Qualsiasi amante dei souls-like attendeva con una certa ansia Wo Long: Fallen Dynasty, il nuovissimo titolo targato Team Ninja e Koei Tecmo approdato sugli scaffali lo scorso 3 marzo 2023. Mi ricordo ancora la scorsa estate quando, in occasione del Xbox & Bethesda Games Showcase 2022, si è mostrato la prima volta al pubblico con un gameplay trailer molto accattivante.
Quello che a me ha sempre ispirato su questo gioco era l’enorme “freneticità” che prometteva il team di sviluppo, unendo i pregi di Nioh con un combact system più rapido e intuibile, senza però togliere la solita complessità che caratterizza i giochi di Team Ninja. I nomi dietro alla realizzazione del gioco sono importanti per il settore del gaming moderno, ossia Fumihiko Yasuda, Director di Nioh, e Masaaki Yamagiwa, produttore esecutivo del gioco e nonché elemento di spicco dietro alla realizzazione di Bloodborne. Così come il già citato Nioh, Wo Long: Fallen Dynasty si pone all’interno di un contesto narrativo ispirato a un preciso tempo storico, in questo caso l’antica Cina, aggiungendoci elementi caratterizzanti del folkore e del mistico di quel periodo.
Sebbene noi tutti abbiamo avuto modo di goderci il gioco ben prima del suo rilascio grazie a due demo pubblicati negli scorsi mesi, l’opinione dei giocatori risulta molto altalenante su questo titolo con pareri contrastanti sul gameplay e soprattutto il comparto tecnico, oggetto di molte critiche per i giocatori PC. Per questo mi preme specificare che la versione che ho avuto modo di giocare è stata quella di Xbox Series X al lancio del gioco all’interno del catalogo Xbox Game Pass. Vi lascio dunque alla recensione di Wo Long: Fallen Dynasty.
L’antica Cina secondo Wo Long: Fallen Dynasty
Nioh ha fatto scuola sull’interpretazione e riadattamento di un evento storico inserito dentro a un contesto fantastico come un videogioco. In Wo Long: Fallen Dynasty questo elemento non è da meno e anzi, la formula adottata per il proseguimento della trama ripercorre in alcuni frangenti degli eventi che più o meno sono accaduti realmente.
Wo Long: Fallen Dynasty è ambientato durante la rivolta dei turbanti gialli datata 184 d.C., quando Zhang Jiao, un ex pretore dell’impero Han, decise ribellarsi alla corte imperiale corrotta assoldando chiunque si volesse unire alla causa. Questo evento sfociò in una sanguinosa guerra e portò uno stravolgimento dell’intera Cina. Noi vivremo i panni di un guerriero senza nome che per mano di un assalto dei turbanti gialli perderà la vita per salvare un ragazzo. Scampato l’assalto, il ragazzo attraverso un potere speciale riporterà in vita il nostro personaggio e da quel momento affronteremo la nostra avventura affrontando nemici temibili di entrambi i fronti.
Wo Long: Fallen Dynasty non eccelle sul fronte narrativo, proponendoci una trama abbastanza banale, con zero pathos e con pochi colpi di scena però intavolati male. Per la struttura stessa del gioco è difficile che si possa trovare qualche approfondimento su questo comparto, se non attraverso descrizioni di oggetti e abilità, ma anche dal ricco compendio disponibile al giocatore sin dai primi minuti di gioco.
La linearità della mappa, cosa che affronteremo dopo, impone uno svolgimento basilare delle missioni sia principali che secondarie, limitandoci unicamente a sconfiggere nemico “X”. Nonostante questo ho trovato delle storie interessanti e molto ben riadattate al contesto del gioco, con personaggi secondari ben caratterizzati considerando le limitatezze narrative del gioco.
Quello che più mi ha affascinato della narrazione di Wo Long: Fallen Dynasty è proprio come il Team Ninja ha riadattato un contesto storico esistito alla loro idea creativa, inserendo elementi di folklore e mitici di quell’epoca. Questa creatività l’ho vissuta nel mondo che mi ha circondato durante le 30 ore di gioco, tra alleati e avversari intriganti e boss fight clamorose.
Le basi di gioco di Wo Long: Fallen Dynasty
Il gameplay di Wo Long: Fallen Dynasty è l’elemento più critico, ma al tempo stesso quello più bello: questo contrasto è dovuto dall’intraprendenza di Team Ninja che ha cercato di creare un gioco frenetico, scenografico e accessibile, però inciampando su alcuni punti per certe accortezze puramente tecniche.
