I Santi sono tornati più in forma che mai con Saints Row, il titolo di questa nostra recensione della versione per console Xbox Series X. Deep Silver Volition è ancora al comando della nave, confermandosi uno degli ultimi one-game-dev. È ormai dal 2006, considerando anche i vari cambi di proprietà tra THQ Nordic e Koch Media, che lo storico sviluppatore “coccola” la sua creatura, dimostrando al mondo che non si vive di soli paragoni e luce riflessa.
4 edizioni e due DLC all’attivo. Questa la possiamo considerare come quinta? Non esattamente, o quanto meno se non la si analizza dal solo punto di vista “ideologico”. La storia, in un certo modo, vede un gruppo di 4 amici che tentano di sbarcare il lunario nel mondo del crimine, costruendo un’impresa che fa del “non lecito” il suo core business. Filosoficamente il tenore è quello di Saints Row 2, condito da situazioni goliardiche e ironiche, ma non troppo surreali e ai limiti del paradossale.
Deep Silver Volition investe tutto nel suo punto di forza: l’enorme livello di personalizzazione. Pensate che c’è persino una app dedicata denominata “Boss Factory” per costruire un’identità che “ci appartenga”. Ecco, un piccolo appunto sul significato stesso della parola “appartenenza”. Se pensate di giocare con quello che in molti definiscono un GTA-clone, la porta è quella e, cortesemente, siete pregati di andare altrove. Saints Row va preso per quello che è, con tutti i suoi pro e contro, ed è normale che quando si parla di free-roaming in un contesto open-world i paragoni con la gallina dalle uova d’oro di Rockstar Games sono del tutto fisiologici.
Mi sta bene, ma fino ad un certo punto. Questo reboot arriva prima dell’uscita di GTA 6, con GTA Online che lascia poco spazio di manovra per fare qualcosa di realmente originale. Buzz!! Affermazione errata. Saints Row è tutto quello che non puoi fare in GTA, senza ma e senza sé. Ora, se non siete ancora del tutto convinti, nel prosieguo di questa nostra recensione tornerò in più occasioni su questo aspetto, con il preciso intento di dimostrare come non abbia più senso procedere per paragoni.
Ancora a parlare di GTA?!
Perdonatemi se rischio di essere additato come ripetitivo, ma è stata tutta colpa del cammino di avvicinamento all’uscita di Saints Row. Premesso che lo aspettavo già lo scorso dicembre, i feedback arrivati nel corso nelle due sessioni di prova – quella di luglio e di maggio – erano più che positivi. Non mi aspettavo, di certo, uno stravolgimento pesante dello stile del gioco (anche se speravo con tutto me stesso di non avere a che fare con alieni e superpoteri). Ero sicuro, invece, che sotto il profilo contenutistico ci fosse una sorta di rollback (anche se avevo paura di quanto questo “back” fosse esteso). Come vi dicevo in precedenza, si parla di un reboot post Saints Row 2. Un’ascesa nel mondo del crimine immerso in un contesto reale, raccontata in stile goliardico e ironico.
Zero insulti gratuiti nei confronti di minoranze etniche e religiose, zero comportamenti ricollegabili vagamente alla cd. “frat boy culture”, zero riferimenti espliciti ad orientamenti politici. Ops, scusate, ho appena parlato di tutto quello che trovate in GTA. E pensare che non l’ho fatto apposta… beh non è vero… (provocazioni a parte). Seriamente parlando, gli assett su cui si erge la corazzata di Rockstar Games non trovano una dimora in Saints Row. Certo, sono sempre storie di crimine e il concetto stesso di “giusto” e “giustizia” cambia diametralmente il punto di vista. Chi sono i buoni e i cattivi non importa, quello che conta è solo portare a termine la missione.
La struttura a missioni prevede delle way out con attività secondarie che aiutano a ravvivare la minestra. Nulla di nuovo rispetto a quanto visto nella saga di Rockstar Games. Quello che colpisce, invece, è il loro numero che sembra autoalimentarsi di pari passo con la progressione nel gioco. E non rientrano solo le side in questa logica, ma anche il livello di forza e abilità dei componenti della banda, i perk, lo skill tree, le personalizzazioni, gli outfit (non solo dei PG ma anche di mezzi, armi e immobili). E anche questo non lo trovate nella versione “liscia” di GTA, ma solo qualcosina in GTA Online.
