Con MLB The Show 22 si torna sul diamante in grande stile. Ma, che ci piaccia o no, è esattamente lo stesso stile della passata stagione.
Lo ammetto, non sono mai stato un grande appassionato di baseball. Pur essendo un discreto estimatore degli sport americani (NBA nel cuore, SuperBowl non si tocca e NHL che spasso), la sempre tanto amata MBL che negli Stati Uniti miete proseliti come la peste bubbonica, per lungo tempo, mi ha lasciato freddo e indifferente – vuoi perché quello sport non mi ha mai incuriosito così tanto, vuoi perché delle relative regole non c’ho mai capito la proverbiale acca. Fortuna vuole che esistano i videogiochi – dove non arriva la forza di volontà, molto spesso, arriva un pad – e l’aver visto per anni le copertine di MLB The Show del team di San Diego Studios praticamente ovunque un minimo di curiosità alla fine me l’ha messa. Dopo un paio di iterazioni giocate in esclusiva su PlayStation non posso certo affermare d’essere un asso del diamante, quello no, ma con un minimo d’orgoglio personale penso d’aver raggiunto il livello ambito di “discreta pippa”. Che è esattamente quello con cui, in queste settimane, ho affrontato le sfide di MLB The Show 22, ultima iterazione del secolar franchise, divenuta dallo scorso anno IP multipiattaforma per PS5 e, ovviamente, Xbox One e Series X|S (compreso nel Game Pass) e Switch.
Squadra che vince non si cambia
È bene chiarire da subito un punto importante: chiunque ami il baseball e, per qualche strano motivo, si avvicini per la prima volta al franchise, può tranquillamente smettere di leggere da qui in avanti, consapevole del fatto che non esiste nell’attuale mercato un titolo più dettagliato, preciso, giocabile e curato di MLB The Show 22. Nel suddetto pacchetto troverà un ottimo set di modalità da gioco, tutti i beniamini del Diamante (tra cui, ancora una volta, campeggia quel faccione di Shōhei Ōtani), un set di meccaniche che funzionano con tutti i crismi e il pretesto per chiudesti in casa, accendere il ventilatore e dire addio alla propria vita sociale da qui al duemilaemai. Perché, detto facile facile, MLB The Show 22, per uno che incontra per la prima volta l’operato di San Diego Studios, è il nirvana di palle e mazza.
Discorso ragionevolmente diverso per chi, come chi vi scrive, bazzica nel giro da una manciata d’anni (pur, lo ripeto, non essendo un fan sfegatato della disciplina) o per chiunque segua il franchise dai propri albori. E il motivo è parimenti semplice, purtroppo: le differenze dalla versione 2021, al netto dell’ingresso di Switch tra le piattaforme d’elezione, l’introduzione di un’ottima telecronaca in lingua inglese e di una nuova modalità cooperativa online 2vs2 o 3vs3, sono così minimali – anche in termini di mera grafica – da far venire in più di qualche occasione il dubbio che sì, siamo sicuri d’aver caricato l’ultima versione? Sia chiaro, e vale davvero la pena sottolinearlo: non stiamo dicendo che MLB The Show 22 non sia quella mezza bomba che all’atto pratico dimostra davvero d’essere. Semplicemente, la politica conservativa del team di sviluppo, alla lunga, potrebbe rivelarsi controproducente per la frangia di fan più estremi – che, come successo altre volte parlando di titoli calcistici, tende a non perdonare facilmente questi scivoloni. Perché è vero che squadra che vince non si cambia, ma quando di mezzo ci sono le leggi del mercato beh, la partita può riservare sorprese poco piacevoli.
Una partita dall’esito scontato…
Questa doverosa premessa è dunque rivolta ad un habitué del franchise interessato all’acquisto di MLB The Show 22: vale la pena investire una settantina di euro per un titolo che, stringi stringi, offre pochissimo in più rispetto alla passata stagione in termini di modalità di gioco, e che va persino a rimodellare alcune delle meccaniche storicamente più apprezzate (come la battuta tramite stick analogico)? La risposta è come sempre soggettiva, ma – lato nostro – indosseremo per qualche paragrafo gli abiti del neofita analizzando cosa il menù 2022 abbia da offrire. E credeteci, difficile chiedere di più all’ultimo nato di San Diego. Il tutorial è estremamente esaustivo, e permette di prendere pratica rapidamente con termini specifici, regole e amenità di varia natura che caratterizzano gli “atleti dagli abiti buffi” che duellano all’interno del diamante. Il gameplay è stratificato quel tanto che basta a dare un profumo arcade ai primi inning, per poi presentare con attenzione e delicatezza le prime difficoltà, fino a modellarsi man mano per esplodere nella sua forma perfetta. Una giocabilità che, in sintesi, si adatta davvero ad un pubblico vastissimo, senza mai cadere nell’eccessiva banalità (anche a costo di abbassare al minimo il livello i difficoltà) o, al contrario, offrendo un livello di sfida ragionato e reale anche per gli utenti più smaliziati e allenati. La presenza di una modalità a difficoltà automatica, sotto questa luce, è un’autentica manna dal cielo: in base alle performance del giocatore si andrà a modellare progressivamente, modellando i vari parametri di gioco in modo opportuno per garantire un bilanciamento dell’esperienza quanto più godibile possibile. E se ve lo dice uno di livello “discreta pippa” che funziona, tutto sommato, potete fidarvi a occhi chiusi.
