accolta molto positivamente e che fece rivalutare il brand alla critica: Watch Dogs 2.
Il nuovo titolo di Ubisoft Montreal rivoluzionava il sistema di gioco rendendo il secondo capitolo molto più fruibile e divertente del primo, con una trama che portasse al centro della questione il benessere della società. Anche se “il fine giustifica i mezzi” rimane, la narrativa di Watch Dogs 2 si è mostrata superiore al primo capitolo uscito nel 2014 con personaggi più amabili e coerenti rispetto a Aiden Pierce. Però l’amaro in bocca che i giocatori avevano dal primo Watch Dogs fu talmente forte che influenzarono nettamente i preordini, risultando tra quelli più bassi della storia di Ubisoft, ma Yves Guillemot non demorse, anzi, incentivò la campagna marketing finalizzandola anche con lo scopo di presentare il titolo in anteprima alla stampa. La critica lo accolse e anche molto bene e, nonostante agli inizi le vendite furono basse (come 70 mila copie in Giappone nella prima settimana), il gioco vendette gli anni successivi ben 10 milioni di copie, superando gli obbiettivi dell’azienda.
Nello stesso anno uscì Tom Clancy’s The Division di Massive Enterteinment, un GAAS Third Person Shooter con l’obbiettivo di offrire ai giocatori un gioco ad alto contenuto intrattenitivo nel tempo. La fredda Washington è la perfetta rappresentazioni della ricezione della critica sul gioco, fredda. C’era chi lo amava, ma moltissimi affibbiarono il titolo come un gioco mediocre, giusto per passare il tempo, ma la storia di Ubisoft ci ha mostrato più volte come l’azienda francese ci sappia fare in termini di publishing: attraverso un marketing ben studiato tra presentazioni, influencer, ambassador, e demo giocabili nel tempo con la demo definitiva al lancio, il gioco fu un successo commerciale. Il gioco ruppe il record dell’azienda di gioco più venduto al lancio (detenuto da Watch Dogs) tenendo il primo posto del gioco più acquistato della settimana con un ricavo complessivo a Ubisoft pari a 330 milioni di dollari. Vendette in totale 10 milioni di copie in tutto il mondo.
Intanto uscì anche il dimenticato Eagle Flight, che ottenne pure dei buoni voti dalla critica, ma fu un gioco eccessivamente di nicchia per il prezzo con il quale venne offerto, oltre a essere di poco interesse. Non dimentichiamoci anche di Assassin’s Creed: The Ezio Collection, una collezione dei tre giochi dedicati a Ezio Auditore che però non fu un successo come programmato: nonostante l’azienda abbia riportato le avventure di Ezio sulle console next gen, le migliorie grafiche apportate furono insufficienti e le problematiche tecniche già presente ai tempi furono enfatizzate in questa remaster.
Il 2017, l’anno della nuova generazione di Ubisoft
Nel vivo della stagione invernale del 2016 iniziavano a uscire le prime indiscrezioni sul nuovo Assassin’s Creed di Ubisoft Montreal in lavoro e, tra varie teorie sul Giappone feudale o il futuro spaziale, arrivarono i primi leak: antico Egitto. “impossibile” dicevano i fan “come può un Assassin’s Creed ambientarsi prima della nascita degli assassini?” queste erano le domande che più o meno tutti si fecero e quando uscì il reveal trailer all’E3 2017 ci fu la conferma. Ma, oltre all’ambientazione inaspettata, anche il gameplay cambiò significativamente, proponendo una formula più impegnativa ma al tempo stesso dinamica, estesa in meccaniche RPG. La critica e i giocatori esaltarono Assassin’s Creed Origins: un mondo studiato che potesse insegnare l’antica civiltà egizia caratterizzato da culture e personaggi unici che avvolgeranno il giocatore in una storia triste e piena di sacrifici. Ubisoft dichiarò che il gioco vendette il doppio delle copie di Syndicate nella prima settimana con un totale di 10 milioni di copie diluite in tutta l’ottava generazione.
