Quello dei walking simulator è un genere che, per quanto strettamente settoriale, è riuscito nell’arduo compito di ricavarsi una nicchia di aficionados, disposti ad abbandonarsi completamente alle velleità narrative dello sviluppatori di turno, decidendo autonomamente di mettere in secondo piano la “giocabilità” o il fattore gameplay. Ed è infatti grazie a queste sempiterne fascinazioni narrative che capolavori come “What remains of Edith Finch“, “Dear Esther” e “The Vanishing of Ethan Carter”, solo per citarne alcuni, hanno preso vita e forma, donandoci delle storie dure, crude ma assolutamente valide, godibili ed imperdibili. Ed è appunto ascrivendosi a questo filone che i ragazzi di Broken Bird Games ci donano LUTO, una esperienza di matrice narrativa, dura da digerire e difficile da metabolizzare ma di sicura qualità. Siete dunque pronti ad immergervi nelle lugubri e claustrofobiche atmosfere di LUTO? Vediamo come è andata, grazie alla nostra recensione.
Bloccati ma in movimento
La premessa alla base di LUTO è inquientante ed inusuale, per un walking simulator: Samuel Hale, nostro alter ego digitale e protagonista delle vicende ivi narrate, in precinto di traslocare, si trova “bloccato” nella sua magione. Qualsiasi tentativo di fuga o di uscire dal suo oramai ex spazio vitale si tramuterà in un fallimento sempre maggiore, fallimenti che lo porteranno a confrontarsi con paure interiori e con eventi che hanno segnato, spesso e volentieri in modo inconscio, la sua esistenza.
L’abitazione si trasforma dunque in un labirintico androne, un meccanismo di espiazione di sensi di colpa e rimorsi, un fattore di incontro – scontro con traumi irrisolti. Sin dal menù principale, LUTO non fa infatti mistero dei temi che andremo ad affrontare. Del resto, LUTTO è la traduzione letteraria di Luto: l’incedere nella narrazione ci risucchierà, dunque, in un claustrofobico labirinto personale, fatto di voci che ci attanagliano la mente, distorsioni percettive e i(n)terazioni allucinatorie che ci porteranno a scontrarci con traumi irrisolti di cui ci sentiamo, giocoforza, direttamente responsabili.
Eviterò di incedere ulteriormente nella disamina della trama, per non rovinare una esperienza ludica che, per quanto cupa ed angosciante, va tenuta segreta, per non svelare tutti gli artifici narrativi ideati dai ragazzi di Broken Bird Games nelle circa cinque ore necessarie al completamento del playthrough.
Gameplay, o Presunto Tale
L’approdo su PlayStation 4 di PT, nell’oramai lontano 2015, ha segnato un punto di svolta per i giochi di matrice narrativa e, anche dalle immagini qui pubblicate, è palese il citazionismo all’opera (alla demo, in realtà), realizzata dal mai troppo osannato Hideo Kojima. Il che, sia chiaro, non è un male: LUTO prende in prestito la struttura esplorativa vista (e ri-vista millemila volta da quell’agosto 2015) in tanti titoli simili (Layers of Fear anyone?) impiantando una trama da spolpare, passo dopo passo, un jumpscare dopo l’altro.
Ed è appunto seguendo gli schemi esplorativi, innescati dalle allucinatorie dinamiche narrative, che ci troveremo a cercare una via di uscita dalla nostra magione. Affrontare le nostre paure ci porterà ad esplorare a fondo il mondo di gioco, in ogni sua declinazione, alla ricerca di enigmi che, una volta risolti, ci permetteranno di spostare in avanti l’indice narrativo. Come già detto in precedenza, basteranno quattro o cinque ore per giungere ai titoli di coda ma, non fatevi ingannare da questa brevità: il sistema esplorazione – interazione, surrogato in una linea temporale così breve, svolge egregiamente il suo compito, regalandoci una esperienza narrativa partecipata, pur nella sua lugubre intensità.
Tecnicamente elementare
Luto basa la sua esperienza sulle solide fondamente offerte dall‘Unreal Engine 5. L’utilizzo del suddetto motore di gioco garantisce una resa grafica di primissimo livello, capace di veicolare le peripezie immaginifiche – oniriche che esperiremo nel corso del gameplay di Luto. Al netto di una resa grafica più che idonea allo scopo, notiamo però come i ragazzi di Broken Bird Games si siano limitati a svolgere il “compitino”, privando il loro titolo di una qualsivoglia opzione grafica avanzata, rendendo si il gioco fruibili da qualsiasi configurazione, ma andando così a svilire le infinte possibilità offerte dal motore grafico made in epic.
Un plauso particolare va fatto, invece, per la gestione del comparto sonoro. Premettendo che Luto andrebbe giocato con headset capace di gestire audio direzionale o con un sistema surround di buon livello, la gestione dei rumori ambientali e di qualsivoglia effetto sonoro presente nella produzione Broken Bird Games, rappresenta un valore aggiunto capace di massimizzare l’immedesimazione, regalandoci una esperienza immersiva di primissimo livello (meglio ancora se giocato a luci spente).
Unico neo, imperdonabile, l’assoluta mancanza della localizzazione italiana, finanche esclusivamente testuale, pecca non da poco, vista la natura prettamente narrativa di LUTO.
La recensione in breve
Luto è una esperienza narrativa a tutto tondo, capace di immergerci in un dolore asfissiante, condito e contornato da claustrofobici ed irrisolti sensi di colpa. I ragazzi di Broken Bird Games ci consegnano un prodotto di buon livello, vessato dalla mancanza della traduzione italiana e da una realizzazione tecnica spartana, per quanto di buon livello.
-
Voto Game-eXperience