La nota dolente arriva dall’estensione della mappa visto che Santa Illeso non è minimamente paragonabile alle città di GTA V (perché sì, sono più di una). La presenza di una parte desertica/rurale e una più “civilizzata” non sembra nulla di nuovo rispetto quanto visto in passato con la concorrenza. Per giunta, il territorio non sembra avere un elevata densità abitativa che si traduce in meno poligoni da gestire e un gioco sempre molto fluido. La versione next-gen di Saints Row è, di fatto, granitica sotto questo punto di vista, ottenendo un’esperienza di gioco sempre fluida e senza interruzioni (con caricamenti ultra veloci).
Personalizzami (e grindami) tutto
Se mi chiedeste “oh, ma alla fine cosa ti ha colpito rispetto a quello che hai visto in Saints Row”, la risposta è semplice e immediata: l’immenso livello di personalizzazione. Al primo assaggio dell’app Boss Factory, poi, la mia vita videoludica ha rischiato una seria compromissione. Peccato solo l’impossibilità di farsi i selfie o scattare photo come in GTA (ed ecco che ci sono ricascato), ma pazienza. Santa Illeso avrà il suo nuovo leader in materia di stile. Per carità, sono personalizzazioni che restano fini a sé stesse e prive di alcun vantaggio competitivo. Queste, però, non si possono acquistare con monete in-game e/o microtransazioni ma solo progredendo con la storia e completando sfide e missioni.
L’editor del personaggio ricorda molto quello di visto in Cyberpunk 2077. Dalla testa ai piedi, tutto è soggetto a numeri, misure, slide e stili. All’inizio, per ovvie ragioni, vi dovete accontentare di quello che “passa il convento”. Come dice il saggio, volere è potere. Più fate e più otterrete, e questo riguarda tutte – ma proprio tutte – le attività che vi propone il gioco. Ad ogni vostro sforzo la ricompensa è certa e non si parla solo di denaro. Tutto gira, ovviamente, attorno alla vostra capacità di produrre ricchezza da investire nel vostro impero del crimine. Il punto è che i soldi non fanno la felicità.
Il successo attira nemici, e i 3 clan che si spartiscono Santa Illeso non lasceranno la loro fetta senza prima dichiararvi guerra. Questo vi porta a fare delle scelte oculate in chiave progressione, senza avere nessuna fretta e con i tempi giusti. Tradotto, le speed run e le direzioni “troppo” verticali nella storia non pagano una beneamata fava. Anzi, vi danneggiano e instillano in voi inutili e autoindotti sensi di frustrazione.
La progressione del personaggio viaggia in sincro con performance di gioco, premiando sempre il merito. E questa logica vale per ogni tipologia di attività. Ad un certo punto del gioco sarete costretti, in un certo modo, a prendervi una pausa dalle principali per “grindare di brutto”. Sarete “invitati” ad andare in armeria per potenziare le armi, completare le sfide per sbloccare nuovi vantaggi, passare dal vostro meccanico di fiducia per rinnovare le performance del vostro parco mezzi. Ma tutto ha un prezzo, non necessariamente monetizzabile. Si chiama pazienza, ed è l’unica moneta di scambio che ha un reale valore in Saints Row.
Saints Row presenta: l’arte di non annoiarsi mai (o quanto meno provarci)
Solitamente il male che si annida in ogni titolo free-roam di matrice open-world è la cd. apatia da ripetitività. Si arriva ad un punto in cui il gioco ti ha già detto e dato tutto, trascinando il povero giocatore verso il finale. Rientra nel tipico meta del genere, una meccanica dove l’avanzamento coincide con le cose che si possono o non possono fare. Una zona della mappa “bindata” che costringe il player a fare “cose” per potervi accedere. Oppure una missione bloccata che richiede determinati requisiti preliminari. Tutti espedienti per mascherare il famoso “punto di stallo”, inevitabile per tutti quei titoli con logiche iterative.
Domanda da un milione di dollari: Saints Row è affetto da questo male? Ovviamente sì, visto e considerato che è insito nel genere stesso. Diffidate da tutti quelli che profetizzano la sua capacità di rinnovarsi perché di fatto non è così. La genialità di Deep Silver Volition è stata quella di spalmare la progressione per tappe obbligate. Viene, infatti, data l’illusione al giocatore di poter controllare lo sviluppo del proprio personaggio, fornendo uno skill tree e dei perk pseudo sbloccabili.
