Con l’uscita di Alan Wake 2 è giunto a compimento un processo produttivo lungo ed incidentato, fatto di dichiarazioni controverse e male accettate dal grande pubblico. Tutto questo hype, indirizzato però a garantire la qualità finale di un prodotto che la community attendeva messianicamente, ci ha comunque consegnato un survival horror validissimo ed innovativo.
Ci troviamo dunque di fronte ad una mera operazione commerciale o al degno successore di un titolo oramai sepolto nel tempo ma mai dimenticato dal grande pubblico? Di sicuro, la seconda delle due. Ma scopriamolo insieme con la nostra recensione di Alan Wake 2.
Ritorno a Bright Falls
Tredici anni. Tredici lunghissimi anni sono passati dalla nostra prima gitarella in quel di Bright Falls. Il capostipite della saga, il primo Alan Wake, recentemente rimasterizzato in HD, risale infatti all’anno 2010. In un periodo in cui la console war tra PlayStation 3 ed Xbox 360 era serratissima e combattuta con esclusive di peso, dall’una e dall’altra parte, il titolo Remedy rappresentò una graditissima sorpresa.
Pur con tutti i suoi limiti ed imperfezioni, il primo titolo Remedy in esclusiva per l’ecosistema Microsoft può essere definito – senza tema di smentita alcuna – come innovativo e seminale, tanto da lasciare una impronta netta e riconoscibilissima nel mondo del gaming. In questi tredici lunghi anni, eccezion fatta per lo standalone DLC Alan Wake: American Nightmare, spesso e volentieri si è parlato di un seguito che, puntualmente, svaniva, come inghiottito dalla nebbia di Bright Falls.
Questa volta, invece, le cose sono andate in modo differente. Il 27 ottobre, dopo un minuscolo rinvio atto ad evitare uno scontro diretto con Marvel’s Spider-Man 2, Alan Wake 2 è giunto, finalmente, su PC e console di nuova generazione. Prepariamoci, dunque, ad esplorare nuovamente le profondità di Bright Falls, in un viaggio che potrebbe cambiare, per sempre, la nostra concezione di narrazione in ambito videoludico.
Narrazione allo stato dell’arte…
Narrazione, già. Pare evidente a tutti che, per enunciare una storia, qualsiasi essa sia, la tipologia di narrazione scelta sia fondamentale, al fine di non far passare sotto silenzio nessuno dei dettagli che gli sceneggiatori hanno ideato per creare il pathos necessario ad una debita immersione nelle atmosfere di gioco.
Questo è ancor più vero per un prodotto che, come Alan Wake 2, fa di jumpscare, orrore e tensione continua i perni cardine della sua attrattiva. Per mantenere, dunque, la sospensione dell’incredulità, elemento fondante di una narrazione funzionale e di successo, i ragazzi di Remedy han dato fondo a tutto il loro know-how, fondendo elementi di ciascuna delle loro produzioni passate, eliminando il superfluo, mantenendo però i punti di successo degli stessi.
Troviamo, dunque, immutato il pathos narrativo sfalsato già visto nel primo episodio, unito all’utilizzo di sequenze in FMV, sullo stile di Quantum Break e Control. Il mash-up di queste caratteristiche ci regala una delle esperienze ludico-narrative più intense della attuale generazione. L’alternanza tra girato, gameplay e sequenze in-game scorre via senza esitazioni di sorta, regalandoci una sensazione di sviluppo narrativo naturale, senza mai apparire forzato o tirato per le orecchie.
Nei panni di due agenti FBI ci troveremo ad indagare su un omicidio rituale, apparentemente l’ultimo di una lunga serie, compiuto da una setta i cui membri indossano maschere da cervo. Le nostre investigazioni ci porteranno a contatto con una realtà “assurda”, fatta di esoterismo e follia, in cui l’omicidio del malcapitato sembra essere l’ultimo dei problemi presenti. Parallelamente avremo a che fare con il caro, vecchio, irreprensibile Alan Wake, rinchiuso nella prigione mentale in cui lui stesso si era autoesiliato, alle prese con i suoi personalissimi demoni interiori. Che rapporto avranno queste due realtà, apparentemente distanti e distinte?
…innestata in un gameplay stellare
Pur non facendo spoiler, solo giocando vi renderete conto di quanto il dualismo narrazione – metanarrazione sia fondamentale per la fruizione di un prodotto che, gioco forza, verrà utilizzato come metro di paragone per i survival horror, da qui in ora, così come Silent Hill 2 (la cui data di annuncio sembra imminente) lo è stato dal 2001 ad oggi.
Non di sola forma vive l’arte, ma anche di bieca e becera sostanza. Se, da un lato, è infatti impossibile non apprezzare l’afflato narrativo ideato dai ragazzi di Remedy per enunciare la storia di Alan Wake 2, dall’altro lo è il non rimanere basiti davanti ad un gameplay talmente articolato, ma al contempo schematico e, nemmeno a dirlo, completamente asservito allo scopo narrativo.
La principale attrattiva di Alan Wake 2 deriva dalla impossibilità di categorizzare il prodotto Remedy in un genere ben definito e delimitato. Pad alla mano, Alan Wake 2 ha in se, nettamente pronunciati, elementi da action adventure in terza persona, altri afferenti ad una avventura di matrice investigativa, fermo permanendo, dominante, lo stigma da survival horror duro e puro.
Questa impossibilità catalogativa, cercata, voluta e raggiunta dai ragazzi di Remedy, viene utilizzata per dar vita ad una narrazione bifocale, a volte vissuta, altre osservata, dagli occhi di Saga, agente del bureau, e di Alan, lo scrittore maledetto che abbiamo già conosciuto oramai tredici anni fa. Questo dualismo ci permetterà di seguire due distinte tare narrative, ciascuna contraddistinta da un gameplay differente, che proseguiranno fino all’inevitabile scontro – fusione , preludio al climax finale.
