Professor Jones, bentornato. L’indimenticabile personaggio, interpretato per ben 5 volte da Harrison Ford, torna di nuovo in azione in Indiana Jones e l’antico Cerchio. Machine Games e Bethesda Softwork coronano un sogno, ovvero riuscire a far rivivere quelle stesse ed identiche emozioni delle pellicole fuori dal grande schermo, sostituendo i pop corn con un controller. Un videogioco in grado di immergere il giocatore in una storia fatta di misteri e segreti, nascosti tra le pieghe del tempo e della storia. Il buon Indy ci ha sempre dimostrato che la storia, quella dei libri, non va solo studiata in biblioteca ma bisogna viverla in prima persona, diventando parte e testimone di essa.
Sulla base di queste premesse, ci troviamo ad attraversare nuovamente un mondo in piena seconda guerra mondiale, con i Nazisti intenti ad accaparrarsi ogni forma di cimelio ancestrale che possa loro assicurargli il dominio sul mondo. Il Fuhrer incarica i più eccentrici studiosi, tra cui lo spietato Emmerich Voss, di rastrellare ogni angolo del globo per fare incetta di tesori e rarità, tra cui il leggendario Cerchio Massimo. Tra leggenda e pseudo verità, iniziamo un viaggio intorno al globo, partendo dal nostro Belpaese, dove la religione si mescola pericolosamente alle vicende politiche del tempo.
Artisticamente parlando ineccepibile (su console Xbox Series X), con un engine in grado di reggere perfettamente la sfida dei 60fps senza avvertire l’impressione di una grafica tecnicamente “schiacciata” da questa impresa. Tutto scorre liscio anche sul fronte delle meccaniche di gioco, con un FPS immersivo e votato alla componente narrativa, ma senza, però, disdegnare l’azione e la strategia. Le grandi incertezze giungono, purtroppo, dall’intelligenza artificiale in evidente stato di criticità. Vi lasciamo, dunque, alla nostra recensione di Indiana Jones e l’antico Cerchio, giocato nella sua versione per console Xbox Series X.
Una nuova avventura e la saga continua (in un videogioco)
Il buon Harrison Ford è arrivato al capolinea per sopraggiunti limiti di età. Il famoso volto che ha reso celebre il personaggio di Indiana Jones ancora per un’ultima volta con l’interpretazione nel Quadrante del destino, dopo aver spento le 80 candeline ha fatto sapere che forse è giunto il momento di lasciare il testimone a qualcun altro. E se quel qualcuno fosse un se stesso in versione videoludica? Non pensiamo che il pluripremiato attore disdegni nel rivedersi in ottima forma e ringiovanito di qualche anno, pronto ad agitare la sua frusta e scoprire sempre nuovi ed elettrizzanti misteri.
In questa prima performance di Indiana Jones in versione videoludica, troviamo il celebre professore di archeologia alle prese con una scoperta che sembrava vivere ad appannaggio delle sole leggende mitologiche. Parliamo del Cerchio Massimo, una circonferenza che attraversa il globo ed interseca i maggiori siti archelogici sinora conosciuti. Una ipotesi pseudo-archeologistica, ovvero che non trova riscontro nella bibliografia storica ma che è rimasta nel regno delle teorie (e anche della fantasia).
Gli svedesi di Machine Games hanno convinto quelli di Bethesda Softworks, catturando l’interesse del buon Todd Howard dimostrando come il personaggio di Indy poteva funzionare perfettamente anche fuori dal grande schermo. Ovviamente, sotto il profilo narrativo, non fanno altro che ereditare il mood già rodato e costruirci sopra un nuovo mistero da scoprire. La storia si sviluppa a ridosso de I Predatori dell’Arca Perduta (la prima parte del gioco ne è un vero e proprio tributo) e prima del Tempio Maledetto. Si viaggerà ancora una volta intorno al mondo, facendo la prima tappa a Roma, e precisamente nella Città del Vaticano. C’è tanta storia sì, ma anche tanta politica del tempo e delle licenze poetiche “rischiose” da affrontare (anche a distanza di oltre mezzo secolo dal loro presunto accadimento).
Trattasi sempre di un’opera di finzione, questo è sacrosanto, ma ci abbiamo visto delle matrici ispirative che, ad onor del vero, non ci aspettavamo. Il personaggio del fanatico religioso ultraconservatore e il viaggio a Roma (e proprio a Castel Sant’Angelo) ha rievocato in noi alcuni momenti già vissuti nel Codice da Vinci di Dan Brown. Per carità, proseguendo il gioco ne prende le distanze, in linea con il suo patrimonio genetico. Avvocati del Diavolo, a rapporto!
Un gameplay che insegue la storia
I grandi videogiochi sono quelli che riescono meglio a bilanciare le due componenti, ovvero quella narrativa e quella legata al gameplay. Una regola non sempre rispettata quando ci si trova dinnanzi a quei titoli completamente votati alla prima delle due, con le meccaniche di gioco che ruotano attorno ad essa. Vengono anche definiti come narrative driven, appunto perché guidati dalla narrativa, dalla storia e dal susseguirsi di eventi. L’ultima fatica di Indy ci si avvicina molto a questo tipo di genere, ma non si abbandona completamente tra le sue braccia.
