Vampiri, licantropi ed esseri demoniaci fanno parte, oramai da più di qualche decennio, di un immaginario fantasy equamente condiviso ed apprezzato dai fan dei vari generi videoludici. Ma, se vi state chiedendo come facciano queste tre categorie ad essere integrate, debitamente bene tra l’altro – in un setting da western movie – Evil West fornirà a voi le risposte che cercate.
Ci troveremo dunque a menare le mani e a farcire di proiettili qualsivoglia creatura dell’incubo, con una naturalezza che ci farà ben presto dimenticare il fritto misto immaginifico di cui sopra. Bando alle ciance: buttiamoci a capofitto nell’ultima fatica Flying Wild Hog che, decenni dopo God Hand, ci riporta nel vecchio west.
In Evil West, il cui rilascio per Xbox Series S ci ha regalato un prodotto validissimo, ci troveremo a vestire i panni di Jesse Rentier che, al soldo dell’Istituto Rentier, avrà il compito di proteggere gli Stati Uniti da qualsivoglia minaccia oscura derivante dalla presenza di vampiri, licantropi e compagnia affine sul territorio nazionale. Per far ciò, il buon Jesse potrà far affidamento su un arsenale di tutto rispetto e sulla bruta forza derivante dalle sue nocche. Si perché, a differenza di quanto si potrebbe pensare riguardo un ibrido fps/tps, la non abbondanza di munizioni ci porterà, spesso e volentieri, a menar le mani per aver ragione delle legioni oscure che, volta dopo volta, dovremo fronteggiare.
Non solo pugni e calci, ovviamente, ma un sistema di combattimento dinamico ed in continua evoluzione che vedrà anche nella concatenazione di spettacolari combo, inframmezzate da schivate ed attacchi con rincorsa, il succo del suo fascino. Al raggiungimento di un determinato quantitativo di exp, potremo infatti “potenziare” il nostro alter-ego digitale, sbloccando nuovi movimenti o colpi con i quali infierire danno (e procurare immenso dolore) agli antagonisti.
Ammazzare Vampiri a suon di pugni e proiettili? Questo è Evil West
Nonostante la scarsezza delle armi a disposizione, la controparte “bellica” rappresenta l’altro 50% delle meccaniche di gameplay alla base del combat system, perfettamente mescolato invero a quello “hand made”, implementato dai ragazzi di Flying Wild Hog per rendere ancor più dinamico l’incedere degli scontri. Ecco quindi fare la loro apparizione, con l’avanzare della storia, di revolver, doppietta, balestra e fucile, capaci ciascuna di infliggere danni di diversa entità e tipologia a tutti gli abitanti dell’universo Evil West.
Va da sé la possibilità di alternare attacchi melee a quelli a mano armata, creando combinazioni sempre più creative utili ad aver ragione dei nostri antagonisti (per il momento) non-morti. Ed è appunto in nome della creatività che è stato implementato il sistema di evoluzione e potenziamento delle armi a corto o lungo raggio: traendo a piene mani dall’immaginario steampunk dell’epoca, ibridato mediante l’inserimento di potenziamenti che sembrano usciti dalla mente di Nikolas Tesla (chi ha detto elettricità?), il combat system si arricchisce di ulteriori alternative, andando a differenziare ulteriormente l’approccio agli scontri (più o meno) armati.
A completamento del tutto, giunge la presenza di finisher-moves, modellate sulle glory kill viste in Doom, al fine di insta-guadagnare punti saluti persi precedentemente: a tal scopo si nota la possibilità di curarsi durante i combattimenti, andando a configurare un combat system dinamico, appagante ed adrenalinico. Toccherà, ovviamente, tarare l’utilizzo dell’una o dell’altra abilità sui nemici che andremo ad affrontare ma, una volta capito l’andazzo ed i punti deboli di questi ultimi, Evil West ci si aprirà in tutta la sua gloriosa tamarraggine, per tutti i sedici capitoli che compongono la main quest, ciascuno intervallato da cut-scenes davvero ben realizzate.
Va detto però che, al netto di una cura realizzativa di buon livello, le cut-scenes, utilizzate per spostare in avanti la narrazione, fanno da messaggere per una trama mai ispiratissima e ricca di cliché, brillando però per ironia in salsa di machismo, lasciando gli onori della ribalta al gameplay.
Evil West non brilla per esplorazione ambientale
Appunto i sedici livelli rappresentano tanto la croce quanto la delizia dell’ultima produzione Flying Wild Hog: ad una cura realizzativa tutto sommato più che sufficiente, che ci regala location ben definite e differenziate tra loro non corrisponde, purtroppo, una parallela possibilità di movimento all’interno degli stessi. Il pattern ludico di Evil West ci mette, difatti, davanti ad uno pseudo corridor-game in cui saremo costretti a percorrere da parte a parte il livello, per affrontare nemici predisposti in punti predeterminati, con buona pace della libera esplorazione ambientale.
In verità è anche possibile digredire dalla main quest ed esaminare alcuni anfratti non direttamente collegati alla progressione della storyline ma questa “esplorazione alternativa” poco aggiunge ad sistema evidentemente legato a doppio filo ad una progressione su binari. Ciononostante, Evil West risulta essere molto ben congegnato e divertente, con un appeal dannatamente old-school, fatto di sostanza che va a soverchiare l’apparenza, caratteristica che, spesso e volentieri, si è persa in alcune produzioni (anche tripla A) odierne.
Graficamente la versione Xbox Series X da me giocata mette a disposizione due modalità grafiche, qualità e framerate, che permettono la fruizione di Evil West a qualsivoglia giocatore: personalmente ho optato, non pentendomene, per la modalità qualità, sacrificando qualche frame per godere appieno della magnificenza in 4K.
La colonna sonora, davvero ben realizzata, ci terrà compagnia per tutte e tredici le ore del playthrough.
La recensione in breve
Evil West, prodotto non ad altissimo budget, compie il suo compito egregiamente regalandoci un gioco non perfetto ma godibilissimo e tamarro al punto giusto.
Un comparto grafico soddisfacente ma non di primissimo ordine, innestato in un universo non open world, non va ad inficiare la giocabilità, esaltando invero quella sensazione di prodotto sporco ma dannatamente ben realizzato, oltre che caratterizzato da un combat system schematico ma appagante.
L’ultimo prodotto Flying Wild Hog non sarà il gioco del secolo ma si fa apprezzare per quello che fa, puntando sulla sostanza del gameplay, invece che su una sterile apparenza.
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Voto Game-Experience