Tutti in campo con Shōhei Ōtani
Le modalità di gioco, invariate rispetto allo scorso anno al netto della coop di cui parleremo a breve, offrono comunque più di quanto necessario all’isolamento prolungato. Torna la Diamond Dinasty, l’equivalente di FUT in salsa MLB che permette al giocatore di schierare sul diamante il proprio Dream Team – sia recente, sia preso in prestito dalla Hall of Fame del passato. La magia dello scartare pacchetti richiederà il completamento di svariate missioni unito al giusto pizzico di fortuna: pur non avendo lo stesso clamore della cugina calcistica, Diamond Dinasty riesce comunque nel proprio intento. In più è cross-play, quindi foste così innamorati da voler una versione da salotto e una Switch, che grazie alla sua mobilità aggiunge un valore non indifferente beh, potete dormire sogni sereni.
Torna anche la Road to The Show, immancabile presenza del brand che, in questa nuova iterazione, ricalca in modo forse troppo evidente quanto visto nella passata stagione. La premessa è immutata, e ruota attorno al percorso di consacrazione della giovane star del baseball che, da last pick del draft, si troverà catapultato dai campionati inferiori al cuore della MBL pronto a riscriverne la storia. Se dunque ok, difficile aspettarsi qualcosa di diverso (ovviamente entro certi limiti), è decisamente più fastidioso notare come la ripetitività marcata della versione passata caratterizzi anche MLB The Show 2022: l’opzione di vivere soltanto le azioni che coinvolgono il nostro giocatore, da quest’anno, è l’unica alternativa possibile e rende più snella la progressione ludica e narrativa, ma la riproposizione evidente di meccaniche, minigame e quant’altro, sicuramente, non giova all’esperienza complessiva.
Per il resto, l’offerta di MLB The Show 22 è strutturata in modo da garantire sia partite intense di durata sostenuta, che superano tranquillamente la mezz’ora per incontro, sia diversivi più veloci ideali per match mordi e fuggi quando il tempo non gioca a nostro vantaggio. Dalle classiche esibizioni off/online a Franchise (la classica modalità che ci metterà alla guida della nostra squadra preferita per tutta la durata della lega), dalla March to October (una serie di partite per guadagnarsi l’ingresso alle Word Series) alla Challenge of the Week, passando per Moments (una modalità molto interessante, che permette di rivivere i momenti e le partite più iconiche della storia dell’MBL) o per Home Run Derby (in sintesi, chi fa più fuoricampo vince), di divertissement sul tema principale non ne mancano affatto. Sia che siate alla ricerca della sfida tattica e studiata sino all’ultima mossa, sia che quello che vi serva è un viatico per staccare i pensieri e prendere a mazzate un discreto quantitativo di palle.
Last but not least, la modalità coop online 2vs2 e 3vs3. Si tratta sicuramente di una new entry attesa, chiacchierata almeno dalla passata edizione e, finalmente, disponibile in MLB The Show 22. Nel corso delle nostre prove è emerso un matchmaking preciso, che ci ha permesso di prendere parte a incontri veloci e gradevoli, ideali per spezzare il ritmo delle stagioni più impegnative. A prescindere dal numero di persone coinvolte nel match, i giocatori di ciascuna squadra si alterneranno al turno di battuta, optando invece per una strategia fissa (un giocatore ai lanci, i restanti al fielding) che ben ricalca il normale svolgersi di un incontro di baseball. Niente di rivoluzionario, nel complesso, ma una new entry gradevole su cui è lecito ben sperare per il futuro. Speriamo che, nello stesso futuro, il team di sviluppo colga l’occasione per svecchiare anche gli abiti del gioco: che tutto sono tranne che brutti, sia chiaro, ma la generazione corrente di console sta iniziando ad alzare l’asticella in modo evidente. E di nuovo, il rischio di restare al palo, pur essendo i primi della classe del baseball, non è così assurdo.
La recensione in breve
MLB The Show 22, se considerata come simulazione da salotto della sacra arte del baseball, può dormire sogni tranquilli: allo stato attuale, sul mercato, non esiste l’ombra di un contendente in grado di far scendere dal trono quello che, da anni a questa parte, è l’unico egemone indiscusso. Ottima giocabilità, gameplay stratificato che ben si adatta all’esperienza del giocatore, un set cospicuo di modalità e una fedeltà, in termini di simulazione, capace di accontentare anche gli amanti più esigenti del diamante. Un cocktail perfetto, insomma, che sulla carta meriterebbe un punteggio di poco vicino alla perfezione: peccato che la nuova iterazione della creatura di San Diego Studios, al netto di una nuova modalità di gioco e di una telecronaca convincente, non introduca nulla (e non “nulla di significativo”, che è ben diverso) rispetto a quanto visto nella passata stagione. Dal gameplay alla grafica, dalle modalità di gioco alla filosofia ludica, MLB The Show 22 è un ottimo titolo di baseball legato con un cordone ombelicale ancora troppo stretto al proprio passato. Il che, per i neofiti, può essere molto più che sufficiente a godere di un’esperienza comunque da manuale. Ma, per i giocatori più scaltri, dopo un anno e mezzo di next gen potrebbe iniziare ad andare stretto…
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Voto Game-Experience