Prima di raccontarvi questo comparto del gioco, mi duole dire che nonostante Wo Long: Fallen Dynasty cerchi di essere accessibile, non ci riesce appieno creando non poche difficoltà. Questo perché moltissime cose non vengono spiegate, non fornendo tutorial o spiegazioni necessarie al gameplay, specialmente in punti estremamente importanti che specificherò più tardi.
I più “critici” potrebbero venire a dirmi che c’è una sezione dedicata, il che è vero (troviamo una sequela di video e zone di prova), ma da qui agli ultimi anni nel settore abbiamo visto in moltissimi titoli degli specchietti, dei pop-up essenziali o dettagliati sulle funzioni del gameplay che avremmo avuto modo di usare nel momento successivo alla loro apparizione. Non nego che ci siano, ma in forma molto limitata, lasciando un grande buco ai giocatori sul gameplay e tutto ciò che gli ruota attorno (oggetti, abilità e molto altro).
Addentrandoci nel sistema di gioco, non è un’esagerazione dire che Wo Long: Fallen Dynasty sia l’unione tra Nioh e Sekiro, quantomeno nel gameplay. L’approccio ai nemici deve essere diretta con un’alternanza tra attacco, deviata e schiavava (ci sono anche le parate, ma le ho trovate estremamente superflue). La mappatura dei comandi è molto action, proponendoci un bottone per l’attacco leggero, uno per l’attacco spiritico, che se potenziato dalla barra dell’anima andrà a ridurre la posture dell’avversario, uno per la deviazione che se premuto due volte velocemente fungerà da schivata e infine uno per il salto. I grilletti servono per utilizzare una serie di mosse speciali e alle magie o all’arco e altre funzioni. Infine si potranno pigiare un’insieme di combinazioni di tasti per attivare delle abilità speciali, ossia l’evocazione degli spiriti… che lascio in sospeso finché arriviamo al primo boss.
Due elementi estremamente interessanti, ma anche problematici, sono le due barre che ogni nemico e noi avremo, quello della postura e quello dell’anima. Il primo serve a indicare quanto manca prima che la postura si rompa, quindi una volta riempita il nemico, o noi, si stancherà e potremmo eseguire un attacco speciale che provocherà ingenti danni. Piccola nota, quando il giocatore schiva la sua barra aumenta, pertanto un abuso sulla schivata può portare a uno stordimento certo al primo colpo messo a segno dal nemico. Posso comprendere che il team non voglia che il giocatore ne abusi, ma per i nemici grossi, soprattutto i Boss, la schivata è necessaria e al primo sbaglio si perderà lo scontro. Per i nemici la barra della postura potrà diminuire nella sua lunghezza se sferreremo attacchi dell’anima, così permettendoci di fargli “un’esecuzione” in meno tempo.
Gli attacchi dell’anima e la loro potenza dipendono dalla seconda barra, quella dell’anima, che viene riempita in base alla serie di combo che il giocatore effettua e alle deviazioni; caso inverso se si verrà colpiti. Anche se la trovo un’idea buona, la riduzione della barra del giocatore non è minimamente paragonabile a quella dei nemici, risultando eccessivamente punitiva e impedendo cosi di effettuare attacchi dell’anima, a mio parere essenziali per i boss oltre la metà del gioco.
I nemici, il combattimento e la spettacolarità
In questo gioco non esiste il livello dei nemici, anche se proseguendo tra zone e zone i nemici diventano sempre più forti, ma un “livello morale”. Questa meccanica l’ho trovata interessante anche perché è ben strutturata: sia il giocatore e i nemici avranno un livello di morale che potranno aiutarci a capire se un nemico sia accessibile o meno. Se la differenza tra il livello del giocatore e dei nemici è apprezzabile, potremmo banalmente dire che l’incontro sarà più difficile, ma in che termini? Oltre ai damage output sbilanciato tra i due, lo svantaggio più importante è la risposta agli attacchi: se il livello è pari o inferiore, il nemico di sbilancia a un nostro attacco, mentre se è più alto questo avrà quello che è denominato “hyper armor”, ossia non si sbilancia se riceve un attacco.
Elementi secondari, ma che hanno una certa rilevanza se usate con intelligenza, sono le magie, sbloccabili man mano nel gioco e che avranno dei determinati requisiti sulla base di uno o più dei 5 livelli del giocatore. Questi determinano il punteggio su determinate caratteristiche di un classico action-gdr, ma in maniera molto più semplice e gestibile. Le magie possono essere di attacco, difesa o supporto, e ognuna di essere possono essere combinate alle combo risultando anche estremamente belle da vedere.
