Horizon Forbidden West, senza tanti dubbi, si candida già da ora come uno dei pretendenti più agguerriti in lizza per il GOTY 2022. Certo, siamo solo a metà di un febbraio che promette bombe clamorose (sì Miyazaki, stiam parlando di te), e la strada da qui ai TGA è ancora lunga e ricca di stelle che ne illumineranno il firmamento. Tuttavia, dovessimo puntare su un vincitore, non ci faremmo molti problemi a scommettere due spicci sul successo del nuovo capitolo di Aloy: un sequel oltre le nostre aspettative, capace di dare la giusta luce ad un’eroina che, se già di suo non necessitava di particolari presentazioni, oggi si riconferma più che mai icona dell’universo PlayStation. Con Horizon Forbidden West, i ragazzi di Guerrilla non si limitano ad alzare l’asticella di una quantità di tacche sufficiente a lasciar di sasso il giocatore già dopo le prime ore di playthrough: lo sviluppatore getta il proprio know how sul tavolo, ne analizza punti di forza e tasti dolenti guidato da un driver evidente – migliorare ulteriormente i primi, facendo sparire pressoché del tutto i secondi. Avrete sicuramente capito che con Horizon Forbidden West il team PlayStation realizza un altro centro quasi perfetto: una dimostrazione di forza strepitosa, durante settimane di fuoco a livello societario, che evolve al meglio una delle IP più apprezzate della passata generazione. Che Horizon avesse tutte le carte in regola per trasformarsi in un franchise al pari di Uncharted o God of War non era un segreto, vista la bontà narrativa, ludica e tecnologica del titolo d’esordio: con Forbidden West, Aloy raggiunge una nuova completezza, aprendo le porte di un universo enorme che ci ha rapiti per decine di ore e di cui, ora, vorremmo saperne di più.
L’Ovest Proibito
Horizon Forbidden West riparte a sei mesi da dove, la scorsa generazione, ci eravamo salutati. Le gesta della Salvatrice di Meridiana vengono cantate senza sosta nelle Terre Selvagge, ma la vita sulla Terra è ancora in grave pericolo. Le macchine ribelli, il disastro legato al tracollo di Zero Dawn, l’ombra di Faro e i segreti di Elisabet Sobeck sono ancora una spada di Damocle che pende sul genere umano, braccato da creature sempre più letali e da una Piaga dilagante che minaccia di estinguere ogni forma di vita nell’arco di pochi mesi. L’epica battaglia finale contro ADE, tassello inevitabile in questa gara contro il tempo per salvare il pianeta, era solo l’inizio: GAIA, la super IA creata dalla Sobeck per garantire un futuro alla Terra, APOLLO, EFESTO, MINERVA e le altre funzioni subordinate hanno ancora parecchi segreti da svelare e, più importante, nuovi pericoli di cui metterci al corrente. Perché nel viaggio nell’Ovest Proibito che Aloy sarà chiamata a compiere, una missione ancor più faticosa e complessa della precedente, non saremo gli unici attori a calcare il palcoscenico: nuove tribù ad ostacolare il nostro percorso, nuove macchine letali da abbattere, cicatrici recenti che riaffiorano pericolosamente e, più di tutte, una minaccia chiamata Far Zenith, capace di sopravvivere alla vecchia fine del mondo e, lontana da occhi indiscreti, di ingannare persino il tempo per architettare un temibile ritorno. Non sarà un viaggio facile per Aloy, in questo Ovest stracolmo di insidie. Ma la posta in gioco, mai come ora, è altissima: e il tempo a disposizione, inutile dirlo, è forse troppo poco…
Avrete sicuramente notato come in questa sinossi ci siamo tenuti abbondantemente sul vago, al fine di evitare spoiler di una sceneggiatura che, senza dubbio, mostra un’evoluzione drammatica rispetto a quanto visto su PS4. Horizon Forbidden West è narrativamente sontuoso: la profondità della main story, l’intricato ordito impreziosito da inaspettati plot twist e, ancor più, dall’introduzione di nuovi fattori chiave tutto tranne che prevedibili si dimostrano catalizzatori istantanei per la curiosità di chi gioca. La struttura open world del titolo, di cui discuteremo a breve, si dimostra perfettamente funzionale anche sotto la lente della narrazione: le numerose side quest arricchiscono il tema portante di dettagli, appunti, sottotrame che danno al tutto nuova profondità: la mole di informazioni reperibile da registrazioni, log o dialoghi è impressionante, e permette di apprezzare al meglio la scrittura di Guerrilla, chiamata ad un lavoro monumentale che getta le basi di un universo potenzialmente infinito. Del resto, se con il capitolo originale si è scalfita la superficie dell’epopea di Aloy e delle Terre Selvagge, con Horizon: Forbidden West abbiamo spostato i riflettori ad Occidente, per far luce sulle cause della fine del mondo antico e sulle colpe dei Predecessori. Ma di cose nuove da raccontare, con queste premesse, non ne mancherebbero certo.
