A stretto giro dall’annuncio della remaster dei due capitoli di Shenmue, giunge sul mercato occidentale (a un anno di distanza da quello giapponese) l’ultimo capitolo della serie spiritualmente legata alla creatura di Yu Suzuki, ossia Yakuza. Il sesto gioco dedicato alle avventure di Kiryu Kazuma, meglio conosciuto come il Drago di Dojima, segna, purtroppo, la fine dell’esalogia sviluppata dallo studio Yakuza di SEGA, iniziata ben 13 anni fa su PS2, passata per PS3 e giunta ora su PS4. Al di là di un character design pazzesco e di un gameplay figlio di quello del sopracitato Shenmue, la forza di Yakuza risiede nella sua capacità di delineare con assoluta fedeltà non solo la mafia giapponese, ma il contesto sociale nel quale questo organismo vive e prolifera e le inevitabili interazioni che da ciò scaturiscono. Non a caso, Yakuza 6 è un episodio che parla di contrasti, soprattutto generazionali: in fondo il nostro Kiryu comincia ad avere qualche annetto sulle spalle.
La canzone della vita
Come dicevamo, Yakuza 6 è un episodio di rottura e Kiryu, yakuza leggendario ed ex patriarca del Tojo Clan, una delle famiglie mafiose più influenti del Giappone, è la bandiera di questo cambiamento. Dal suo addio alla malavita, il mondo della criminalità organizzata ha subito una metamorfosi, adattandosi all’evoluzione del contesto sociale del Giappone: la violenza è stata messa alla berlina e gli affari non si fanno più sul filo della prevaricazione e l’illegalità, ma si fondano su accordi raggiunti intorno a un tavolo. I pugni hanno lasciato il posto alla penna, arma ben più letale delle percosse con cui la Yakuza ha edificato il suo impero. Una strada, questa, percorribile solo in Giappone dove la malavita gestisce imprese e attività a proprio nome, paga le tasse ed è riconosciuta dallo stato. Un cambiamento che si rispecchia nelle parole del braccio destro del nuovo patriarca del Tojo Clan, rivolte a Kiryu in visita alla sua vecchia famiglia: “Si guadagna di più ad agire nella legalità. E noi ci siamo adattati.” Persino i tatuaggi, segno distintivo degli yakuza hanno iniziato a non trovare più spazio sulla pelle dei mafiosi, ora curati e privi di ferite: l’ennesimo ostacolo agli affari, un retaggio che deve essere abbandonato per il benessere della famiglia. Ma Kiryu, quasi cinquantenne (è nato nel 1968), è portavoce di un’altra cultura, di ideali come onore, rispetto e lealtà, codificati nel drago di inchiostro che scorre lungo la sua schiena.
Nonostante ora sia un semplice civile, dopo aver volontariamente deciso di non opporsi alle accuse mosse nei suoi confronti dalla polizia e aver scontato tre anni di carcere per ripulire definitivamente la sua fedina penale, continua a perpetuare tali valori utilizzando la violenza come extrema ratio: valori che ai suoi occhi sono assoluti ma che si scontrano con una realtà che non può essere distinta in bianco o nero, giusto o sbagliato. Non a caso le sue scelte sono impulsive e finiscono per generare conseguenze scontate che si ripercuotono sulle persone intorno a lui. Makoto Date, detective e amico di vecchia data di Kiryu, lo definisce scherzosamente come una mina vagante. Così, quando il protagonista decide di finire dietro le sbarre, non si preoccupa dei bambini che, insieme ad Haruka, la sua figlia putativa, accudisce nell’orfanotrofio che ha costruito sull’isola di Okinawa. Certo, tale scelta è stata dettata dalla volontà di non far ricadere i suoi errori e la sua reputazione sui ragazzi di cui si prende cura ma, di fatto, li abbandona a loro stessi. Ancora, quando si impunta per “salvare” dai servizi sociali il neonato che vediamo in sua compagnia nell’introduzione di Yakuza 6, nuovamente non tiene conto delle ripercussioni che questa sua scelta potrebbe avere sugli orfani: il tanfo della Yakuza che lo ha portato a chiudersi in carcere sembra, ai suoi occhi, socialmente meno accettabile di un’accusa di rapitore di bambini. Certo, anche qui la sua preoccupazione nei confronti del neonato è del tutto lecita visto che, essendo cresciuto in un orfanotrofio anche lui, conosce bene le difficoltà a cui andrebbe incontro l’infante se venisse affidato allo Stato ma, di nuovo, impone alle persone che cercano di dissuaderlo la sua visione assolutista della realtà, in cui non c’è spazio per contrattazioni o piani di riserva.