Soffermandoci su questo punto, Wo Long: Fallen Dynasty è davvero bello da vedere nel combattimento. Non esagero dicendo che in molti scontri mi “gasavo” moltissimo perché il coinvolgimento della battaglia e gli effetti su schermi erano davvero scenografici. Questo però ha un grosso ma: se per il singolo umanoide potrebbe andare bene, quando si scontra con dei gruppi o dei demoni di taglia grossa, la confusione su schermo è tale che rendono irriconoscibili gli attachi potenti dei nemici, che come su Sekiro, sono rappresentati da un’icona rossa luminosa, ma a differenza del gioco targato From Software questi possono essere deviati, provocando una reazione spettacolare al nostro personaggio e infliggendo ingenti danni al nemico e aumentando la loro barra della postura.
Il mondo di gioco di Wo Long: Fallen Dynasty
La struttura action del gioco si vede anche nel game design delle zone, un po’ alla Code Vein se volete un esempio, ossia molto lineari dove alla fine di questo tunnel vi troviamo il boss finale, proseguendo di conseguenza alla zona successiva che è diversa da quella successiva. Nonostante non sia nulla di eccelso, o quanto meno non ho mai sentito l’effetto “Wow”, c’è da dire che la cura dei dettagli, nella proposta delle ambientazioni dell’Antica Cina sia davvero ben fatta e interessante, alternando zone naturali con cittadine, templi o altro su contesti differenti, come un villaggio distrutto, dei templi aulici o un deserto catastrofizzato.
Inoltre le varie zone sono colme di aree segrete con oggetti più o meno importanti e la caccia alle bandiere è anche interessante. In questo gioco i tipici punti ristoro dove possiamo accedere ad alcune interazioni o livellare sono delle bandiere di battaglia (associate alle zone di riconquista contro i Turbanti Gialli), mentre invece ci saranno anche delle bandiere più piccole, entrambi segnate su schermo quante ne abbiamo scovate, che sono opzionali e toccherà al giocatore cacciarle. Quello che sicuramente è accattivante è che quest’ultime sono una bella sfida condita da orde di nemici o mini boss temibili e anche unici.
Sebbene Wo Long: Fallen Dynasty abbia un gameplay effettivamente intrigante, condito da molteplici moveset differenti delle armi con abilità speciali comprese, i problemi si notano sul punto di vista tecnico. Oltre al suo essere punitivo, Wo Long: Fallen Dynasty soffre di veri e propri problemi di hitbox, tracking, a volte non prende l’input dei comandi e una camera mal gestita. Tante volte i nemici mi colpivano anche se non ero nella loro zona d’attacco; tanti colpi caricati che portavano il nemico a fare una rotazione della sua direzione di 180° andandosi a schiantare contro di me anche se ero dall’altra parte dell’arena; premevo due volte il bottone della schivata ma non prendeva l’input corretto, con conseguenti movimenti errati e morti accidentali; abilità speciali delle armi che non si azionavano; attacchi che oltrepassavano i modelli che si contrapponevano da me al nemico.
Potrei continuare per un intero articolo, ma l’ultimo problema che vorrei menzionare riguarda la gestione delle inquadrature: la camera dei nemici “grossi” è davvero ingestibile. Alcuni boss fanno attacchi in salto toccando delle altitudini piuttosto importanti, al punto che non possiamo vedere la direzione dell’attacco e la sua posizione, portandoci ad andare a intuito per fare la deviazione, come il primo boss.
I boss di Wo Long: Fallen Dynasty e il potere dell’amicizia
Parlando di Boss, per poi soffermarci sul primo che rappresenta un grande ostacolo per molti videogiocatori, questo gioco ha molti boss diversi e ognuno è unico con un moveset proprio e memorabile, se non per alcune eccezioni. Dato il contesto storico accennato prima, qui vi troveremo boss ispirati alla cultura e ai personaggi di quei tempi, come il leggendario Lu Bu noto per la sua spettacolare abilità della lancia che faceva tremare l’intera Cina.
La differenziazione dei boss si nota anche dalla loro natura e dalla loro statura, come demoni, draghi, cavalieri, animaleschi, stregoni e molto altro, caratterizzati da moltissimi moveset differenti e anche divertenti da fronteggiare… anche se rimarco il problema con i boss di statura grande, dove hanno attacchi difficili da deviare, in quanto non sia chiaro quale sia il timing corretto. Schivare, infatti, non assicura di non ricevere il danno e la camera non aiuta nello scontro.
Il primo boss di Wo Long: Fallen Dynasty è diventato particolarmente famoso come fu l’anno scorso per Margit di Elden Ring. La difficoltà di questo boss unisce i problemi prima citati e rappresenta la “Wo Long Experience”: hitbox fallate, telecamera ingestibile, eccessive punizioni se si fallisce una schivata e una mancanza di tutorial su alcune cose di gameplay. D’altro canto troviamo anche un moveset divertente da affrontare, una notevole spettacolarità dovuta dalla concatenazione di attacchi, deviazioni e attacchi spiritici e infine è dannatamente divertente, almeno finché non sopraggiunge la frustrazione.
