Il 2023 ci ha riservato sorprese piacevoli sino a oggi, rivelandosi una gradevole annata per il mercato videoludico. Al netto di capolavori assoluti che hanno scosso il mercato come Baldur’s Gate 3, abbiamo potuto godere per l’approdo di titoli indipendenti di alta caratura. Tra i tanti, vi rimandiamo alla recensione di SEASON: A letter to the future, e alla recensione di Viewfinder. Più recentemente, invece, è stato Sea of Stars a catturare l’attenzione del pubblico.
Nella stagione autunnale, invece, verso quali lidi dobbiamo guardare? Ci pensa Jeppe Carlsen a darci una risposta: il Lead Gameplay Designer di LIMBO e INSIDE, infatti, ha dato vita a un progetto maestoso ed elegante nella sua purezza, un mistero da vivere e ammirare. Ecco a voi la recensione di Cocoon.
Una scissione sorprendente
Tutto ha inizio da una triste separazione, quella tra Jeppe Carlsen e Dino Patti, le due menti di Playdead che hanno dato vita ai succitati LIMBO e INSIDE. Il secondo si è unito a Chris Olsen per fondare Jumpship, studio indipendente che poi ha donato luce al “sequel spirituale” dei due già detti capolavori – a proposito, ecco la recensione di Somerville. Lo standard fissato dai predecessori, in particolare le loro vette espressive, non è stato affatto raggiunto dall’opera ultima di Patti e soci.
Lo sguardo si è quindi spostato verso i lidi di Geometric Interactive. Il team di Copenhagen guidato da Carlsen già in occasione della conferenza Xbox del 2022, alla prima presentazione di Cocoon, riuscì a scuotere gli animi e generare una chiara attrazione nei confronti di un immaginario ipnotico e dinamiche geniali in precedenza raramente – se non mai – esplorate con la medesima fluidità.
Come nel caso di Somerville, poche immagini sono bastate per catalizzare l’attenzione dei giocatori, specialmente gli amanti dei puzzle game che già hanno saputo apprezzare l’esperimento chiamato Viewfinder. Al contrario dell’opera prima di Jumpship, però, Cocoon ha soddisfatto a pieno le aspettative.
L’identità di Cocoon
Enigmi contornati da fiumi di dettagli microscopici da vedere e sentire, che lasciano in estasi i sensi in un universo composto di anomalie, in una distopia animal-cibernetica apparentemente semplice, ma possente. Nel suo minimalismo, Cocoon é una ricca poesia, con mille sfaccettature e una storia da interpretare, alla Davide contro Golia, e da ammirare nella sua brevità. È forse un peccato che Cocoon sia condensato in poche ore di gioco, data la sua bellezza; tuttavia, dobbiamo ammettere che è anche un suo elemento che gioca a suo favore. Fosse stata troppo lunga, l’esperienza avrebbe rischiato di rendere gli enigmi stancanti, forse addirittura monotoni e asfissianti. Al contrario, così facendo Geometric Interactive ha saputo rifinire una serie di grattacapi non elementari, gradualmente più complessi, e sempre stuzzicanti.
In 4-6 ore di gioco, il piccolo e silenzioso maggiolino porta il giocatore tra località esotiche molto evocative che stimolano il desiderio di esplorare non uno ma più mondi nei quali risiedono entità sconosciute e meccanismi extraterrestri, pronti a interagire gli uni con gli altri verso la risoluzione di quesiti indecifrabili. La narrazione criptica e forse poco esaustiva farà storcere il naso a coloro che speravano in un pacchetto completo, a tutto tondo, che lasciasse il giocatore senza troppe domande.
Eppure, a nostro avviso, la complessa interpretazione dell’immaginario è coerente con il minimalismo degli enigmi e del design tout court, e lascia in sospeso la giusta quantità di questioni affinché la mente ritorni ciclicamente al nostro Davide e alla sua trasformazione. Gli spunti di riflessione non si palesano quindi soltanto negli effetti ricorsivi e nella cervellotica navigazione tra più mondi, bensì anche nel non detto, nel contorno ambientale, nei rumori di fondo e nelle immagini che deliziano lo sguardo dall’inizio alla fine, senza sosta.
