The Chant è l’ultimo di una serie di “horror psicologici” che, da qualche anno a questa parte, stanno “infestando” il mondo console/PC, portando all’attenzione dei giocatori tutti avventure, principalmente story-driven, capaci di trasportarci, volta dopo volta, nei meandri della visione oscura dei vari creatori.
The Chant, opera prima dei canadesi Brass Token, non fa eccezione a questa regola, venendosi a configurare come un “Action-Adventure” in salsa horror la cui uscita, ben prossima al 31 Ottobre, notte delle streghe, promette di trascinarci in un mondo di orrori ed angosce psichedeliche, riuscendoci, va detto, purtroppo solo a fasi alterne. Ma scopriamone di più.
In The Chant impersoniamo Jess che, per far pace con un passato fatto di traumi e sofferenze, decide di recarsi su Glory Island da Maya, sua amica di infanzia, per intraprendere un percorso di rigenerazione spirituale che la aiuti ad estromettere, per via di preghiere veicolate attraverso un misterioso “canto”, le negatività che da tanti, troppi, anni oramai la sopraffaggono.
Durante la cerimonia mistico-religiosa, però, qualcosa va storto, e la rottura del cerchio di preghiera da parte di Maya, porterà all’apertura unilaterale di un portale dimensionale che permetterà a malefiche creature prismatiche di entrare nella nostra realtà, seminando morte e tormento tra i fedeli, la cui angelica apparenza inizia sempre più ad assomigliare a quella di cultisti senza scrupoli.
Toccherà dunque a noi, unici del gruppo a poter avere una interazione attiva con le creature che, dal varco dimensionale, hanno permeato la nostra realtà, porre fine al canto, al fine di ripristinare la suddivisione tra le dimensioni e di riportare ad una quotidiana “normalità” la vita su Glory Island.
Questo il canovaccio imbastito per giustificare la nostra peregrinazione nel mondo di gioco, una storia interessante ed apparentemente dotata di potenziale che lascia però il posto, nel corso del playthrough, ad una serie di cliché e stratagemmi narrativi ampiamente “telefonati” che fanno scendere ben presto l’attenzione del videogiocatore, lasciando l’amaro in bocca per la troppa, eccessiva, prevedibilità dell’arco narrativo, salvato solo in extremis da alcune trovate abbastanza illuminate.
The Chant: un horror molto old-school
La sopraccitata “peregrinazione” su Glory Island avverrà mediante i dettami della classica interazione ambientale, tipica di tutti gli horror psicologici, spostando il focus dell’interesse sul comparto action, mai troppo marcato ma, comunque presente. Vagabondando nel mondo di gioco ci troveremo, infatti, a dover affrontare, volta dopo volta, creature prismatiche sempre più ostiche e letali, scoprendo piano piano, mediante la raccolta di specifici collezionabili sotto forma di bobine video, la verità riguardo il piano di “recupero spirituale” facente capo a Tyler, ultima, ultimissima ruota di un carro composto di (oc)cultisti ben disposti a sacrificare vite umane al fine di soggiogare al loro volere la realtà prismatica proveniente dai varchi dimensionali.
Per avere ragione di queste entità paranormali, liberatesi a causa della interruzione del canto, dovremo utilizzare armi spirituali a corta e lunga gittata, armi che potremo ottenere combinando, mediante un sistema di crafting decisamente elementare ed immediato, diversi oggetti rivenuti, periodicamente (e con debita sufficienza) nel mondo di gioco. Nella versione PS5 da noi provata, inoltre, il supporto dei trigger adattivi permetterà di effettuare attacchi leggeri o pesanti a seconda della percentuale di pressione del tasto demandato.
Oltre a ciò, l’acquisizione di un sempre maggiore numero di elementi prismatici ci permetterà di padroneggiare alcune arti occulte, chiamate abilità prismatiche, grazie alle quali rallentare, repellere o danneggiare i nostri transdimensionali antagonisti. Fondamentale sarà, inoltre, il padroneggiamento della schivata (di primo e secondo livello) che, pur non conferendo, per via della “lentezza” delle fasi action, un dinamismo tipico dei vari souls, rappresenta una gradevole e funzionale aggiunta al combat system.
Essendo comunque una comune umana, con una psiche, tra l’altro, già provata da ferite pregresse non ancora sanate, il contatto con questa realtà dimensionale ci metterà alla prova tanto dal punto di vista fisico, quanto da quello mentale. Sarà nostro compito dunque cercare di mantenere tanto l’integrità fisica quanto, se possibile, quella mentale, trovando il modo di fuggire dai pericoli se in preda a crisi di panico.
Salute mentale e salute fisica saranno strettamente interconnesse
Per far ciò avremo a disposizione tre indicatori: salute mentale, salute fisica e salute spirituale. Sui prime due non credo ci sia molto da dire, l’indicatore della salute spirituale potrà, invece, essere utilizzato per ricaricare, mediante una fase di meditazione, la salute mentale. Sarà inoltre possibile raccogliere specifiche erbe, nel corso di tutto il playthrough, al fine di sanare gli eventuali deficit di cui sopra. L’indicatore di salute spirituale potrà, inoltre, essere utilizzato per disporre di abilità prismatiche, debitamente selezionabili dal menù contestuale.
L’utilizzo delle varie abilità (fisiche, mentali o spirituali) porterà all’avanzamento di indicatori di esperienza, indicatori grazie ai quali potremo potenziare Jess, permettendole di aumentare la resistenza a determinati attacchi, di incrementare la salute o, per esempio, di poter trasportare più erbe curative di un determinato tipo.
Graficamente The Chant svolge il compitino senza infamia né lode, portando a casa una sufficenza stiracchiata per via di modelli poligonali dei personaggi e del mondo di gioco che di next-gen han davvero poco.
Ed è appunto la natura “next-gen only” di questo prodotto che genera in me perplessità: al netto di una realizzazione tutto sommato accettabile, non ravviso né nei modelli poligonali, né negli effetti di luce presenti né, soprattutto, in peculiarità di gameplay applicate, alcun elemento che vada a giustificare la scelta di sviluppare solo sull’ultima generazione di macchine da gioco, essendo The Chant un prodotto che, a tutti gli effetti, avrei visto girare senza problemi di sorta anche su Xbox One e Playstation 4.
Buona, invece, la colonna sonora che ci accompagnerà nel corso delle nostre peregrinazioni, sottolineando debitamente i momenti salienti e di pericolo con apposite variazioni sul tema.
La recensione in breve
The Chant risulta essere un discreto horror di matrice action adventure, che vede, però, tarpate le sue ambizioni da una trama tutt’altro che memorabile, parzialmente ripetitiva ed abbastanza scontata nell’evoluzione. La componente action, ben tarata e realizzata, conferisce piacevolezza al gameplay, consegnandoci un prodotto che si lascia giocare, al netto di una realizzazione tecnica che ha poco di next-gen only. The Chant, comunque, fa il suo, divertendo ed intrattenendo, pur non apportando nulla di nuovo ad un genere molto inflazionato negli ultimi anni.
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Voto Game-Experience