C’è però da fare un appunto sulla seconda fase: il gioco non ti dice quali sono i tasti per evocare la bestia divina la quale interrompe lo scontro aggiudicando la vittoria immediata… vi assicuro che ho passato molto tempo a capire come fare, ma so di non essere l’unico.
Però per aiutarci contro le avversità dei boss o del mondo ostico di Wo Long: Fallen Dynasty c’è la cooperazione tra NPC o giocatori. Ogni zona ha degli slot prefissati di aiutanti, che possano essere 2 o 3, e quelli forniti dal gioco sono personaggi inerenti alla trama con abilità uniche per ciascuno di essi. Nonostante siano di grande aiuto perché i nemici si concentreranno principalmente su di loro, oltre a fungere da “manichini” per attirare i danni su di loro, non saranno di nessun’altra utilità: l’IA dietro a questi NPC è di basso livello, non essendo di nessuna utilità in molti frangenti. Questo problema affligge anche i nemici, creando così molti situazioni ambigue e insensate.
Per quanto riguarda il co-op non ho molto da dire in quanto non sono riuscito a trovare nessun giocatore su Xbox. Sarò stato io sfortunato o cosa, ma ahimè non posso esprimermi su questo aspetto che non ho avuto modo di provare.
Il comparto tecnico
Prima di tutto il resto, la community di videogiocatori si è focalizzata sul comparto tecnico di Wo Long: Fallen Dynasty, sottolineando spesso cose interessanti o estremamente superflue. Non c’è dubbio che la versione PC abbia dei problemi e che i giocatori connessi ne siano giustamente contrariati, ma su console come gira? Bene vi direi, anche se il gioco di Team Ninja non rientra nei canoni di un gioco AA di questa generazione.
Qua non stiamo parlando di “brutto da vedere”, ma di qualcosa oggettivamente vecchio, passato. Non metto in dubbio la qualità di alcuni aspetti, anche perché è evidente che dietro ci siano dei professionisti. Molti scorci, ad esempio, sono belli, come i modelli delle varie armi, armature e boss che risultano estremamente curati. Questo però non basta e al colpo d’occhio abbiamo comunque un titolo che non rispetta gli standard per una produzione 2023.
Se si vuole parlare del comparto artistico o sonoro, questi sono di alto livello. Abbiamo un character design visivo di grande qualità, ricco di dettagli e di una certa accuratezza del background degli NPC e dei boss principali. Nessuno è esente da questo maestria nella realizzazione, dai boss ai nemici più effimeri. Anche la realizzazione di alcune zone o arene sono concettualmente molto belle e vi si nota una certa ricercatezza per offrire al giocatore la migliore esperienza possibile sul fronte visivo.
Le OST non sono da meno, con una tracklist importante e con dei pezzi unici che mostrano la qualità indiscutibile del team dedicato. Pochissime sono memorabili, ma anche le altre – che sono più “dimenticabili” – sono perfette per i momenti in cui sono proposte. Anche se marginale a noi, il doppiaggio giapponese è interessante con una qualità complessiva molto positiva. L’unica nota dolente è la gestione dei sottotitoli durante i combattimenti che risulta spesso illeggibile per la frenetici degli scontri o perché le scritte si fanno fatica a leggere o vedere.
La recensione in breve
Wo Long: Fallen Dynasty è un action RPG decisamente interessante con un gameplay molto divertente che però pecca nella sua struttura. Dove troviamo molti elementi positivi, questi vengono annullati da altri elementi negativi che inficiano sulla qualità di gioco: hitbox fallate, input che non vengono letti, una telecamera contro il giocatore e combact system eccessivamente punitivo. Se questo lo aggiungiamo a una narrazione molto basilare, sebbene sia ben riadattata a fatti realmente accaduti, e a un comparto tecnico oggettivamente vecchio, possiamo dire che il titolo di Team Ninja ha molte incertezze. Questo però non nega al giocatore di divertirsi, anzi, sebbene la frustrazione sia dietro l'angolo Wo Long: Fallen Dynasty può regalare delle divertenti ore di gioco e soddisfare in massima parte i giocatori più esigenti del genere, ritenendosi soddisfatti se si aspettano un titolo che unisce Nioh a Sekiro. Nota di onore al comparto artistico e sonoro, che entrambi sono di altissimo livello.
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Voto Game-Experience