Sino a qualche anno fa Shenmue 3 faceva parte di quelle chimere videoludiche che tutti davano per impossibili, al pari di Half-Life 3. Eppure Yu Suzuki è riuscito a concretizzarlo attraverso mille difficoltà economiche e un passaggio su Kickstarter per raccogliere almeno in parte i fondi necessari. E in un certo senso uscire a queste condizioni rimette in mano alla serie un primato, in quanto se vent’anni fa Shenmue era il blockbuster con i più alti valori produttivi del mercato dei tripla-A di allora, oggi invece ricopre lo stesso ruolo per la scena indie, in quanto sviluppato con i fondi equiparabili a quelli di una piccola produzione.
L’urlo del drago
Valutare Shenmue 3 come un concorrente dei titoli tripla-A sulla produzione infatti inappropriato, proprio perché il titolo è stato finanziato con una raccolta fondi sostenuta dai fan. Dietro questo progetto non soltanto non ci sono grandi case miliardarie abituate a versare fiumi di denaro in sviluppo e promozione, ma neppure un editore di media grandezza come Sega. Yu Suzuki pertanto ha lavorato alle stesse condizioni di uno studio indipendente, ma dimostrando di riuscire ad ottimizzare al massimo quel poco di cui disponeva, cosa non da poco in un settore dove spesso non ci sono soluzioni al risparmio. Tuttavia Shenmue 3 nel 2019 non è soltanto un titolo rivolto ai fan e, al netto della sua umile forma, riesce ad esprimere alcuni concetti di game design fortemente innovativi e inserirli in un mondo di gioco dotato di un’atmosfera unica e suggestiva. La storia di Ryo Hazuki infatti prosegue nella sua caccia all’assassino del padre, quello stesso Lan Di che un giorno fece irruzione nel dojo di famiglia uccidendo a mani nude il genitore pur di farsi consegnare un enigmatico manufatto antico. Il viaggio è diventato quindi un inseguimento, ma anche un’avventura nel corso della quale migliorarsi come esperto di arti marziali, traghettando dall’adolescenza all’età adulta sotto il pesante fardello del desiderio di vendetta. Shenmue è quindi a metà strada tra un film di arti marziali e un racconto di vita, presentandoci un personaggio che impariamo a conoscere non solo dalle sue gesta più clamorose, ma anche dal suo vivere quotidiano, in cui relazionarsi anche con individui estranei al suo regolamento di conti.
Le scaglie del drago
Graficamente i risultati raggiunti sono altalenanti e questo è un punto che sicuramente va trattato per mettere in chiaro i limiti tecnici a scanso di equivoci. L’Unreal Engine è sfruttato in modo più che egregio per quanto riguarda la creazione dei fondali, del mondo e nel tratteggiare tutte le ambientazioni. Gli scenari ricreano la campagna cinese, i villaggi o i covi loschi della malavita con una buona quantità di dettagli, dei passaggi di chiaroscuro decisamente suggestivi sia nell’illuminazione in sè che nella transizione tra notte e giorno. La direzione artistica in questo punto è ottima, tratteggiando un insieme molto gradevole, potenziato ulteriormente da una colonna sonora di qualità. Discorso a parte per animazioni e modelli poligonali dei personaggi. Le prime infatti risultano rigide e poco fluide, i secondi invece eccedono nell’essere troppo semplici, forse per omaggiare i capitoli precedenti e non segnare un distacco stilistico troppo marcato, finendo per avere un sapore troppo asciutto e retrò. Il risultato complessivo è quindi ambivalente. Da un lato c’è un’atmosfera incredibile e avvolgente, dall’altro qualcosa di ruvido. Nella giocabilità Shenmue 3 però regge il colpo molto bene, anzi, riesce persino a portare avanti un discorso iniziato vent’anni fa, ma che nessuno in un mercato di Tripla-A con fondi faraonici alle spalle è stato capace di replicare. L’approccio al free roaming infatti si mantiene estremamente innovativo per il modo in cui l’esplorazione viene gestita e per come viene costruito l’intero mondo. Nel gioco sono difatti presenti molteplici attività secondarie, le quali finiscono per risultare non solo necessarie, ma perfettamente integrabili sulle missioni principali, creando quindi una progressione dove le azioni secondarie non risultano slegate dal contesto o superflue, ma perfettamente logiche. Ryo infatti dovrà combattere numerosi nemici e cercare informazioni su Lan Di come scopo principale, tuttavia per farcela sarà necessario mantenersi con un lavoro (espletabile tramite dei mini-giochi) e soddisfare una serie di necessità pratiche, come nutrirsi, per mantenere alta la barra di resistenza con cui allenarsi e migliorare la bravura nelle arti marziali. Di conseguenza, tradotto in termini di gioco, per battere i boss bisogna imparare nuove mosse, per cui bisogna allenarsi, per allenarsi è indispensabile stare in forze, le quali si ottengono dal cibo, per comprare le pietanze si deve lavorare, nei quali dedicarsi ad attività secondarie. Si crea quindi una specie di sequenza molto naturale, che collega missioni primarie e subordinate senza creare quello stacco innaturale che sovente invece si riscontra in altri giochi.