Un fiume di pensieri
Il viaggio di Cocoon è un crescendo in apparenza lineare: l’intensità degli enigmi e dell’avventura aumenta progressivamente, per poi raggiungere improvvisamente livelli mozzafiato mentre l’umanoide nostro alter ego ci guida nelle lotte contro creature gigantesche ma graziose nella loro stravagante composizione. Il pensiero laterale viene continuamente solleticato dalla necessità di guardare nel futuro per superare gli ostacoli frapposti all’evoluzione definitiva del maggiolino.
La sua ermetica ascesa richiede forza di volontà, uno sguardo vigile e un orecchio altrettanto attento, poiché gli indizi non si celano soltanto in segnali sparsi nell’ambiente circostante. Il silenzio che caratterizza questa crociata viene spezzato da suoni essenziali, a volte meccanici e altre eterei, funzionali alla comprensione degli enigmi e dell’universo stesso di Cocoon. Tali rumori descrivono mondi dal design immacolato, frutto di oltre sei anni di lavoro, e definiscono l’anima del progetto: un enigma profondo e curato, il cui obiettivo è far immergere il giocatore in una realtà inquietante, avvalendosi di poteri misteriosi associate a sfere provenienti da chissà dove.
Gli approcci di Cocoon
Ogni globo del quale il maggiolino entra in possesso ha una caratteristica singolare: scoprire percorsi invisibili, oltrepassare la materia, o anche sparare fiocchi di energia. Ciascun globo, al contempo, contiene un mondo da visitare e sbrigliare in ogni suo nodo, debellando la minaccia locale fino al raggiungimento dell’arcinemesi, dell’insetto meccanico definitivo. Perché in fondo noi siamo uno strumento nelle mani della minuscola creatura protagonista, esattamente come i globi stessi. Fungiamo da supporto e guida, da terzo occhio e mente aiutante.
Bisogna chiedere ai propri neuroni di fare gli straordinari in certi frangenti, ma Cocoon si fa perdonare eventuali passi falsi. L’approccio trial & error viene promosso affinché l’idea di una sconfitta non si palesi nemmeno una volta nel giocatore. Come Cristoforo Colombo non si arrese alla ricerca delle terre ignote oltre l’immenso mare al di là delle Colonne di Ercole, il lavoro deve terminare solo dopo avere soddisfatto il presunto volere del maggiolino: diventare farfalla. Cocoon lega indissolubilmente l’anima del giocatore al corpo del peculiare umanoide, intento a interagire con organismi alieni e atmosfere stravaganti, e il risultato di questa unione è, in definitiva, un viaggio estenuante ma inebriante.
Insomma, Jeppe Carlsen ha fatto centro con una dimostrazione dell’efficacia di un design minimal, che tende la mano al giocatore senza gesti o scritte, chiedendogli di premere soltanto un pulsante. Cocoon nella sua essenzialità è arte, è pura logica, uno stimolo per (quasi) tutti i sensi e un’esperienza indimenticabile.
VERSIONE TESTATA: PC
La recensione in breve
Cocoon è un esperimento poetico, evocativo e, in un aggettivo solo, eccellente. Jeppe Carlsen e soci hanno saputo realizzare un’opera elegante che avvolge il giocatore con un immaginario misterioso e minuscoli dettagli sparsi nell’estetica e nei suoni, i quali si uniscono agli enigmi in un meraviglioso tutt’uno. Senza mai stancare, bensì spronando a fare affidamento al pensiero laterale, Cocoon si rivela fluido e lungo al punto giusto. L’aumento della difficoltà è quasi esponenziale e solo chi non ama pienamente i puzzle si farà sopraffare dagli ultimi minuti, mentre chi cercava una storia più limpida potrebbe sentirsi deluso. Il valore della spinta finale, però, è impossibile da misurare, come anche la soddisfazione al termine dell’esperienza.
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Voto Game-Experience