Quando una saga cambia il proprio timoniere, più che lecito aspettarsi una fase di transizione delicata: lasciti pesanti da gestire, aspettative alle stelle, timori che un’identità consolidata possa dissolversi nelle mani sbagliate. Little Nightmares 3 nasce sotto questa pericolosa stella: dopo due episodi cesellati con maestria da Tarsier Studios, il brand passa sotto la guida di Supermassive Games, un nome ben noto da chiunque mastichi horror videoludico. Genitori di Until Dawn, della Dark Pictures Anthology e di The Quarry, gli inglesi hanno costruito la propria fama sul connubio fra cinema e videogioco, sulla forza della regia e sulle scelte morali come motore di tensione. L’incontro con il mondo silenzioso, ermetico e visivamente disturbante di Little Nightmares appariva sin dall’inizio come una sfida affascinante. Il risultato, dopo una settimana trascorsa tra le insidie di questo terzo capitolo, parla di una continuità rispettosa, quasi reverenziale, che evita rischi e deviazioni, ma che al tempo stesso si priva della possibilità di sorprendere.
Paure silenziose
Il linguaggio narrativo di Little Nightmares 3 resta si conferma fedele alla tradizione della saga. Niente dialoghi, indicazioni ridotte all’osso: a raccontare è l’ambiente stesso, con la sua architettura contorta e la sua capacità di evocare inquietudine a ogni passo. Low e Alone si muovono nella Spirale, un nuovo frammento del “Nowhere”, fra scenari come la Necropoli che mescolano gotico e fiabesco, claustrofobia e grandeur architettonica, o il Circo, riferimento alle ben note Fauci dove grottesco e delirante si fondono in una semiotica disturbante.
L’impianto narrativo è volutamente criptico: suggerisce, non spiega, lascia immaginare senza raccontare. Supermassive comprende quanto il cuore di Little Nightmares non stia tanto nel cosa viene detto, quanto piuttosto nel come viene mostrato. Il problema è che a questa fedeltà manca il climax, il colpo di teatro: l’introduzione è lenta, il crescendo non trova mai un apice e il viaggio, pur suggestivo, non imprime immagini potenti come quelle che ancora oggi vengono ricordate dai primi due capitoli.
Low e Alone, i guerrieri del sogno
Low e Alone rappresentano due modi opposti di sopravvivere a un mondo deformato. Il primo, con il suo arco, offre un gameplay che privilegia la distanza e la precisione, che trasforma la fisicità della serie in un linguaggio più “tecnico”. Grazie alle sue frecce colpisce interruttori a distanza, taglia funi sospese o, in casi non sporadici, stunna temporaneamente il nemico per lasciare il colpo di grazia al compagno di viaggio. Alone, al contrario, affonda la sua forza nella concretezza: la chiave inglese diventa estensione del corpo, uno strumento per abbattere ostacoli, spostare oggetti, eliminare definitivamente minacce mostruose e interagire con la brutalità dello scenario.
Queste abilità non si limitano a differenziare l’estetica dei personaggi, ma condizionano sensibilmente l’approccio ai puzzle. Gli enigmi richiedono una sinergia costante, un arco che apre passaggi a distanza e una chiave che consente di tradurre l’opportunità in azione concreta. È qui che Little Nightmares 3 si distacca dai predecessori, costruendo un canovaccio ludico che tesse una nuova dimensione cooperativa e che dà senso alla presenza di due protagonisti paralleli.
Un incubo per due giocatori
È abbastanza chiaro, a questo punto, quanto l’intero progetto sia stato concepito attorno alla cooperativa online. Nessuna modalità locale, nessuno split screen: del resto, sarebbe stato molto difficile conciliare la forza visiva della serie con una divisione artificiale dello schermo. Supermassive ha preferito preservare la regia e il taglio prospettico, sacrificando però la naturale immediatezza del “giocare insieme sul divano”. La scelta paga in parte, perché nelle sezioni più riuscite la co-op riesce davvero a creare tensione: comunicare col partner, dividersi i compiti, sincronizzare i movimenti rende alcuni passaggi memorabili. Allo stesso tempo, però, non si può parlare di rivoluzione.