La coda del drago
Altro elemento distintivo sono i personaggi non giocabili, i quali seguono minuziosamente un ciclo autonomo, per cui si dedicano a determinati compiti o si trovano in determinati punti della mappa a seconda dell’orario e di quella che è la loro funzione. Il loro ruolo non è mai casuale e dovuto al semplice riempimento di uno spazio vuoto (come avviene in un Assassin’s Creed a caso), e se ne possono seguire le azioni in quella che è la riproduzione davvero realistica e pulsante di un mondo dotato di vita propria, anche a prescindere dall’interazione del giocatore. Un aspetto che contribuisce alla grande atmosfera e anche alla gestione del free roaming, creando un’alternanza di giorno/notte che incide nelle attività del giocatore scandendo intelligentemente anche la sequenza di attività da svolgere. Nella gestione di queste routine c’è a volte qualche paletto di troppo che finisce per imporre un ritmo forse troppo dilatato in alcuni passaggi, magari non adatti a chi vuole un’azione più concentrata e sostenuta. La progressione comunque mescola molto bene attività di svariato tipo che vanno dal combattimento ai mini-giochi, a fasi investigative, esplorazione e lavori o quick time event.
Le zanne del drago
Il sistema di combattimento ricalca le basi di un picchiauro tridimensionale, ma semplificando alcuni passaggi per renderlo immediato e adatto a tutti. Molte combo sono memorizzabili e le battaglie non richiedono un’esecuzione manuale particolare, quanto una semplice attenzione a cosa eseguire al momento giusto. Lo sviluppo di Ryo sotto questo versante inoltre sottolinea un’altra interessante peculiarità di Shenmue, ovvero il gestire il potenziamento del personaggio in un determinato campo non da un accumulo banale di punti, ma dallo svolgere esattamente l’azione propedeutica a migliorare ciò che si vuole fare.
Un metodo simile a Kingdom Come: Deliverance, dove se si voleva migliorare il combattimento bisognava combattere, mentre se si voleva migliorare la lettura bisognava leggere. Una cosa logica, eppure sorprendente nello scenario videoludico degli ultimi vent’anni, in cui solitamente il game design intende il potenziamento in modo pigro, tramite la banale spesa o accumulo di punti esperienza con attività spesso completamente scollegate da ciò che si va a migliorare. Shenmue 3 da questo punto risulta quindi estremamente fresco, capace di proporre un tipo di free roaming e adventure che sfocia quasi nel simulatore di vita e che non ha paragoni in un mercato che è solito intendere i free roaming in modo molto più banale.
PRO
- Gestione del free roaming più coesa e meno dispersiva rispetto i titoli tripla-A abituali
- Ambientazione molto suggestiva
CONTRO
- Comparto tecnico altalenante e animazioni troppo rigide
- Sistema di combattimento un pò troppo semplificato per renderlo più accessibile
Versione provata: Playstation 4
Disponibile su: PlayStation 4, PC
Su Game-eXperience.it trovate anche la recensione di Shenmue 1 & 2 HD, la remastered dei primi due capitoli della saga creata da Yu Suzuki