La prima volta che ci siamo imbattuti in Three Minutes To Eight (siglabile TMTE) di Chaosmonger Studio è stato durante il Guerrilla Collective (se volete, date un occhiata a tutti gli annunci dell’evento) con un teaser che ci aveva molto incuriosito per il suo stile grafico, anche se ancora dovevamo capirne le potenzialità. L’occasione è arrivata con lo Steam Next Fest di ottobre, con il rilascio di una open demo giocabile. In primis si tratta di un punta e clicca in pixelart tutto italiano, con un ambientazione futuristica e dove ogni cambio di location ci porterà un minuto avanti nel tempo. Arrivate le 19:57, per qualche motivo ancora sconosciuto, il protagonista muore e torna in vita come nel “Il Giorno della Marmotta”. Se esiste un rimedio, dovete giocarlo e scoprirlo. Abbiamo potuto intervistare Nicola Piovesan, founder di Chaosmonger Studio e creatore del gioco, per poter saperne di più e scoprire magari qualche anedoto.
Dove nasce l’idea di TMTE?
Come scrivo nelle “note dello sviluppatore” che si possono leggere al lancio del gioco, il tutto è nato in quella fase particolare di dormiveglia, poco prima di addormentarmi, quando la mente è a metà strada tra il sogno e la realtà. Volevo fare un’avventura grafica che, un po’ come per lo stile grafico, fosse al tempo stesso classica e innovativa. Nasce così la meccanica di “Three Minutes To Eight”, un gioco che vuole sfidare i concetti classici delle avventure, rimescolando un po’ le carte e cercando di stupire il giocatore a ogni partita.
Ciascuna run del gioco infatti è relativamente breve (si muore sempre alle 19:57!), ma sta tutto nel ricominciare ogni volta, scoprendo nuovi segreti, scovando particolari prima inediti, e cercando di risolvere uno dei dieci finali (e ulteriori cinque segreti). Insomma, è un gioco molto classico in certi aspetti, e molto innovativo in altri. Simile per certi versi a Twelve Minutes, il protagonista si ritrova all’interno di un loop temporale, come in quei film “mind-blowing”, stile “Giorno della Marmotta” per intenderci. Solo che ogni volta c’è qualcosa di diverso, e, grazie alle esperienze nelle run precedenti, il player può avanzare una delle dieci narrative e scoprire cose nuove.
Abbiamo giocato TMTE e ci ha intrigato lo stile grafico utilizzato. Qual è stato il processo creativo che vi ha portato a questo risultato?
Dunque, la mia intenzione era creare una grafica che fosse classica e moderna al tempo stesso. Molti definiscono il gioco in “pixel art”, ma in realtà non è esattamente così. La sfida è stata quella di creare personaggi in pura pixel-art classica (cioè 2D, creati ed animati a mano, frame dopo frame), integrati però in un ambientazione tridimensionale. Infatti tutti i fondali non sono in pixel-art, bensì in voxel-art. Cioè sono scene create attraverso tantissimi piccoli cubetti (appunto i “voxel”) in 3D (tipo Minecraft per intenderci).
Questo permette sia di amalgamare bene personaggi e fondali (i voxel in sostanza sono dei pixel 3D), sia di ottenere effetti di luci ed ombre molto particolari, che sarebbero impossibili con una pixel-art pura. Insomma, è un misto di 2D e 3D, il tutto mescolato alla perfezione, per dare appunto un risultato che mantiene l’effetto nostalgia dei classici in pixel, ma al tempo stesso utilizza luci ed effetti visivi contemporanei.
Quante persone hanno lavorato al gioco e se hai chiesto supporto esterno di qualche tipo per certi elementi
Dunque, sul motore di creazione del gioco (che è Unity) ci ho lavorato da solo. Nel senso che ero l’unico ad occuparsi di mettere assieme il tutto e scrivere il codice del gioco. I vari elementi che costituiscono il gioco, però, sono stati creati grazie all’ausilio di freelancers in giro per il mondo (anche se per gran parte italiani). Per esempio ci sono state 2-3 persone che hanno curato la creazione e l’animazione dei personaggi, mentre i fondali sono stati creati da me e un’altra ragazza.
I suoni sono creati da un duo di italiani, le musiche da un canadese, un altro canadese mi ha aiutato coi testi (che comunque ho scritto interamente io), le icone di inventario da un italiano, e poi naturalmente ci sono stati i vari doppiatori che hanno dato le voci ai personaggi. In sostanza ci avranno lavorato in tutto 20-30 persone, se consideriamo anche chi magari ha contribuito solo in minima parte, o in fase di testing, mentre il team base è stato di 4-5 persone. Tuttavia, come dicevo all’inizio, per la stragrande maggioranza dello sviluppo, ho fatto tutto da solo (il codice, la programmazione, scrivere tutti i dialoghi, mettere assieme personaggi e ambientazioni, pensare i vari puzzle, il concept di gioco, le grafiche dei menu, etc…).
Quanto tempo ha richiesto la lavorazione del gioco?
È molto difficile quantificare, anche perché ho lavorato parallelamente ad altre cose. Ma nel complesso, dai primi passi alla finalizzazione della versione PC, ci sono voluti circa 2 anni, più altri 6 mesi per la versione consoles e mobile, che uscirà poco dopo quella per PC.