La perfezione dell’Open World
La struttura ludica di Horizon Forbidden West, in generale, ricalca gli stilemi open world che hanno caratterizzato il primo capitolo. Il playthrough si articola in un lungo set di missioni principali che conducono da un capo all’altro in una vastissima area di gioco, costellata da un cospicuo nugolo di missioni secondarie, sfide, attività corollarie utili a livellare Aloy, a reperire materiali da investire nei modi più svariati (acquisto di equip, parti di macchine, cibo) o armi/abiti di rarità ed efficacia crescenti. Inutile dire che in questo nuovo capitolo, oltre a graditi ritorni (i contratti, gli override sul Collolungo, i Calderoni, i Terreni di Caccia e via dicendo) non mancano new entry di varia natura: la presenza di gare di corsa a bordo delle macchine, le sfide a Batosta (il Gwent nell’Ovest Proibito, dove al posto delle carte si usano delle statuine), Arene di Lotta o contratti speciali necessari all’apprendimento degli override più avanzati, così come quelli offensivi e difensivi. Se da un lato l’impressione di sentirsi schiacciati dalla mole di cose da fare, almeno nelle battute iniziali, è qualcosa contro cui ci scontreremo tutti, dall’altro è eccellente il senso di progressione e di sviluppo del personaggio che i quest designer di Guerrilla hanno saputo imprimere nelle dinamiche di gioco.
Allontanarsi dal solco principale per perdersi in una delle mille richieste che, più o meno fortuitamente, ci verrà posta da un NPC, non solo sarà inevitabile, ma fisiologico per la progressione. Questo perché avamposti e campi base dei ribelli Tenakth (la nuova fazione dell’ovest, molto più incline alla violenza che alla diplomazia) richiederanno armi adeguate, tecniche più incisive o, in generale, un livello di exp di Aloy consistente per essere affrontati; perché ci saranno nuove macchine potenti e letali, pronte ad abbatterci in un sol colpo; perché ci saranno nemici agguerriti, capaci come i Tenakth di addomesticare e cavalcare le macchine, o di utilizzare la tecnologia dei Predecessori per creare armi da fuoco che, difficilmente, riusciremmo ad abbattere senza un giusto allenamento. Ed è qui che si fa evidente un altro punto forte di Horizon Forbidden West, il bilanciamento della componente esplorativa: divagare nelle side quest è fondamentale per sviluppare il personaggio, ma molti percorsi o “zone segrete” saranno inizialmente preclusi, a patto di non essere in possesso della strumentazione adeguata. Strumentazione che sbloccheremo nella progressione principale previa apposite missioni – il rampino è cosa nota, ma l’Alascudo, il respiratore subacqueo, il Segatralci o lo strumento contro le Splendifiamma richiederanno sana fatica per essere acquisiti. Per procedere nell’avventura principale, pertanto, è necessario smaltire quante più side possibili, ma molte di queste, per essere completate (perché sì, stiamo parlando di secondarie complesse, articolate su più missioni), richiedono equip avanzati che troveremo più in là nella main story: si parte spiazzati, è vero, ma si finisce per apprezzare rapidamente questa scelta – che, come accennato, permette di arricchire la narrazione principale con i dettagli reperibili nelle aree secondarie. Oltre, ovviamente, a far lievitare il conto delle ore di gioco.
