Che siano gli Oscar o il Pallone d’Oro c’è sempre grande attesa e visibilio prima di ogni illustre premiazione. Da una decina d’anni a questa parte anche noi videogiocatori abbiamo la nostra notte di gala, durante la quale vengono eletti i migliori giochi usciti nell’anno solare corrente. I The Game Awards sono infatti la cerimonia a cadenza annuale ideata e presentata da Geoff Keighley che assegna ogni dicembre le statuetta ai miglior videogame suddivisi per categorie, culminando poi con l’elezione del miglior titolo dell’anno in assoluto.
Fra i candidati quest’anno alla statuetta più ambita dei The Game Awards troviamo A Plague Tale: Requiem, Elden Ring, Horizon Forbidden West, Stray, Xenoblade Chronicles 3 e, naturalmente God of War Ragnarok.
Altri redattori di Game-eXperience si sono già espressi sulle proprie preferenze, descrivendo perché quello o quell’altro titolo dovrebbero portarsi a casa il titolo di “Game of the Year” ai The Game Awards. Se siete invece finiti su questo articolo capirete su quale gioco punterò i miei 10 cents in attesa del prossimo 8 dicembre. Ecco le motivazione per cui, secondo me, il titolo dei Santa Monica Studio è il candidato più forte per il titolo di Gioco dell’Anno.
Il rapporto padre/figlio narrato come mai prima d’ora
Il tema portante di God of War Ragnarok è senz’altro il rapporto padre/figlio fra Kratos e Atreus-Loki. Prima ancora di essere un ottima reinterpretazione libera della mitologia norrena, il titolo dei Santa Monica Studio è un avventura struggente all’interno della psicologia umana (o divina?) dal punto di vista di un genitore che vede la propria prole sfuggire dal proprio controllo, ma anche dal punto di vista dei figli stessi, spesso incompresi e ritenuti sempre inadeguati o non sufficientemente pronti.
Questo argomento è trattato a più riprese all’interno di God of War Ragnarok e non soltanto per quanto riguarda la coppia di protagonista. Chi ha portato a termine il primo capitolo saprà infatti delle vicende che coinvolgono Freya e il figlio Baldur, vicende che hanno pesanti ripercussioni in Ragnarok.
Insomma, da qualsiasi punto lo si guardi, God of War Ragnarok non racconta soltanto di Dei che amano fare a botte fra di loro, ma è la storia che lega qualsiasi padre a qualsiasi figlio. Non posso confermarlo di persona, ma sono certo che chi ha avuto la fortuna/sfortuna di diventare padre si rivedrà in molti dei pensieri, dei ragionamenti, delle paure e delle insicurezze che tormentano Kratos nel corso di tutta la sua avventura.
Del resto però siamo tutti figli, ed in quanto tali anche una figura così ribelle ma profondamente determinata come Atreus non può che suscitare empatia e compassione. Che sia l’arma vincente per accaparrarsi il titolo di GOTY?
Con il DualSense in mano senti il peso dell’ascia e delle catene
Senza voler sviscerare nuovamente tutti i pregi (ed i difetti) di God of War Ragnarok, sui quali si è già speso maniera davvero esaustiva ed approfondita il nostro Alessandro di Liberto nella recensione del gioco, vorrei dare il mio punto di vista strettamente personale sull’esperienza pad alla mano avuta con il titolo di Santa Monica Studio, e di come penso potrà giocare un ruolo chiave ai prossimi The Game Awards.
La punta di diamante di God of War Ragnarok è senz’altro il suo gameplay dinamico, articolato e ricco di soluzioni, in grado di combinare in maniera armonica due armi diametralmente opposte (ma ugualmente tamarre) come il Leviatano e le Lame del Caos, dando piena libertà al giocatore di sfoggiare le più spettacolari e devastanti combo.
La parte forse più bella dell’intero comparto ludico di God of War Ragnarok è la costante sensazione di avere realmente fra le mani una possente ascia o delle roventi catene in grado di affettare i nemici. La pesantezza voluta dei movimenti di Kratos – unita alle grida di battaglia del protagonista stesso – danno l’impressione di stare maneggiando le due iconiche armi. Grazie anche alle potenzialità del DualSense, come il feedback aptico, l’esperienza di gioco e il fattore immersività sono ulteriormente amplificati. Insomma, un ottimi modo per sfogare la rabbia nei momenti peggiori della giornata.
Nel derby con Horizon Forbidden West, God of War Ragnarok segna il gol vittoria
Il prossimo 8 dicembre durante la cerimonia dei The Game Awards si giocherà un derby importantissimo in casa SONY, quello che vedrà scontrarsi due fra le IP più iconiche dell’ultimo decennio: God of War e Horizon.
Horizon Zero Dawn, il primo capitolo della saga firmata Guerrilla Games, partecipò all’edizione 2017 dei The Game Awards come candidato al miglior titolo, salvo poi arrendersi nella votazione finale in favore del “divorapremi” The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Sorte ben più positiva invece per il primo God of War che ai The Game Awards del 2018 riuscì trionfare ottenendo il titolo di Gioco dell’anno a discapito proprio di un’altra IP Sony: Marvel’s Spider-Man.
Ancora una volta quindi, due titoli first party di casa SONY si contenderanno ai The Game Awards il premio più prestigioso e la storia potrebbe ripetersi. La formula schierata in campo da Santa Monica è certamente vincente, oserei dire anche più rispetto a quella di Horizon Forbidden West. Il sequel delle avventure di Aloy infatti, soffre in maniera molto più evidente della sua natura di “more of the same” rispetto a quelle del suo cugino spartano, proponendo di fatto una formula di gioco ed una trama molto simili a quelli del suo predecessore.
Se da un lato la Aloy di Forbidden West è messa quasi in secondo piano rispetto agli antagonisti di Far Zenith, qui in God of War Ragnarok il buon vecchio massacratore di Dei trova il proprio apice narrativo. Insomma, non ce ne vogliano Aloy e soci, ma la seconda stella per le avventure di Kratos e Atreus ai The Game Awards non sembra così remota.