Il 2023 è stato un anno di chiari segnali rivolti all’industria videoludica e provenienti anche dal suo interno. Baldur’s Gate 3 ha dimostrato che la pazienza è la virtù dei forti e che i titoli AAA hanno bisogno di molto tempo per uscire con la qualità tanto attesa dai giocatori, disposti a ripagare gli anni trascorsi nel silenzio con il giusto sostegno mediatico e monetario. Hi-Fi RUSH ha fatto ricordare la bellezza delle sorprese, dell’assenza di leak e dei lanci improvvisi. Dalla recensione di Redfall e da quella di Payday 3 si può notare come certi progetti abbiano evidenziato i problemi di ottimizzazione e di hype degli ultimi anni, mentre follie come l’enigmatico Cocoon e Alan Wake 2 hanno saputo meravigliare e fungere da bagliori di speranza. In questa annata altalenante, con la stessa andatura The Day Before si è fatto sentire, nel bene e nel male.
In meno di sei giorni il progetto firmato Fntastic ha distrutto il team di sviluppatori ed è stato ufficialmente bloccato nello store di Steam, dove ancora esiste ma non risulta acquistabile. Questa è una macchia destinata a rimanere indelebile nel settore? Cos’è successo per portare il titolo a questo triste destino? Cerchiamo di capirlo nella (non) recensione di The Day Before.
Fuori dall’hype
Un’infarinatura è doverosa al fine di inquadrare ciò che The Day Before prometteva di essere. Il tutto trova principio quasi tre anni fa, nel gennaio 2021, quando apparve il primo trailer su YouTube. “Troppo bello per essere vero”, diceva qualcuno. Già si parlava dell’impossibilità di assistere alla realizzazione di un videogioco così pulito, immenso, pronto a unire il meglio di due altri titoli survival, The Last of Us e The Division. Giocarlo, poi, sarebbe stato un “sogno erotico”.
Lo scetticismo al sentire discutere di un MMO open-world del calibro di un progetto AAA da un team mai notato prima d’allora è cresciuto celermente e non per motivi banali. Il video-trailer, curato da commenti e dialoghi dei giocatori in tempo reale, sembrava un sogno: grafica spettacolare grazie all’Unreal Engine 5, concept PvPvE desiderato da qualsiasi amante del genere, scenari distopici in ambientazioni suggestive e una New York immobile, da esplorare in un silenzio piuttosto pesante.
In pochi mesi divenne il gioco più atteso su Steam, per quanto il trailer sembrasse artificiale, congegnato appositamente per giocare sull’hype del pubblico. Chi è rimasto fuori dall’ondata di meraviglia ha resistito anche alla seconda “offensiva” del team di sviluppo Fntastic: un video-gameplay di 13 minuti tra orde di zombie, pick-up impantanati e looting selvaggio di una stazione di benzina abbandonata.
Quando un filmato è troppo curato e scenografico, il cuore auspica per il meglio e la ragione cerca di spegnere quella prospettiva particolarmente positiva. Se lo stupore eccede bisogna contenersi. Chi ce lo ha insegnato? Watch Dogs, lo stesso sopracitato The Division, o Cyberpunk 2077 più recentemente. Se la prima reazione è “Troppo bello per essere vero”, allora bisogna fermarsi, respirare a fondo e uscire dal vortice frenetico delle montature pubblicitarie.
Dopo semestri di silenzio e rinvii tra 2022 e 2023, il desiderio di tastare il “nuovo DayZ” stava contaminando Reddit, Discord, Steam e non solo. Nel mentre, i detrattori provavano a far percepire il cattivo odore emanato in questi lidi. Una pietanza riscaldata dal “giorno prima” venduta come piatto gourmet appena preparato. Le ragioni? Il caos per il trademark di “TheDayBefore” che ha rimosso il progetto da Steam e lo ha riportato nelle prime pagine degli outlet del settore, seguito da un altro trailer-gameplay pubblicato nel febbraio 2023, scarno e preoccupante.
Cosa (non) è The Day Before
L’epopea che ha visto protagonisti Eduard ed Aisen Gotovtsev, co-fondatori di Fntastic, doveva concludersi con l’uscita del gioco dopo le loro mille promesse. Il risultato, però, non è stato affatto quello sperato. Come le menti tanto dubitanti si aspettavano, The Day Before non è ciò che gli sviluppatori hanno mostrato al pubblico nei mesi e anni precedenti.
Anche noi nella nostra prova al debutto in “Early Access” abbiamo potuto riscontrare lampanti differenze tra video e gioco all’atto pratico. Non solo, ma il concept stesso del gioco è diverso rispetto quanto anticipato: non si tratta di un MMO survival open-world, bensì di un extraction shooter più vicino a Escape from Tarkov, solamente realizzato in maniera atroce.
Quando “scadente” è riduttivo
Senza alcuna idea distintiva, gli accenni di storia terribilmente noiosi e prevedibili in pochi minuti lasciano spazio ad animazioni spartane, accompagnate dall’assenza non solo di impostazioni, ma anche di controlli ed elementi basilari in uno sparatutto. Mancano il vaulting e la possibilità di distendersi, di rispondere con il corpo a corpo a nemici umani e zombie una volta terminati i proiettili, o persino di gestire l’inventario dividendo blocchi di loot e munizioni. Per non parlare, ad esempio, di medikit grandi che fanno recuperare tanta vita quanta i medikit medi.
Le missioni procedurali sono ridicole e il gameplay consiste, fondamentalmente, nell’accettare una missione, organizzare il proprio kit di armi e risorse, lanciarsi nella “New York” fittizia chiamata New Fortune City, e scappare. Sopravvivere? Senza zombie e con pochi nemici umani è fin troppo facile. Se si incontra un non-morto, bisogna essere fortunati con le hitbox e aspettare due secondi circa affinché il gioco registri il colpo.