Indiana Jones e l’antico Cerchio sfrutta sagacemente la componente narrativa per creare quel giusto, sano e dannatamente attraente pretesto per diventare letteralmente dipendenti dalla sete di conoscenza. Non parliamo solamente delle missioni primarie che ci portano ad attraversare dapprima le numerose stanze segrete di Città del Vaticano per poi spiccare il volo verso il mondo, ma anche dei tantissimi segreti e misteri mascherati da incarichi secondari. Alcuni di questi raccontano fatti storici verosimilmente accaduti, altri aiutano a completare alcune aree poco chiare della narrativa, altri servono come pretesto per interloquire con nuovi ed eccentrici personaggi di contesto.
Il gameplay non fa distinzione tra componente action e stealth, il pallino del gioco è tutto nelle nostre mani. Esistono situazioni in cui siamo obbligati a mantenere un basso profilo per via della presenza di una “Zona Riservata”, altri in cui siamo di fronte a qualcuno che non vede l’ora di prenderci a calci. Per il resto, la scelta è nostra, l’importante è che non si faccia l’errore di non esplorare a fondo il level design, tra i più completi e dettagliati rispetto al genere di appartenenza. Le mappe presentano numerose possibilità di approccio, sviluppandosi in altezza ed estensione. Per raggiungere un dato obiettivo non esiste una sola strada ed un solo modo per arrivarci, così come non esistono porte e stanze non accessibili.
Aspetto marginale ma non per questo meno importante rispetto agli altri è dato dalla presenza di una dimensione RPG, dove poter addestrare delle nuove abilità del buon Indy. Tra le varie scoperte in cui si può incappare in Indiana Jones e l’antico Cerchio vi sono anche degli interessanti libri che altro non sono un modo per ampliare il potenziale del professor Jones in aree individuate come la Sopravvivenza, Forma Fisica, Lotta e Combattimento. In queste precise aree andranno spesi i Punti Avventura accumulati con il completamento di missioni/incarichi e rubando degli scatti quando vi sarà l’opportunità di farlo.
Un’esperienza tra certezze ed incertezze
Al netto della nostra esperienza nei panni di Indy (nel senso letterale del termine), i nostri umori si presentano molto contrastanti. Ci si interroga sempre, nelle fasi immediatamente prima la stesura di una recensione, su quello che il gioco ci ha materialmente lasciato, sia sul fronte ludico che esperienziale. E quindi, senza troppi giri di parole, ci siamo chiesti: Oh, ma alla fine Indiana Jones e l’antico Cerchio cosa ci ha lasciato?
Esorcizziamo, anche solo per un istante, il nostro fanboyismo incallito (ma non vi preoccupate, a breve ritornerà tra noi), per affrontare quello che è il vero tallone d’Achille dell’ultima fatica di Machine Games, ovvero la gestione dell’Intelligenza Artificiale. Premettiamo che questa considerazione viene elevata al netto di una versione che non ha ancora ricevuto aggiornamenti e patch, giocata altresì su console Xbox Series X. Purtroppo, ci sono delle situazioni ai limiti del paradosso, con i nemici di turno che si accorgono della presenza di Indy in poche occasioni, per giunta solo se dannatamente evidenti.
Non esiste il concetto di alert sonoro (ad esempio, lo schiocco della frusta all’interno di una catacomba con un eco fotonico), o contestuale (ad esempio, la mia torcia illumina a giorno una stanza buia e le guardie attorno a noi fanno finta di niente). Arrivati a ridosso del 2025 non si possono commettere errori simili, per giunta se l’esperienza è completamente single player, con il fattore sfida che rischia di andare a farsi benedire.
Non possiamo, al tempo stesso, non elogiare il fantastico lavoro svolto dagli sviluppatori sul fronte della narrativa, con una storia in grado di tenerci incollati allo schermo anche per 10/12 ore consecutive. Una vera e propria dipendenza, con la nostra sete di conoscenza sempre in cerca di nutrimento, a suon di misteri, scoperte e rivelazioni. Chi ha amato l’Indy in carne ed ossa lo amerà anche in versione virtuale, con un personaggio fedele in tutto e per tutto a quello ideato da George Lucas. La saga può tranquillamente proseguire in formato videoludico (evvai con il nostro fanboyismo selvaggio).
La recensione in breve
Artisticamente parlando ineccepibile (su console Xbox Series X), con un engine in grado di reggere perfettamente la sfida dei 60fps senza avvertire l'impressione di una grafica tecnicamente "schiacciata" da questa impresa. Tutto scorre liscio anche sul fronte delle meccaniche di gioco, con un FPS immersivo e votato alla componente narrativa e senza, però, disdegnare l'azione e la strategia. Le grandi incertezze giungono , purtroppo, dall'intelligenza artificiale in evidente stato di criticità al punto da influire negativamente sulla godibilità del gameplay. Un vero peccato.
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Voto Game-Experience