A far compagnia a Origins, ci furono altri due protagonisti che dominarono il palco Ubisoft all’E3: For Honor e Tom Clancy’s Ghost Recon: Wildlands. Dall’Egitto al feudo ci vuole poco per Ubisoft Montreal e attraverso questa nuova IP con un gameplay unico nella storia del settore, ha dimostrato ancora le sue doti creative e tecniche. La critica lo accolse bene e nonostante i difetti che macchiavano il gioco, si poteva vedere una traccia di un possibile circuito competitivo, ma a differenza di Rainbow Six Siege la situazione è stata gestita in modo peggiore, rendendo il gioco svalutato e abbandonato a se stesso. Questo è avvenuto perché le vendite non furono ottimali e da quel poco dichiarato sappiamo che sono state vendute solamente 700 mila copie in digitale su tre piattaforme differenti.
Simile il discorso per Wildlands di Ubisoft Paris e Milan che proponeva un concetto interessante di gioco stimolato dalla modalità cooperazione, ma che comunque è stato pesantemente giudicato dalla critica, con voti che risicavano la sufficienza. Nonostante questo vendette 4 milioni di copie nei primi sei mesi di vita e fu il secondo lancio più proficuo della serie Tom Clancy’s.
Non meno importanti furono South Park: The Fractured but Whole e Mario + Rabbids Kingdom Battle. Il gioco di Ubisoft San Francisco ispirato alla nota serie animata di adulti di Comedy Central è il seguito di Stick of Truth. La critica lo accolse calorosamente dato l’aumento della demenzialità e delle controversie del protagonista svolte in un mondo di super eroi, ma anche per le migliorie effettuate al gameplay. Nonostante la qualità del prodotto, però le vendite furono inferiori rispetto al precedente capitolo, del 7% di copie in meno.
Mentre per quanto riguarda l’esclusiva Nintendo Switch è stata un successo: Mario + Rabbids Kingdom Battle è un strategico a turni sviluppato interamente da Ubisoft Milan che vendette 2 milioni di copie in tutto il mondo nel primo anno commerciale. Acclamato dalla critica e vincitore di moltissimi premi, tra cui il “Best Strategy Game” al Game Awards del 2017, il gioco italiano è considerato attualmente il miglior titolo pubblicato da Nintendo di terze parti.
Il marchio che identifica questa nuova generazione di Ubisoft è il cambio di logo, passando a uno più stilizzato puntando alla sua adattabilità nelle varie grafiche dei brand (basti vedere il trailer di Origins).
Dopo 14 anni l’azienda si volle rinnovare per far capire ai giocatori, al mondo, che voleva intraprendere una strada ancora più ambiziosa di quelle precedenti.
Gli anni che seguirono
Dal 2018 l’azienda riprese a pieno ritmo a pubblicare i suoi titoli, AAA o meno, su tutte le piattaforme, tra successi come Assassin’s Creed Odyssey e Far Cry 5 e insuccessi come Tom Clancy’s Ghost Reacon: Breakpoint. Uscì The Crew 2 che non ottenne un buon punteggio dalla critica e nonostante Ivory Tower fosse determinata a migliorare il gioco dal precedente capitolo, fu un insuccesso commerciale con preordini inferiori del 25% rispetto a The Crew e vendite inferiori a tutti i giochi in uscita quel mese.
Sempre nel 2018 ci fu la volontà di pubblicare una nuova IP, Starlink: Battle of Atlas, un gioco di navi spaziali affiancate da modellini che andavano a comporre il controller in una fatiscente e pomposa nave. Nonostante l’idea carina, ispirata in parte dal successo (per poi insuccesso) di Skylanders e Disney Infinity, l’accrocchio che si andava a costruire davanti al giocatore, soprattutto ai bambini, era scomodo e invadente. La formula di gioco era pure divertente, ma molto ripetitiva. Questo comportò a Starlink delle sessioni di gioco che a lungo andare risultavano noiose e i giocatori giovani, il target, spesso lasciava il gioco subito, influenzati dal fatto che fosse anche poco intuitivo. Attualmente il gioco è facilmente reperibile a basso prezzo per tutte le piattaforme dell’ottava generazione.