Rotolando verso Ovest
L’esplorazione rappresenta uno dei cardini portanti del titolo: e sotto questa lente, la parola d’ordine non può che essere verticalità. L’ottimo open world di Zero Dawn viene rivoluzionato ed ampliato dalle nuove possibilità offerte dall’Alascudo e, soprattutto, dal Rampino. Complice il nuovo sistema di arrampicata libera, che permette ad Aloy di scalare gran parte delle pareti rocciose con più naturalezza ed immediatezza (senza costringere i dev a creare enormi “gradini spigolosi” a cui aggrapparsi), le porzioni di mappa sviluppate lungo la componente verticale, che richiedono spesso di mixare gli elementi appena descritti, diventano rapidamente la norma. L’immancabile Focus, aggiornatosi in questa seconda iterazione per facilitare tanto l’esplorazione quanto il combattimento, permette con una pressione veloce di effettuare una scansione dell’area in cui Aloy si trova – oltre ad evidenziare la presenza di collezionabili, eventuali macchine e fauna, fornisce un’indicazione sulle pareti scalabili. Esplorare Meridiana o le capitali Utaru e Tenakth, autentiche roccaforti che si stagliano verso il cielo risultando visibili a chilometri di distanza è più facile e soddisfacente, e regala allo stesso tempo dei panorami ideali per sbizzarrirsi con l’ottimo photo mode di cui Horizon Forbidden West è provvisto. Senza contare le meraviglie offerte, in fasi avanzate, dalle stesse macchine alate…
Non bastasse il cielo, anche l’esplorazione marina non è da sottovalutare. Acclamate sin dai primi trailer del titolo, le sezioni subacquee rappresentano un passaggio meraviglioso in tutto il playthrough di Horizon Forbidden West. Al netto della realizzazione tecnica sontuosa, la possibilità di spingersi nei più profondi recessi marini, alla scoperta di vecchie città sommerse o alla ricerca di reliquie e artefatti preziosi pone ulteriormente l’enfasi sul concetto di Open World secondo Guerrilla, un mondo dove non esistono barriere e che sia quanto più esplorabile possibile – ve ne accorgerete da soli, una volta raggiunta “una celebre oasi in mezzo al deserto”, di quanto questo paradigma di gioco sia vincente e meraviglioso da giocare. Sfruttare le acque più profonde e la vegetazione marina, oltre a procacciare qualche collezionabile utile, ci permetterà anche di sfuggire indenni dalle attenzioni dei nostri nemici – ma attenzione, non tutte le acque sono tranquille. E le armi di Aloy, sott’acqua, non servono a molto…
La Salvatrice di Meridiana
La componente combat di Horizon Forbidden West rappresenta l’altro pilastro dell’opera di Guerrilla. Partiamo ancora una volta dalla base collaudata di Zero Dawn, la cui formula viene arricchita da nuove meccaniche e da espedienti interessanti volti a rendere ancor più coinvolgente il combattimento. Il Focus, per iniziare, permetterà ad Aloy non solo di analizzare una macchina nella sua totalità, ma di dettagliarne le componenti principali e punti deboli, con tanto di possibilità di “taggarli”. Un upgrade che dona tatticismo alle sfide – specie contro le macchine enormi – o una vita più facile nei Cambi Base dei ribelli di Regalla, la traditrice Tenakth, dove queste sono asservite ai suoi vendicativi scopi. In termini di arsenale, le armi più tradizionali di Horizon tornano al proprio posto, adottando un “restyle” in linea con lo stile delle tribù dell’Ovest: non mancano nuovi gingilli, come l’interessante Lancia-Punte che, se usato a dovere, permette di scagliare un devastante concentrato di proiettili verso il bersaglio.
Molte armi Rare possono essere sbloccate al completamento delle side quest, ma approfittando dei Terreni di Caccia potremo guadagnare set di medaglie spendibili per l’acquisto di armi leggendarie. Non si tratta di passaggi obbligatori, ma vi garantiamo che la giusta arma, al momento giusto, fa la differenza – specie alla luce dell’IA nemica, che tanto nel caso delle Macchine che in quello umano, a livelli avanzati, sa dare del sano filo da torcere. Mantenuta in continuità anche la meccanica degli elementali, con attacchi (fuoco, gelo, acqua, veleno, elettrico e plasma) che si rivelano più o meno efficaci a seconda dei weakpoint nemici: tale meccanica è la stessa che governa il sistema di abiti di Aloy, che – come in Zero Dawn – donano vantaggi anche notevoli (in base a rarità e potenziamento) ma, allo stesso tempo, possono rivelarsi inutili, se non talloni d’Achille, a fronte di specifici colpi.