Tutto ciò lo porta troppo spesso a ricorrere alle mani, l’unico strumento che considera risolutivo di ogni questione e che lo Yakuza Team ha utilizzato per frammentare le lunghe sessioni di intermezzo che animano la componente narrativa del titolo. I dialoghi dal canto loro sono la parte scritta di un vero e proprio trattato sulla società giapponese, avvincenti e con i giusti tempi comici, resi ancora più dirompenti dalle impressionanti animazioni facciali dei personaggi: alle volte è davvero difficile distinguere tra realtà e finzione, grazie anche alla nuova versione del Dragon Engine realizzata appositamente per Yakuza 6. Sensazione, questa, che viene accentuata dalla presenza sullo schermo di un capo famiglia davvero particolare, foggiato sulla figura del noto attore/regista giapponese Takeshi “Beat” Kitano a cui, tra l’altro, questi presta la propria voce. A dispetto dell’importanza che ci si potrebbe aspettare da un personaggio di questo calibro all’interno della produzione, parliamo comunque di una figura di contorno, al pari delle altre che si muovono sullo schermo dato che, in questo episodio, l’unico vero protagonista è Kazuma Kiryu, intento a cercare Haruka, scomparsa qualche mese dopo sua la carcerazione. Non vi è molto spazio per le storie dei comprimari e tutto ruota intorno al Drago di Dojima, scelta doverosa trattandosi del capitolo conclusivo delle sue vicende.
Il viaggio di ricerca intrapreso dal nostro eroe lo porterà nuovamente a Kamurocho, quartiere a luci rosse di Tokyo che, grazie anche al sopracitato motore grafico, è diventato ancor più caotico e vitale rispetto al passato: le strade pullulano di pendolari e salary man che, al calar del sole, si rintanano nel quartiere alla ricerca di svago e divertimento dalla frenesia che caratterizza le loro vite. Kamurocho, fredda e indistinguibile durante il giorno, si trasforma con la notte in una bolla di luci al neon che camuffa il grigiore di uffici e palazzi. Il merito è indubbiamente riconducibile al Dragon Engine che, tra l’altro, ha consentito di eliminare quasi del tutto i fastidiosi tempi di caricamento che caratterizzavano tanto gli scontri quanto l’esplorazione della città: uscire ed entrare in un konbini ad esempio, richiedeva l’attesa di qualche secondo; ora tutto è fluido e immediato. Inoltre, il nuovo motore grafico ha consentito allo Yakuza Team di introdurre anche una visuale in prima persona durante le fasi esplorative. Oltre a Kamurocho, in Yakuza 6 avremo modo di mettere piede a Onomichi, un altro quartiere questa volta però situato sulla costa di Hiroshima e popolato da una comunità prevalentemente di pescatori. Le differenze qui sono estremamente marcate rispetto al quartiere a luci rosse di Tokyo e l’atmosfera che si respira ha quasi il sapore della ruralità.
Insomma, “cambiamento” è la parola d’ordine di Yakuza 6 e lo si può intuire fin dal sottotitolo del gioco, “The Song of Life”. In una serie dove la morte ha sempre avuto un ruolo preponderante, questo capitolo pone in primo piano invece proprio la vita, quella del neonato Haruto che vediamo Kiryu portare con sé in un flashforward all’inizio del gioco. Il Drago di Dojima veste i panni del padre premuroso, cambia pannolini e correre a tarda notte alla ricerca del latte in polvere per sfamare il bimbo, esternando così, sotto una luce differente, quel senso di responsabilità che ha sempre posseduto e lo ha sempre caratterizzato. Certo, non è un padre modello, soprattutto quando, per andare in giro a fare scazzottate, affida Haruto alle cure di persone appena conosciute, ma l’affetto che prova nei suoi confronti è sincero e traspare dai piccoli gesti e dalle attenzioni che rivolge al piccolo. Purtroppo non posso dilungarmi oltre su questo punto, per evitare spoiler.