Intanto negli anni veniva sempre pubblicato Just Dance che stava ottenendo sempre più successo, soprattutto con l’avvenuta della Nintendo Switch. Nonostante la serie abbia toccato l’apice con Just Dance 4 su Wii, tutt’ora risulta una delle serie più remunerative della compagnia. Inoltre hanno aggiunto il sistema ad abbonamento che permette ai nuovi giocatori di ballare le canzoni dei vecchi titoli.
Approdò nel mercato il marzo 2019 Tom Clancy’s The Division 2 che migliorò molto la giocabilità rispetto al primo, ma il supporto fu inferiore non rinnovando nel servizio, ma bensì rimanendo ai vecchi canoni. Gli ultimi DLC di The Division avevano attirato moltissime persone e tutt’ora una grande parte di questi giocatori preferisce rimanere li che giocare al nuovo capitolo. Nonostante la critica lo accolse molto positivamente (ben più di The Division), le vendite furono nettamente inferiori rispetto al primo capitolo con il 20% in meno al lancio e un flop commerciale su Console. The Division 2 iniziò a vendere nei mesi successivi dalla sua uscita, con un totale di 10 milioni di copie distribuite in due anni di vendita.
Lo scandalo, i licenziamenti e il crollo manageriale di Ubisoft
Durante l’estate 2020, un’ondata di accuse di molestie sessuali e sessismo si sono verificate nell’industria dei videogiochi attraverso il movimento #MeToo, includendo alcuni dipendenti di Ubisoft. Ashraf Ismail, il direttore creativo del prossimo Assassin’s Creed Valhalla, si è dimesso per occuparsi di questioni personali relative alle accuse mosse nei suoi confronti; è stato successivamente licenziato da Ubisoft nell’agosto 2020 dopo le loro indagini interne. Successivamente alle indagini hanno individuato altri due dipendenti che avevano abusato del loro potere e aver causato danni ad altri dipendenti sul fronte morale. Yves Guillemot ha nominato il uglio di quell’anno Lidwine Sauer come capo della cultura del lavoro autorizzandolo a esaminare tutti gli aspetti sulla cultura aziendale, oltre ad altri e programmi esterni per affrontare le questioni in corso che potrebbero aver contribuito a questi problemi. Accuse specifiche sono state mosse a Ubisoft Toronto, dove il co-fondatore dello studio Maxime Béland, anche vice presidente della redazione per Ubisoft nel suo complesso, è stato costretto a dimettersi dalla direzione di Ubisoft a causa di gravi molestie sessuali. Dopo giorni di pressione le indagini hanno rilevato anche il direttore creativo e responsabile editorale Serge Hascoet con il suo vice Tommy François , il responsabile degli studio canadesi Yannis Mallat e la responsabile delle risorse umane Cécile Cornet erano complici di queste vicende, con l’aggravante per la Cornet che assieme alle risorse umane erano a conoscenza di tali abusi e hanno sempre insabbiato tutto. Nonostante tutti quanti siano stati licenziati o dimessi, la Cornet tutt’ora lavora a Ubisoft.
Ad assistere le indagini c’è stato il giornale francese Libération, che ha riportato tutte le accuse di tutti i dipendenti dell’azienda nei suoi vari insediamenti, dove il componente più tossico è stato rappresentato dall’ex braccio destro dei Guillemot, Serge Hascoet. Componente dell’azienda sin dalla nascita, Hascoet aveva creato il clima tossico e sessista nelle principali sedi, “ringhiando come un cane” alla vista di una dipendente donna, mascherando atteggiamenti estremisti di colleghi e danneggiando fiscalmente l’azienda. La sua idea radicata del “personaggio femminile non vende” ha influenzato enormemente gli sviluppi di tutti i giochi, specialmente per Assassin’s Creed Origins, ostacolando lo sviluppo. Collegati a lui ci furono altri venti dipendenti che furono poi licenziati.