L’online funziona, diverte, ma non è il game changer che avrebbe potuto essere. Senza un partner affidabile, il single player mostra tutti i limiti: l’IA che governa il compagno anticipa spesso le soluzioni, svuotando la tensione della scoperta. Little Nightmares 3 funziona indubbiamente meglio come gioco a due, ma non sempre riesce a valorizzare fino in fondo questa scelta radicale.
Una difficoltà meno paurosa del previsto
La natura accessibile del titolo diventa evidente in ogni suo comparto. La prospettiva 2.5D continua a causare qualche incertezza nei salti, ma al netto di queste sbavature il livello di sfida è ridimensionato verso il basso rispetto al passato. La presenza dell’IA amica in single player e l’assenza di enigmi realmente complessi finiscono per rendere l’avventura estremamente lineare e immediata, priva di momenti in cui ci si sente davvero braccati o persi. Senza contare che, in molti frangenti, la solerzia del nostro compagno di avventura è così elevata da suggerirci la soluzione ad un enigma (o il luogo dove nasconderci da un attacco nemico) ancor prima di intuirlo in autonomia. È un incubo dal quale ci si risveglia senza sudore freddo, e questo, per un franchise che aveva costruito la propria identità sull’oppressione psicologica, pesa non poco.
Altro aspetto sicuramente degno di nota, in questa terza declinazione del franchise, è la presenza delle boss fight. Ciascun atto culmina in uno scontro con figure grottesche e disturbanti, perfettamente in linea con l’immaginario della serie: bambole deformi, giganti dalle fattezze irriconoscibili, mostri che incarnano la paura infantile in forma tangibile. Artisticamente, queste sequenze sono ispirate, scenografiche, capaci di scolpire immagini d’impatto. Pad alla mano, però, la difficoltà rimane contenuta: il superamento richiede più intuito che abilità, più osservazione che riflessi. Non si tratta di veri muri ludici, quanto piuttosto di climax estetici che chiudono ogni capitolo con un accento dal sapore teatrale: un approccio coerente con la natura del brand, ma che lascia quel retrogusto amaro di un’occasione non del tutto sfruttata.
Little Nightmares 3: un risveglio che arriva troppo presto
Sappiamo tutti che, quanto si parla di videogiochi, longevità e qualità non siano sempre strettamente correlati. E se da un lato non mancano esempi di piccoli capolavori dalla durata contenuta, nel caso del titolo Supermassive quello del “quanto dura” si configura sicuramente come un cruccio per chiunque si aspettasse un’avventura più articolata e memorabile. Quattro atti, meno di sei ore per raggiungere i titoli di coda: Little Nightmares 3 non si dilunga oltre il necessario, fedele alla tradizione di raccontare incubi brevi ma intensi. La differenza, questa volta, è che l’intensità non decolla mai davvero: mancano i picchi, i momenti che strappano applausi o brividi.
Anche la scelta del personaggio, nella modalità single player, non incide in modo sostanziale sul racconto – né, purtroppo, sul finale dell’avventura. Quanto al fattore rigiocabilità, siamo ai minimi termini: i collezionabili sparsi negli scenari offrono un incentivo puramente completistico, più utile a chi vuole spremere ogni angolo della Spirale che a chi cerca motivi concreti per tornare una seconda volta. È un titolo che, una volta terminato, lascia poche ragioni per essere rivissuto, se non la curiosità di affrontarlo in compagnia di un partner diverso.
In Conclusione
Little Nightmares 3 è un figlio fedele, che abbraccia l’eredità della saga senza mai rinnegarla. Il mondo disturbante, le atmosfere cupe, il linguaggio visivo che parla per silenzi e sussurri: tutto è lì dove deve essere, ma è un figlio che non osa, che non spinge mai oltre i confini, che esegue con diligenza il compito affidato senza rischiare una reinvenzione. La cooperativa online è l’unica vera novità, ma resta un’aggiunta più interessante che rivoluzionaria in un contesto che non raggiunge le vette dei predecessori - anche per colpa di una durata contenuta e per l’assenza di veri picchi emotivi. Un buon incubo, tecnicamente solido e curato, ma incapace di segnare un prima e un dopo. Un’esperienza che gli affezionati della serie apprezzeranno, ma che si dissolverà rapidamente al risveglio come un incubo meno terrificante del previsto.
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Voto Game-eXperience