Novità in vista anche in termini di skill tree, che adotta una suddivisione in sei pilastri (Guerriera, Intrappolatrice, Cacciatrice, Superstite, Infiltratrice ed Esperta di Macchine) articolati in un set di nodi, da sbloccare investendo i punti exp. Come sempre, tecniche o abilità passive più avanzate richiedono un numero di punti maggiore: inutile sottolineare l’importanza di percorrere questo skill tree quanto più possibile, visto che la totalità delle tecniche più interessanti sarà accessibile solo da questo entry point. Potremo scagliare simultaneamente più frecce verso un unico bersaglio, dare il via a combo in grado di stordire temporaneamente i nemici, aumentare il tempo di concentrazione in fase di mira, ridurre i materiali per il crafting o aumentare la quantità ed efficacia degli oggetti creati: considerando il numero di nodi disponibili (sopra i 150), c’è ampio spazio per trasformare Aloy in una guerriera degna di nota. Il vero game-changer è rappresentato dal Valore, meccanica che permette di immagazzinare l’energia degli attacchi portati a segno da Aloy nella sua lancia, per poi rilasciarla in un sol colpo scoccando una freccia in una specifico bersaglio illuminato nel nemico. Questa Esplosione Risonante è solo la punta dell’iceberg: ogni pilastro offre infatti due ulteriori tecniche avanzate, le Cariche Valorose, ciascuna potenziabile per un massimo di tre livelli.
La Carica Valorosa è legata a doppia mandata alla raccolta del Valore: a suon di colpi riempiremo un meter che permetterà di attivare la Carica equipaggiata con la pressione di R1 dal menù radiale delle armi. Le dodici tecniche disponibili spaziano dall’aumento della chance di infliggere un critico con danni potenziati ad un maggior damage degli attacchi a distanza, passando per la possibilità di rendersi temporaneamente invisibili al nemico a patto di non attaccare. Di volta in volta, potremo equipaggiare una Carica dal relativo ramo dello Skill Tree – fermo restante che, ad ogni selezione, il citato meter sarà resettato. Questo si traduce in una modularità del combattimento che si adatta in modo naturale al playstyle dell’utente, garantendo la possibilità di differenziare l’approccio tattico-offensivo a seconda della sfida intrapresa. Un qualcosa in parte già presente nel DNA di Zero Dawn, ma non a questi livelli.
Un’eroina di nuova generazione
Prima di addentrarci nella consueta disamina tecnica, c’è ancora un aspetto che merita attenzione: la caratterizzazione di Aloy. Se Horizon Forbidden West rappresenta, sotto ogni punto di vista, la migliore delle evoluzioni per l’ottimo Zero Dawn, possiamo affermare lo stesso anche in termini di crescita e sviluppo del personaggio. La personalità di Aloy, oggi più che mai, è un prisma che ne riflette le più differenti sfaccettature: l’insicurezza contrapposta al coraggio, la determinazione che spesso vacilla di fronte alla malinconia, la caparbietà e la tenacia che, come da insegnamento del buon Rost, le permettono di superare le avversità più temibili. Il vero punto di svolta risiede però nella sua capacità di relazionarsi con altre persone, di entrare empaticamente in contatto con quelli che, nel corso dell’avventura, diverranno compagni di viaggio. Ed è qui che la sua personalità evolve, si modella profondamente partendo dalla consapevolezza di non essere più sola: una serie di rapporti che la cambiano intimamente come persona, delineati con maestria dalle penne di Guerrilla.
La stessa maestria che, sotto una lente tecnica, è impossibile non riscontrare in questo sequel. Horizon Forbidden West mette a disposizione un selettore grafico a doppia modalità – Fedeltà (real4k a 30fps) e Prestazioni (4kupscaled a 60fps): posto che, come ribadito in altre sedi, l’impatto visivo della variante Fedeltà è impressionante, i 60fps sono oro colato per la natura di questo gameplay – per noi, una scelta pressoché scontata. Ineccepibile il character design, che su Aloy in primis e, parimenti, sui comprimari regala una modellazione sontuosa, una ricerca maniacale del dettaglio e una cura dei particolari, specie in termini di espressività facciale, davvero impressionanti. Il tutto corroborato da un cast di stelle tra cui spiccano, oltre all’ottima Ashly Burch, volti del calibro di Lance Reddick e Carrie-Ann Moss. Notevole il nuovo parco animazioni, con un risultati sempre convincenti al netto di qualche rara imprecisione. La potenza di PS5 si fa sentire in questa esclusiva di lusso che, come prevedibile, tira fuori le unghie quando si parla di Macchine. Il nuovo bestiario, oltre 40 creature, è fuori scala: tra vecchie conoscenze e nuovi arrivi, l’attenzione riservata ai dettagli di queste mostruosità bio-elettro-meccaniche è qualcosa che, da sola, vale il prezzo del biglietto. Basta attivare il photo mode e giocare con zoom e inquadratura per notare quante minuzie sfuggano, in partita, anche all’occhio più attento.