Non fu escluso anche Michel Ancel che, nel settembre del 2020, lasciò l’azienda e l’industria dei videogiochi con l’obbiettivo di lavorare a una riserva naturale. Però i giornalisti di Libération scovarono che lo stesso Ancel trattava in maniera molto superficiale il progetto di Beyon Good & Evil 2, portando numerosi ritardi. Inoltre scoprirono che la gestione dei dipendenti era al limite dello sfruttamento umano, sfruttandoli oltre l’orario lavorativo, costringendoli a riprogrammare il gioco da capo e addossandogli la colpa in caso di insuccessi delle varie demo. Non mancarono le accuse di molestie anche verso di lui, che vennero a galla con lo scandalo, ma con nessuna conferma da parte del direttivo.
Questo scandalo comportò all’azienda un investimento monetario cospicuo sull’indagine e per la riparazione del sistema organico dell’azienda. Non fu l’unica azienda del settore dei videogiochi a venir messa nel mirino per uno scandalo del genere, ma Ubisoft ha sempre millantato la “liberta di espressione” e quanto i team fossero importanti dato che sono il cuore stesso dell’azienda. Questa ipocrisia portò sulla gogna mediatica l’azienda francese, specialmente Yves Guillemot che però senza favoritismi risolse la situazione togliendo chi doveva essere cacciato e improntando la gestione aziendale in una maniera più equa e giusta, volendo evitare che nel futuro possa capitare che il 25% dei dipendenti di Ubisoft (tutte le sedi) sia ancora afflitta da soprusi e molestie di qualsiasi tipo. Attualmente esistono solo voci incerte che lo stesso Yves sia coinvolto agli scandali, ma non c’è nessuna conferma o testimonianza contro il CEO di Ubisoft.
La Ubisoft di oggi
Il 2020, l’anno della Pandemia e del lockdown di quasi tutte le nazioni del mondo e dell’avvenuta della nona generazione di console. L’ultimo anno fiscale di Ubisoft è stato più che ottimale, con il ritorno di un’amata IP con l’ambizioso Watch Dogs Legion, l’ultimo capitolo della trilogia di Assassin’s Creed Valhalla e il discusso Immortals: Fenyx Rising.
Giochi che abbiamo già approfondito abbastanza nelle nostre recensioni che vi invitiamo caldamente a leggere, come di tutti gli altri giochi citati nell’articolo.
Attualmente Ubisoft conta 50 studi con 14 studi di collaborazione e ben 5 tecnologie indipendenti dell’azienda dedicate allo sviluppo dei suoi giochi. Quasi 20 mila dipendenti e ben 22 franchise amati e rinomati in tutto il mondo.
In 35 anni Ubisoft si è dimostrata capace di offrire al videogiocatore esperienze sempre nuove, uniche e indimenticabili. Molti sono scontenti per gli ultimi anni di giochi, forse perché sono alla ricerca di quell‘effetto WOW che l’azienda ha sempre dato, ma nonostante questo Ubisoft ci ha sempre accompagnati, divertendoci con i suoi giochi e facendoci emozionare come non mai. D’altronde noi potremmo stare qui a criticarla per sempre, ma rimane comunque una delle colonne portanti dell’industria e che senza di lei l’industria si sarebbe mossa lentamente. Ubisoft, Nintendo, Sony, Sega, Atari, Elettronic Arts, Square Enix, Blizzard, Bandai Namco, Lucas Arts, id Software e molte altre sono state componenti fondamentali per l’industria che hanno reso possibile il settore come lo conosciamo oggi. La criticità è anche riconoscere il valore di un determinato produttore, non denigrandolo o sminuendolo per gli insuccessi o gli inciampi affrontati negli ultimi anni.
Perciò grazie Ubisoft per quello che hai fatto, per quello che stai facendo e per quello che farai.