Il PlayStation Showcase di Sony, che dopo tanto tempo si è finalmente tenuto nella serata del 24 maggio, ci ha dato di nuovo una grande lezione: non farsi troppe aspettative. Ma non nel senso di abbassare gli standard qualitativi, questo no. Abbiamo già letto di utenti spaventati da Fairgames e Concord nonostante non si sia ancora visto un singolo millisecondo di gameplay e non si conosca del tutto la loro natura, e questo è tutto dire. Certo, sembra abbastanza semplice prendere in giro Foamstars, lo Splatoon di Square Enix, ma tant’è. Buona parte del pubblico si è espressa in merito allo showcase, e il parere generale è abbastanza negativo. Ma siamo davvero sicuri che la colpa non sia nei castelli di carte che abbiamo costruito nelle nostre teste?
Prima di tutto, SÌ, è verissimo: era lecito aspettarsi qualcosa di più, per come l’evento ci era stato presentato. Jim Ryan, l’uomo che si è schierato in prima linea negli ultimi mesi per difendere il suo brand, aveva parlato del PS Showcase come l’evento che avrebbe definito il futuro di PlayStation. A posteriori, possiamo dire che questa affermazione era vera, anche se più che altri si è parlato del futuro prossimo di PS5 e PS VR2 – quest’ultimo merita un discorso a parte, per la poca consistenza col quale è stato proposto – senza proiettarsi troppo in là nel futuro. Sono mancati poi elementi imprescindibili, come la data di lancio di Marvel’s Spider-Man 2, o anche la presenza di The Last of Us Factions che ormai tutti davamo per scontata.
Ed è probabilmente qui che nasce il malcontento diffuso da parte di una buona fetta dell’utenza, fin troppo abituata a vedersi gettare fumo negli occhi. Una pratica di questo tipo è utile? Sì, anche se con i suoi risvolti negativi. Una pratica di questo tipo è ancora nelle corde delle grandi aziende? Direi proprio di no.
La comunicazione è cambiata
C’è una grande verità dietro non solo il PlayStation Showcase di ieri sera, ma anche al Nintendo Direct di febbraio, al Developer Direct di Xbox del mese prima, e a molti eventi del recente passato: il tempo delle conferenze esplosive è finito. Ricordate il famoso E3 2016 di Sony, un evento a dir poco memorabile nel quale PlayStation sconvolse l’industria con una raffica di annunci tra God of War, Days Gone, Death Stranding, Crash Bandicoot e Marvel’s Spider-Man? Ecco, l’impressione è che uno showcase di questo tipo non arriverà mai più, ora che tutti i publisher, salvo rarissime eccezioni, stanno seguendo una rigorosa strategia attendista.
E attenzione, chi scrive lo fa con il cuore in mano, ricordando quanto era bello quel momento dell’anno, il momento dell’E3, nel quale tutto il mondo dell’intrattenimento si focalizzava sulla kermesse di Los Angeles per vedere cosa i big three dell’industria avessero in serbo. Abbasso la console war, però che bello era vedere Sony, Nintendo e Microsoft rispondersi a distanza di poche ora l’una dall’altra con bombe continue, in un mercato che guardava sempre al futuro. Vuoi un motivo per acquistare la mia console? Ecco cosa potrai giocare nei prossimi 3 anni, solo ed esclusivamente qui. Questo era il modo di comunicare, prima che tutto cambiasse. Perché quello che sembra dominare oggi, in tutti i publisher, è la paura di finire in una shitstorm mediatica.
Soprattutto a partire dalla pandemia, lo sviluppo dei videogiochi si è trasformato in un’auto che percorre una strada irta di pericoli andando avanti con estrema cautela, quando prima la parola d’ordine era invece superare i limiti di velocità anche a rischio di prendere qualche multa o prendere una buca che devasta il semiasse. Inutile rimarcare ancora una volta il caso di Cyberpunk 2077. O di Redfall. O di quell’un tempo carro armato chiamato Ubisoft che nell’ultimo lustro si è impantanato in una palude profonda e velenosa, tra uno Skull and Bones che sta succhiando soldi peggio di un’idrovora e un remake di Prince of Persia che si è trasformato in una “barzelletta” continua.