Chaosmonger Studio vanta varie produzioni non solo videoludiche.. è una scelta interessante.
Sì, Chaosmonger Studio nasce oltre 20 anni fa, quando firmavo così le mie prime produzioni video. Nasco come film-maker e per 20 anni ho fatto quasi esclusivamente quello, anche con discreto successo (i miei lavori sono stati proiettati in centinaia di festival internazionali, vincendo oltre 100 premi, tra cui un Nastro d’Argento). La mia produzione però è sempre stata variegata, sperimentando molto con generi diversi e in maniera multimediale (dal videoclip al cortometraggio di fantascienza, dal documentario all’animazione).
Ho iniziato a sviluppare giochi a inizio 2019, proprio grazie al successo di un mio corto d’animazione, “Robot Will Protect You”, che in molti vedevano come potenziale gioco, tanto da convincermi a iniziare una nuova avventura nel mondo del game developing. Così, senza la minima esperienza con la programmazione, in due anni ho dato alla luce ENCODYA (uscito a gennaio 2021). Ora lavoro ad entrambe le cose, sviluppo di videogiochi e produzioni cinematografiche, anche se la maggior parte del tempo me la sta occupando lo sviluppo di giochi.
Domanda da videogiocatore: quali sono i titoli della tua infanzia e reputi tra i migliori, per te?
Se parliamo di infanzia, o comunque dei giochi con cui sono cresciuto, beh, dobbiamo andare indietro agli inizi degli anni ’90. I primi giochi per me sono stati su Commodore 64 e successivamente su Amiga. Sono vecchio! Quindi all’epoca ovviamente non può mancare The Secret Of Monkey Island, giocato su Amiga, oppure Superfrog (platformer veloce, che solo gli amighisti potranno ricordare), ma è davvero difficile per me scegliere. Tra l’altro, nota curiosa, non sono un gran gamer. Ovviamente seguo il mercato dei videogiochi per ovvie ragioni, ma di mio gioco veramente poco.
Non ho molto tempo libero purtroppo, quindi in media giocherò a 2-3 giochi l’anno, anche se ne provo moltissimi altri. Diciamo che i giochi che mi “prendono bene” sono davvero solo 2-3 l’anno, quelli insomma in cui poi ci spendo 15-20 ore, che finisco, etc. Tuttavia, se dovessi sforzarmi e farti tre titoli, uno per ciascun decennio, sui quali ci ho speso più tempo (quindi non necessariamente i miei preferiti) ti direi Monkey Island per i ’90, World of Warcraft per i ’00, e Hollow Knight per l’ultimo decennio.
Quali game designer sono d’ispirazione per i tuoi lavori e ti hanno ispirato a intraprendere questo lavoro?
Tornando a quanto detto poco sopra, giocando io così poco, non posso nemmeno farti dei nomi che mi sono di ispirazione. Se torniamo al più volte citato Monkey Island potrei citarti Ron Gilbert, ma per i giochi degli ultimi 10-20 anni davvero non saprei…
Quali consigli daresti a chi vuole iniziare?
Il consiglio migliore è quello di imparare creando un gioco. Mettersi lì con i programmi e sbatterci la testa per mesi, finché non si ottiene qualcosa di buono. Insomma, al di là di vari corsi o tutorial, la cosa migliore e sporcarsi le mani provando a sviluppare qualcosa fin da subito. Da questo punto di vista, è fondamentale però capire che alle prime armi, e magari senza grossi fondi, bisogna puntare tutto sull’idea e sullo sviluppo di qualcosa di semplice, ma estremamente giocabile. In sostanza non si può iniziare puntando a fare il nuovo GTA o The Witcher, bensì giochi relativamente più semplici da sviluppare, ma vincenti, tipo Among Us o Vampire Survivor.
Quali sono i prossimi titoli che avete in lavorazione e di cosa parlano? (Quelli che possono esser rivelati…)
Da quando ho iniziato a sviluppare a inizio 2019, sono stato molto prolifico, pure troppo. Oltre al già citato ENCODYA, ho rilasciato su tutte le piattaforme anche Clunky Hero, platformer strampalato. Ho poi iniziato a lavorare a Soul Tolerance, un gioco forse troppo ambizioso, che ho dovuto lasciare un po’ in standby per mancanza di fondi, ma che farò comunque uscire a breve (forse già a dicembre), anche se in versione ridotta, come “prologo” del gioco vero e proprio.
Si tratta di un investigativo ambientato in un mondo dominato dalle intelligenze artificiali, che mescola elementi di un punta e clicca, con quelli di un RPG. Inoltre, pochi giorni fa, ho lanciato il Kickstarter per un altro gioco, più “indie”, ben meno ambizioso di Soul Tolerance o Three Minutes To Eight, chiamato Schizollama. Un gioco molto divertente e rapido, che ricorda un po’ Metal Slug e Broforce, che ha come protagonisti dei lama che devono sterminare un esercito di alpaca. Spero davvero che i vostri lettori vogliano aiutarci in questo nuovo progetto, contribuendo alla campagna Kickstarter.