Tra le tantissime attività della Milan Games Week 2022 non potevamo esimerci nell’intervistare personalmente una persona tanto importante quanto Andrea Pessino, CTO e Co-Founder di Ready at Dawn. Lo sviluppatore italo-americano è approdato alla big city milanese in occasione di uno degli eventi più importanti del settore in Italia per parlare al pubblico sabato 26 novembre alle 12:15 con il noto compositore Austin Wintory, famoso per essere una delle icone più riconosciute a livello mondiale nel campo dell’Audio Design e vincitore di molteplici premi.
Tornando a uno degli sviluppatori più “chad” di tutti i tempi, il buon Andrea si è trasferito in America quasi 30 anni fa per inseguire il suo sogno di sviluppare nel settore dei videogiochi, raggiungendo in “breve” tempo il suo traguardo con l’ottenimento di un posto in Blizzard come Senior Software Engineer. Durante la sua permanenza nella nota casa di sviluppo, dal 1998 al 2003, Andrea ha lavorato a moltissimi giochi, svagando anche nel mondo della composizione: il suo contributo fu fondamentale per il comparto sonoro di Diablo II.
Arrivato il 2003 Andrea decise che fu il momento di cambiare strada, anzi, di tracciarne una propria: fonda Ready at Dawn. Il suo studio partì da 3 persone per arrivare a oggi a quasi 180, collezionando negli anni tanti giochi di successo come Okami, God of War Ghost of Sparta e The Order:1886. Ora sono stati acquistati da Meta, l’azienda di Mark Zuckemberg, e puntano tutte le loro risorse allo sviluppo di giochi in VR/AR.
Dal suo punto di vista professionale, come pensa stia andando il settore dello sviluppo in Italia?
Quando io sono partito per gli Stati Uniti, le possibilità di emergere in Italia erano pressoché inesistenti. Non esisteva proprio nulla. Il fatto che in tutti questi anni mi sono sempre chiesto “perché l’Italia, in confronto al resto dell’Europa, rimane sempre indietro sul fronte dello sviluppo?” E sono convinto che sia derivato da un’aspetto puramente culturale. Per me gli italiani hanno una nozione di estetica che è tra le più affini al mondo, ma hanno anche davvero l’abilità di catturare le emozioni, una cosa estremamente fondamentale quando i giochi si devono trasferire da un’ambiente puramente interattivo ad incorporare anche la narrazione.
Ha avuto modo di conoscere alcuni team italiani attuali, non forzatamente grossi?
Si, negli scorsi 5 anni ho avuto la fortuna di parlare con diversi nuovi Studi, specialmente a Torino. Non stiamo parlando di studi importanti, ma di piccoli team che si danno da fare. Secondo me sono in quei posti che le cose veramente interessanti nascono, e una prova di ciò è l’affluenza delle decine di migliaia di persone che passano all’Indie Dungeon in questi giorni.
Il talento negli italiani c’è di sicuro e chiunque oggigiorno può accumulare una competenza tecnica, per sviluppare; adesso chiunque può realizzare videogiochi mostrando una qualità e profondità senza essere inferiore a nessuno. Per cui spero che questi studi continuino su questa traiettorie e che l’Italia si allinei con il resto dell’Europa… e sarebbe anche ora.
Data comunque la tua enorme esperienza, quale consiglio daresti a un nuovo sviluppatore che vorrebbe iniziare a sviluppare da oggi?
Io ti potrei già dire che ci sono degli sviluppatori indie che potrebbero insegnare a me come sviluppare. Sono veramente invidioso di certi gruppi e della loro abilità di innovare. Io ormai gioco unicamente a indie games perché è li che trovo le cose veramente stimolanti, ma soprattutto che mi godo veramente tanto. Ormai per la maggior parte dei giochi non riesco più a gustarmeli perché non riesco a separarmi dal mio aspetto lavorativo da dietro le quinte, perché tutto ciò che vedo mi porta a pensare “ah quindi questo lo hanno fatto così, questo cosà, dovevano fare in questa maniera qua…”.
Per gli indie è differente, come uno degli ultimi titolo che mi sono appassionato, Inscryption. Sono giochi di una qualità così alta che mentre gioco, mi vado a perdere in quello che creano. Al netto di tutto questo discorso, il mio consiglio è di continuare a fare quello che fanno perché ormai gli sviluppatori indie riescono a creare autonomamente opere emozionanti, di cuore.
Dopo tutto questo bel discorso, potremmo dire che ti piacciono non poco gli indie!
Oh certo! Molti pensavano che il genere indie non potesse competere per attenzione al resto dei prodotti nel settore nel lungo termine, ma invece si è creato un genere, specialmente nel pc gaming, forte e lodevole. Però considerando anche le altre piattaforme, se sei uno sviluppatore abbastanza preparato hai accesso a un sacco di piattaforme che ti permettono di portare all’esistenza il gioco che si vuole creare, una cosa impossibile 15 anni fa. Non apprezzo chi cerca di imitare le grandi produzioni AAA o componenti uniche di giochi già esistenti, perché sono giochi che non hanno speranza di successo; caso contrario per chi cerca di essere originale, concentrandosi nel seguire la propria visione.
Non voglio dire che questo sia la chiave del successo perché prevedere la risposta dell’audience è difficilissimo se non impossibile, ma ciò non toglie che per me l’originalità sia fondamentale e che rende questo genere affascinante. Spero continuino cosi.