Incoerenze di gameplay su tutta la linea che hanno richiesto, per di più, decine di minuti di attesa per provarle con mano. Per entrare in un server ben funzionante era necessario un miracolo, dati gli enigmatici problemi di connessione. Di otto proiettili sparati nella nostra prova, data la pressoché totale assenza di minacce, tre hanno fatto crashare The Day Before con un “Fatal Error”. Insomma, avete compreso a grandi linee la condizione del gioco.
I pochi barlumi interessanti, tra cui la possibilità di creare un proprio rifugio isolato con mobilio di vario genere e la tipologia di equipaggiamenti disponibili, hanno visto ogni loro possibilità di fiorire troncata da un Early Access a dir poco scadente, come chiunque abbia comprato il biglietto di ingresso per questo “spettacolo” ha potuto provare con mano.
Ammonizioni precedenti
Il team di Fntastic, a quattro giorni dal lancio, si è indubbiamente reso conto del fallimento di The Day Before. Non solo in termini finanziari, ma soprattutto ludici. “Ci scusiamo per non avere soddisfatto le vostre aspettative. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo ma, sfortunatamente, abbiamo sbagliato a valutare le nostre capacità”, hanno scritto nel comunicato ufficiale di chiusura dello studio.
Per Fntastic, però, non è un caso unico. Prima di The Day Before c’era Propnight, survival horror multigiocatore ispirato alla sempreverde modalità “Prop Hunt” di Garry’s Mod, pronto a competere con Dead by Daylight e, in seguito, abbandonato dagli sviluppatori nel 2023. Altrettanto famoso è il caso di The Wild Eight, altro survival-action promettente, apprezzato da una fanbase considerevole ma rovinato da fiumi di bug e una campagna poco coinvolgente, per poi finire nel dimenticatoio all’uscita dall’Early Access.
Quest’ultimo videogioco è anche la dimostrazione di una triste prassi truffaldina attuata da numerosi sviluppatori: cambiare il nome dello studio su Steam per provare a pulirsi da errori commessi in passato e riproporsi dinanzi ad ignari utenti come un team da tenere sott’occhio, dalle capacità considerevoli. L’esito finale è un’occasione sprecata, forse architettata sin dall’inizio, o che forse ha sovrastato la squadra di Fntastic a causa di un hype esagerato.
La leggerezza delle parole
Capita difatti che il pubblico e la stampa, o anche solo una delle due parti, esageri nel discutere su un videogioco ancora prima del rilascio. Certe volte ci si lascia andare a elogi eccessivi. In altri contesti, come il famigerato Abandoned di Hasan Kahraman e soci, si cercano eventuali riferimenti a grandi videogiochi e si fa leva su di essi per attirare click. Si tratta di logiche di mercato comprensibili, ma che illudono lo spettatore medio peggiorando la percezione dell’industria.
Non riguardano peraltro soltanto progetti indipendenti, bensì anche titoli con più risorse a disposizione, definiti “scam” dal giocatore medio per varie ragioni. Se nel caso di The Day Before lo stato stesso del gioco, assieme alla chiusura pressoché immediata dello studio, possono rendere lecito l’uso di tale appellativo, per Star Citizen – chiamato altrimenti da numerosi spettatori “Scam Citizen” – può essere più discutibile una volta valutata l’attuale condizione del progetto. Anche se, in tale contesto, rimane comunque doveroso parlare del consistente crowdfunding e delle promesse passate.
Qualcuno ha usato la medesima cattiveria in riferimento a Battlefield 2042, apprezzato maggiormente dalla community solo a due anni dal lancio, in seguito a innumerevoli patch per risolvere evidenti criticità e introdurre nuovi contenuti, in precedenza ritenuti assenti ma necessari sin dall’approdo nei negozi. Nei primi mesi abbiamo assistito a tentativi di rimborso su Steam nonostante il trascorrere delle due ore di gioco o di sette giorni dall’acquisto, a volte accettati e in altre rifiutati.
Per il consumatore e appassionato medio queste critiche sono giustificate dal pressappochismo e dalla noncuranza dei grandi nomi dell’industria. Il ruolo della stampa non va tuttavia sottovalutato: carenza di zelo nell’analisi tecnico-ludica di un gioco? Eccedenza nella copertura entusiasmante, ovvero creazione di un hype smisurato per motivi ignoti?
Dalle parole ai fatti
Ciò che si può trarre dall’intera questione The Day Before è che, anzitutto, non si tratta di un raro passo falso. Anzi, è solo una delle varie lezioni degli ultimi anni per il videogiocatore medio. Il mondo videoludico ci ha abituati male negli ultimi anni, o forse eravamo noi abituati troppo bene. La nostalgia, canaglia com’è, fa ritornare in mente i bei tempi della fu E3. Ma anche del couch co-op e della scoperta di nuovi titoli grazie al piccolo negozio di paese o alle rare visite in centro commerciale.
Oggi, nell’era della comunicazione veloce, fidarsi degli outlet è bene, non fidarsi è meglio. Bisogna saper distinguere tra “promozione” e riconoscimento oggettivo di pregi e difetti. Bisogna resistere alla FOMO (Fear Of Missing Out) e attendere i primi segnali soddisfacenti della bontà di un prodotto. Tutto ciò è necessario proprio in quanto il passaggio dalle belle parole ai fatti convincenti è più complesso di quanto si possa pensare e sperare. E dobbiamo convincercene il prima possibile.