I big three dell’industria si trovano ora in un momento delicato. Nintendo si sta preparando alla sua prossima console, Microsoft se ne strasbatte le giberna degli hardware e ora guarda solo ai servizi, mentre Sony vuole consolidare i suoi numeri. Eppure, nessuna delle tre sembra capace di sganciare nomi esplosivi. Sony, addirittura, sembra voler tenere nascosti Naughty Dog, Sucker Punch, Bend Studio e altri suoi nomi di spicco, in attesa di tempi migliori. E proprio gli esempi sopraccitati, da Cyberpunk a Skull and Bones, potrebbero essere la chiave di lettura per capire i motivi di questa prolungata attesa, proprio come se Sony stesse aspettando di avere tra le mani un prodotto completo prima di pubblicizzarlo per evitare figuracce alla Star Wars: Knights of the Old Republic, desaparecido da anni e sempre più vicino alla deflagrazione.
Lo stesso vale evidentemente per la data del ritorno di Peter Parker e Miles Morales. Manca poco, la finestra autunnale è confermata, ma meglio evitare di annunciare una data per ottobre, tanto per dirne una, e ritrovarsi poi a doverla posticipare di cinque o sei settimane poco dopo. Lo sapete anche voi quanto è rompiscatole il popolo dell’internet su queste questioni. Guardiamo Xbox con i suoi Avowed, Fable, Everwild e Hellblade 2: dove sono finiti? Quando escono? Bellissime idee, progetti molto interessanti, ma sono passati anni e anni dal loro annuncio. Il pubblico rumoreggia e Phil Spencer, specie dopo gli ultimi avvenimenti, si sta probabilmente mangiando le mani per aver anticipato così tanto l’annuncio di questi titoli. Discorsi simili si potrebbero fare per Silent Hill 2 e Death Stranding 2, ma non è poi passato così tanto dal loro reveal, a conti fatti.
I leak hanno frantumato le aspettative (e non solo quelle)
E poi, ovviamente, c’è il problema dei leak. Specialmente negli ultimi anni abbiamo assistito a un’ondata continua, incessante e massacrante di leak, rumor e indiscrezioni, che finiscono col rovinare gli eventi come il PlayStation Showcase in due sensi. Il primo è che, se le scalette trapelate si rivelano veritiere, gli utenti affermano che ormai si sapeva già tutto e l’evento si poteva tranquillamente evitare. Al contrario, se le scalette fantascientifiche con Bloodborne 2, GTA 6 e Metal Gear Solid 3 Remake si riducono a leak fasulli, il giocatore medio automaticamente si ritrova deluso di fronte a ciò che viene mostrato.
Ecco, prendiamo proprio il reveal di Metal Gear Solid Delta, il remake di MGS3 ufficializzato da Konami ieri sera. Se ne parla da mesi, anzi da anni circolano voci su questo progetto, e ieri, nel momento in cui è stato annunciato, è solo scappato un timido sorriso, di fronte a un reveal che ormai chiunque dava per scontato di fronte alla mole di informazioni precedenti. Immaginate ora uno scenario in cui il PS Showcase non fosse stato rovinato da questo leak. Forse non sarebbe bastato a salvare la reputazione dell’evento, ma certo l’annuncio del ritorno di Big Boss avrebbe fatto tremare le sedie di molti. Ed è anche e soprattutto per colpa di ciò se le novità vere e proprie a un evento diminuiscono, lasciando spazio spesso a piccoli progetti di cui, mediaticamente parlando, non interessa a nessuno. Anche l’annuncio di Project Q, di certo molto meno rumoroso, è stato comunque anticipato nei mesi scorsi. Nessuna novità. Solo conferme di una cosa che tutti sapevamo.
La strategia comunicativa funziona? Difficile da dire, e non possiamo certo pronunciarci noi. L’idea però che sia Sony che Microsoft si stiano auto-danneggiando con eventi molto al di sotto degli standard del passato, in qualche maniera, c’è sempre. Sembra quasi che manchi sempre la voglia di stupire ed entusiasmare. Da un lato abbiamo una compagnia che domina il mercato, ma si rifiuta di farci capire cosa abbia in serbo per il secondo atto del ciclo vitale di PS5, cosa che nella passata generazione avrebbe fatto senza scrupoli. Dall’altra un brand che vuole continuamente fare il salto, vuole esplodere, eppure manca sempre l’occasione finale, colpa anche di una pubblicità inesistente e di casi come Redfall. Un po’ di fumo negli occhi, mostrando giochi in uscita nel 2025 o oltre, se vuoi vendere i tuoi prodotti, serve eccome. Ma il mercato di oggi è talmente imprevedibile e soggetto a cambiamenti, che accontentare tutti sembra sia diventata un’impresa.