Il concetto stesso di ricompensa altera la percezione della logica iterativa, visto e considerato che, ad ogni attività completata il guadagno – in termini di progressione e denaro – è sempre assicurato. Quindi, ricapitolando: tutto quello che facciamo non è mai fine a se stesso. Chi è dall’altra parte dello controller rivede gli obiettivi: voglio un personaggio stiloso, forte, un’auto all’ultimo grido e delle armi che asfaltano anche l’esercito degli States a livello massimo di notorietà. Ops, ma è già finito il gioco?
La verità è che in Saints Row di cose da fare ce ne sono tante. Accanto alle missioni ci sono le sfide, che aiutano a sbloccare perk e skill. Tra le attività collaterali troviamo le Taglie, dove l’obiettivo è quello di abbattere il bersaglio di turno. L’impero criminale va costruito da zero, motivo per cui vi dovete sporcare le mani in prima persona lavorando per conto dei vari centri nevralgici della vostra attività. Queste non sono poche e, dopo aver superato quello che possiamo definire il “prologo”, diventano abilitanti e necessarie. E sicuramente qualcosa ci siamo dimenticati per strada. Dimenticanze che parlano da sole…
Ci proviamo, sì, ma ci siamo riusciti?
Il mio obbiettivo è quello di raccontarvi un piccolo riassunto della mia esperienza, evidenziando, altresì, punti di forza e di debolezza del gioco. Motivo per cui non devo essere troppo coinvolto ma cinicamente bastardo e senza peli sulla lingua. Saints Row, in un certo modo, mi aiuta a tirare fuori questo dark side. Sarà che il contesto folle e bizzarro in cui si svolgono gli eventi di gioco è un po’ un’esasperazione del mondo reale.
Da un lato i Marshall che rappresentano la cieca obbedienza al sistema, basato su interessi personali e clientelismo di matrice capitalista. Gli Idol, invece, sono la proiezione malsansa della Millenial’s Culture, dove l’apparire è meglio dell’essere, e per tutto il resto è solo un grande “fuck the system”. E poi, in ultimo, vi sono i Panteros, che preferiscono la forza all’uso della ragione, puntando sui muscoli e i cavalli delle loro auto. Il gruppo di amici, per una serie di vicissitudini che arrivano tutte insieme e alla velocità della luce, viene ripudiato dalle proprie fazioni di appartenenza. Non avendo più una collocazione nella società la scelta è piuttosto obbligata: plasmare una fazione da zero, i Saints.
Sarebbe stato bello condividere tutto questo con altri giocatori, magari in un contesto cooperativo e competitivo, con delle guerre tra fazioni e clan e un dominio da estendere partita dopo partita. Gli sviluppatori non sono stati di questo avviso, o molto semplicemente non hanno voluto fare il passo più lungo della gamba. Il primo rinvio è arrivato per evitare di uscire con una beta mascherata da gold. Sarebbe stato un vero e proprio suicidio. Inoltre, bisogna essere realisti: GTA Online è un gigante che non teme avversari.
La presenza della modalità co-op è solo un “contentino”. Sì, ok, gioco a Saints Row in compagnia di un amico. La condivisione dell’esperienza di gioco, oggi giorno, viaggia almeno con la regola del quattro. Squadre che si organizzano per sessioni PvP o PvE e paradossalmente era quello che serviva adesso, visto che tutto il mondo parla solo la lingua del Battle Royale. Eh sì, sarebbe stato bello… ma non lo è. Riversate questo malcontento quando vi affaccerete sull’end-game.
Versioni disponibili: PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S e PC
Versione testata: Xbox Series X
La recensione in breve
Saints Row inaugura il reboot della saga. Una saga che si è guardata indietro e ha capito cosa ha funzionato e cosa non. Volition ha cambiato "padroni" diverse volte in questi ultimi anni, ma il cuore e la mente degli sviluppatori si è rafforzato al punto da lanciare un serio guanto di sfida al colosso Rockstar Games. Una storia frizzante, una gameplay solido e un comparto grafico vestito di next-gen. Si poteva fare di più, soprattutto per quanto riguarda la questione del multigiocatore. Il gioco si prestava fisiologicamente per un esperienza condivisa. La campagna co-op è troppo poco, anche rispetto a quanto abbiamo visto in passato.
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Voto Game-Experience