Sul level design beh, immagini e trailer pubblicati sinora parlano da soli. La vastità della mappa ha permesso ai dev di sbizzarrirsi con i vari biomi, ragion per cui ci troveremo a vagare tra deserti aridi e foreste lussureggianti, passando per zone costiere che danno sull’oceano e cime innevate poco ospitali. I colpi d’occhio sono estasianti e brulicanti di vita, con scorci ispirati ed evocativi in grado di distogliere l’attenzione del giocatore dal proprio obiettivo. Leggeri cali di frame rate o popup di elementi di scena si contano sulle dita di una mano: a voler essere pignoli, nelle sequenze “video in motore di gioco” si nota un calo di risoluzione per personaggi e oggetti in background – che appaiono meno nitidi e rifiniti rispetto al focus primario dell’inquadratura. Ma ok, stiamo spaccando il capello…
In termini di prestazioni, PS5 porta a casa il punto senza indugi. I caricamenti fulminei sono la norma per i prodotti first party, e anche in questo caso non sarà necessario attendere più di una manciata di secondi per riprendersi da un KO o caricare un salvataggio. L’integrazione dell’ecosistema Sony è come sempre funzionale: l’Audio del Tempest Engine, in coppia con le Pulse 3D, regala una spazializzazione di sostanza che permette di individuare senza problemi le fonti sonore (opzione molto utile, specie nei combattimenti più complessi). L’effettistica ambientale dona un layer d’immedesimazione aggiuntivo, ma è quando ci si ritrova nei fondali marini che l’impianto sonoro di PS5 dà il meglio. Lato DualSense, Guerrilla ha utilizzato sapientemente l’iconico pad di nuova generazione: dal microfono integrato, presenza costante in ogni combattimento, dialogo o “passeggiata”, al rumble, usato con arguzia quando Aloy attraversa l’erba alta o nelle sequenze sottomarine. Spazio anche ai trigger adattivi, che fanno senza dubbio “il proprio” senza però lasciare il segno come visto, ad esempio, in Returnal: i dorsali trasmettono positivamente la tensione di archi e spara-trappole opponendo la giusta resistenza nella corsa, riuscendo a simulare in modo convincente anche l’effetto “grilletto” nell’utilizzo di armi da fuoco. Nel complesso, l’avrete capito, il risultato è decisamente positivo: così come avrete capito che, da qualsiasi parte lo si guardi, Horizon Forbidden West farà parlare di sé ancora per parecchio tempo.
La recensione in breve
Horizon Forbidden West incarna alla perfezione tutte le aspettative e i desideri che milioni di fan di Guerrilla, terminato il primo capitolo, avevano riposto nel sequel. Un’opera mastodontica, un open world di elevatissima caratura che spinge ad un livello successivo quanto di eccellente svolto con Zero Dawn: che la si osservi sotto una lente narrativa, tecnologica o di puro gameplay, la nuova avventura di Aloy nell’Ovest Proibito convince senza remore alcuna, irradiando grinta e carattere tipiche delle produzioni destinate a divenire paradigma. Difficile immaginare un ritorno migliore per la Salvatrice di Meridiana, la guerriera dai capelli di fuoco ormai icona imprescindibile dell’universo ludico di Sony: difficile pretendere di più, al netto di qualche piccolissima sbavatura, da un colosso open world di tali proporzioni, dove esplorazione e combattimento coesistono in armonia in un level design da manuale, tenuti coesi da una narrazione che mostra evidenti tratti di maturazione rispetto al passato. Un titolo imperdibile, obbligato – inutile dirlo – per gli habitué di Zero Dawn, ma altrettanto immancabile per i possessori di PS5 e PS4. Un ritorno, quello di Aloy, che valeva davvero la pena attendere.
-
Voto Game-Experience