Combattimento dinamico e diversificato
Il primo Alan Wake, per quanto immersivo e godibilissimo, venne aspramente (e giustamente) criticato per un combat system si atipico ma dannatamente legnoso e statico. Anche la recentissima remaster, dalla cui realizzazione Epic ha recuperato completamente i costi di sviluppo, ha portato con se, al netto di una ingente revisione grafica, questa problematica, legata a doppio filo con l’età anagrafica del prodotto oggetto di revisione.
Memori dunque di queste sferzanti osservazioni, ma dotati anche di un comparto tecnico finalmente al passo con le ambizioni del team di sviluppo, i ragazzi di Remedy sono riusciti a creare un combat system dinamico, diversificato ma, al contempo, ragionato. Al netto di una difficoltà leggermente sopra la media, non saremo mai schiavi della frenesia, pur positiva, vista in TPS come Resident Evil 4 Remake: l’azione di gioco sarà sempre improntata alla identificazione dei nemici e ad un approccio ragionato agli stessi, carpendone pattern di attacco e criticità al fine di utilizzare ambedue questi elementi a nostro favore.
Come in un survival horror/TPS che si rispetti, dovremo fare affidamento su tutte le risorse sparse nel mondo di gioco per avere ragione della moltitudine di nemici presenti in loco. La gestione dell’inventario, parimenti, pare presa di sana pianta da TPS ben più blasonati cui, e lo diciamo senza paura alcuna, Alan Wake 2 non ha nulla da invidiare. Spesso e volentieri, vista la inumana resistenza dei nostri avversari, anche a livelli di difficoltà non proibitivi, dovremo arrenderci al proverbiale Game Over. Solo una continua pratica, unita alla conoscenza dei nostri antagonisti, ci permetterà di trascinarci al di fuori delle lugubri tenebre di Bright Falls.
Tutto bellissimo ma…
Alan, a sua volta, vivrà in una dimensione tutta sua. Il Luogo Buio, una New York distopica e deforme in cui deve battagliare, a suon di colpi di luce con i suoi personalissimi demoni, rappresenta una sferzata di classe dal gameplay di Saga, permettendo ad Alan di ri-modellare in tempo reale parti della mappa di gioco. Ciò avverrà grazie all’utilizzo di una lampada, in possesso di Alan, capace di distorcere e modificare intere parti della mappa, ascrivibili alla realtà alternativa in cui si trova intrappolato.
Una lucida follia trasposta dallo scrittore agli sviluppatori, data in pasto agli utenti finali, ultimo anello di una metanarrazione mai così contingente alla narrazione vera e propria. Eccezion fatta, però, per questo diversivo (interessantissimo e ben sviluppato, sia chiaro), il gameplay risulta essere il medesimo della controparte “reale”. Alan Wake 2 pecca, inoltre, per una bassa varietà di nemici, portando le fasi di combattimento ad essere un “filo” ripetitive.
Solo la presenza di alcune boss battle, davvero ben realizzate, inserisce varietà in un segmento di gameplay altrimenti ridondante. Ulteriore variazione sul tema si avrà verso la fine del gioco, alla unione delle due realtà: pur non spoilerando, posso garantirvi che l’interazione tra i due protagonisti vi metterà a bordo di un ottovolante emotivo come pochi altri.
Alan Wake 2 è davvero next-gen?
I tredici anni intercorsi dall’uscita del primo Alan Wake rappresentano, tecnologicamente parlando, una eternità. Va da se che la tecnologia, tanto in termini di bruta potenza di fuoco delle macchine da gioco disponibili, quanto quelle utilizzate per realizzare questo secondo capitolo si siano evolute in maniera trascendentale.
Alan Wake 2 si basa sul Northlight Engine, motore grafico – fisico proprietario di Remedy Entertainment, realizzato per sfruttare al massimo la potenza computazionale del parco macchine attualmente esistente. Su console, nonostante la presenza di due modalità grafiche, una improntata alla qualità, l’altra al mantenimento del framerate, manca completamente il supporto, anche parziale, al ray tracing, invece presente su PC di alta fascia.
Ciononostante Alan Wake 2, da noi giocato e recensito in modalità Qualità, è uno spettacolo per gli occhi, cui nulla toglie l’assenza del ray tracing, atto a massimizzare l’impatto narrativo dell’ultimo nato in casa Remedy. Nulla toglie alla bellezza del gioco, il fatto che la modalità qualità non mantenga costantemente i 30 fps, così come quella prestazioni non riesca, parimenti, a tenere i 60fps fissi.
Il comparto sonoro, invece, rappresenta uno dei punti più alti mai toccati da una produzione videoludica, plasmandosi ed avvolgendosi attorno alle nostre azioni, accompagnando in modo calzante, tanto per le tracce audio, quanto per il comparto ambientale, ogni nostra singola azione. Anche per questo Alan Wake 2 rappresenta una delle migliori rappresentazioni di next-gen e, in generale, uno dei punti di partenza del genere survival horror, da ora in poi.
VERSIONE TESTATA: Xbox Series X
La recensione in breve
Remedy Entertainment spinge in avanti il mondo del gaming, proponendoci un prodotto, Alan Wake 2, capace di definire (e ridefinire) generi, travalicando confini degli stessi e fondendoli, asservendo il tutto ai fini di una perfezione narrativa senza eguali. Un prodotto curato in ogni dettaglio, minato solo da una eccessiva ripetitività nelle fasi di combattimento, ci regala una delle migliori esperienze videoludiche degli ultimi anni, settando un nuovo punto di partenza per i survival horror. Consigliato senza dubbio alcuno.
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Voto Game-Experience