Chi non scazzotta in compagnia…
Se è vero che la Yakuza ha intrapreso un percorso di rinnovamento, è anche vero che le strade di Kamurocho e Onimichi sono costellate da piccoli criminali che non vedono l’ora di scambiare quattro chiacchiere a suon di pugni con il nostro Kiryu. Il sistema di combattimento di Yakuza 6 ha completamente abbandonato la suddivisione in stili che caratterizzava i precedenti capitoli e sceglie un approccio molto più classico, ma non per questo meno divertente. Anzi, i colpi del protagonista in questo capitolo sono molto più pesanti e sembra quasi di riuscire a sentirli mentre si infrangono sul volto del malcapitato di turno. Come sempre un ruolo preponderante viene affidato ai punti esperienza (divisi in cinque tipologie), attraverso cui è possibile potenziare le statistiche di Kiryu e apprendere nuove tecniche, non solo di lotta: alcune di queste, ad esempio, consentono di migliorare la parlantina e la capacità di approccio con l’altro sesso. E qui, è il caso di spendere qualche parola sulle decine di attività (vecchie e nuove) che si possono svolgere in questo Yakuza e che si affiancano alle immancabili quest secondarie. Come da tradizione a Kamurocho è possibile dedicarsi al Karaoke, migliorare la propria battuta a baseball, intrattenersi con qualche bella donna, iniziare una live chat in un internet cafè con ragazze disinibite e passare ore in sala giochi. In questo capitolo, per la prima volta sono stati introdotti dei veri e propri videogiochi, versioni arcade complete che è possibile persino giocare in multiplayer locale come Puyo Puyo o Virtua Fighter 5 Final Showdown. Queste, ovviamente, sono soltanto alcune delle attività che è possibile intraprendere e la cui funzione principale, oltre che di intrattenere, è quella di costruire una rappresentazione il più credibile della quotidianità. La serie Yakuza e in particolare questo episodio, infatti, non sono solo una lunga sequela di cutscene e scazzottate, ma anche e soprattutto una ricostruzione della routine giornaliera, fatta di impegni, svago, hobby da coltivare e di commissioni da sbrigare per le strade della città, magari finendo così per imbattersi in qualche collezionabile o in un passante che necessita di aiuto. In tal senso molto interessante è l’introduzione del social Troublr da cui, direttamente dallo smartphone di Kiryu, riceveremo comunicazioni sui crimini minori perpetrati in città. Poi, potremo decidere di intervenire oppure no, a seconda del caso.
L’importanza del passato
Nonostante si tratti del capitolo conclusivo di una serie iniziata nel 2005, Yakuza 6 viene incontro anche ai giocatori dell’ultima ora che non conoscono gli eventi pregressi narrati negli altri episodi. Oltre a una comoda sinossi della storia suddivisa in capitoli e accessibile dal menù principale, Sega ha messo a disposizione degli utenti anche un sito web nel quale vengono riportate le schede e le descrizioni di ogni personaggio. La software house giapponese è infatti ben conscia della necessità di conoscere gli eventi passati che hanno caratterizzato la vita di Kazuma Kiryu per poter analizzare e comprendere a pieno l’evoluzione del protagonista e dei suoi numerosi compagni di viaggio. Quindi, prima di buttarvi nell’azione, vi consiglio caldamente di fare un piccolo ripasso della storia di Yakuza, così da non perdervi nulla di questa incredibile esperienza.
Versione testata: Xbox One
Versioni disponibili: PlayStation 4, Xbox One, PC
La recensione in breve
-
Voto Game-Experience