Vi è un detto che recita “Paganini non si ripete”, volto ad indicare come replicare un successo, una seconda volta, non è cosa assai facile (se non impossibile). Motion Twin, dopo essersi distinta per la bella prova sul campo di Dead Cells, tenta di lasciare il segno nel genere dei roguelike per una seconda volta, partorendo Windblown. Se la volessimo affrontare sul tema della filosofia, saremmo quasi tentati a definirlo come un Dead Cells 2. Quando, poi, si entra in contatto “a tu per tu” con il gameplay, ogni forma di argomentazione filosofica si fa a far benedire.
Uno stile molto presente e originale accompagna le avventure del Leaper, una creatura immortale che sembra trarre la sua linfa vitale dagli elementi. Non sappiamo bene – allo stato dei fatti – cosa sia accaduto al suo mondo, che appare sconvolto da un cataclisma che si manifesta sotto forma di mega-tornado. Ogni run inizia con l’ingresso in questo cono mistico, una volta sconfitti veniamo sputati fuori dallo stesso. Trattandosi di un roguelike mettete in conto di replicare questo schema un numero indefinito di volte (e tanta, ma tanta, pazienza).
Se volessimo fare gli avvocati del diavolo, la formula del gameplay – facendo strettamente riferimento alle meccaniche di gioco e di avanzamento nei biomi – ha veicolato il nostro ricordo ad Hades, per quanto le similitudini funzionino e non enormemente eccessive. Trattandosi, inoltre, di una versione embrionale e in via di sviluppo, il potenziale per lasciare una traccia tangibile della sua presenza c’è (ed è anche ben auspicante). Senza incedere in parole oltremodo eccessive, vi lasciamo alle nostre impressioni su Windblown, provato in anteprima.
In principio fu Dead Cell
Noi, popolo di videogiocatori seriali, siamo soliti viaggiare di paragoni quando si manifesta dinnanzi al nostro cospetto qualcosa di “già visto” (o che ci si avvicina). Andiamo sul facile quando ci capita tra le mani un prodotto realizzato dalla medesima software house che ci ha già soddisfatti in passato per via delle sue performance. Un po’ perché ci piace avere quella sicurezza di sapere (a priori) dove andare a parare, oltre al fatto che siamo lì sempre pronti ad evidenziare gli errori con la nostra immancabile penna rossa.
Motion Twin, dopo ben 4 DLC all’attivo con il suo primo genito Dead Cell, concepisce una nuova interpretazione del genere roguelike, sulla scorta di una navigata esperienza. Windblown potrebbe anche essere scambiato per un Dead Cell 2 ma, al netto dell’assonanza di genere, di somiglianze ne abbiamo trovate ben poche. La componente action è assai più frenetica, forte della presenza della schivata “infinita”. Quest’ultima è anche un valido strumento per muoversi liberamente (e molto più velocemente) nello scenario.
Soffermandosi sull’elemento “ambientazione”, evidenziamo un altro elemento di differenza rispetto a Dead Cell. Passando dal 2.5D al 3D puro la cura dei dettagli si dimostra fisiologicamente più elevata (sempre in termini di paragone, non esageriamo). Lo stile cartoon che caratterizza il design di Windblown nella sua interezza è l’elemento di spicco di questa produzione, donando un’identità decisa e coerente con il mood del gioco. Ovviamente, non vi aspettate la stessa resa visiva dell’UE5 e similari.
Sul fronte della narrazione, questa versione embrionale del titolo non ci ha permesso di comprendere un granché sugli eventi e siamo andati, come dire, un po’ ad intuito. C’è un gigantesco tornado che contiene al suo interno delle isole volanti. Noi, in qualità di Leaper – ovvero combattenti “simil” immortali impegnati in missioni di ogni genere e tipo – abbiamo il compito di attraversare queste isole fluttuanti sino al termine della run, per transitare, poi, al bioma successivo. Il perché di tutto questo, ad oggi, non è dato sapere (magari lo scopriremo a partire dal 24 ottobre).
Un roguelike da “soddisfatti, o arrabbiati”
Entrando nel vivo del gameplay, le meccaniche di gioco offerte da Windblown vanno prima subite e poi dominate. Non raccontiamo nulla di nuovo, quando si entra in contatto con un roguelike frustrazione ed appagamento viaggiano “a braccetto”, un’irrefrenabile sindrome di Stoccolma che ci rende dipendenti dai diabolici piani del gameplay. Il ciclo morte-resurrezione coincide sempre con un respawn nell’Arca, una specie di hub dove poter fare acquisti e potenziare le caratteristiche del nostro personaggio.
Volendo sempre ragionare per paragoni, le capacità offensive del nostro Leaper assomigliano un po’ a quelle di Zagreus, principe degli inferi nonchè protagonista indiscusso del primo capitolo di Hades. Due attacchi “semplici” a disposizione, uno che agisce a distanza ravvicinata ed un altro che va sulla medio-lungo. Entrambi contribuiscono al caricamento di un attacco potente denominato Alterattack che, oltre a cagionare una quantità di danni parametrato al suo livello di potenza, sprigiona dei debuff che indeboliscono i nemici che capitano a tiro. Restando in tema buff/debuff/perk, anche le armi viaggiano munite di abilità passive, contribuendo alla costruzione di una simil build che alimenta quella voglia di andare sempre avanti e migliorarsi.
Su quest’ultimo aspetto è doveroso aprire una parentesi. Sul fronte dei potenziamenti occorre fare un distinguo tra quelli che vivono e muoiono nell’ambito della run e quelli che accompagnano il nostro immortale eroe nel corso dell’avanzamento nei biomi. Secondo le maledette regole dei roguelike, spesso e volentieri i nostri progressi andranno a finire nel nulla (stavamo per utilizzare un termine poco consono e ci siamo fermati), se cadiamo per mano dei nemici di turno. Così come siamo entrati, in egual modo usciamo dal misterioso vortice, facendo il conto della serva delle monete che possiamo spendere nei vari store dislocati sull’arca. Nella speranza che la prossima run sia quella giusta.