Ubisoft ha avuto una grande influenza nella vita di noi tutti videogiocatori con i suoi titoli, sin dagli albori, hanno influenzato pesantemente l’industria e tutt’ora a distanza di 35 anni detiene tanti franchise di rilevanza mondiale, che piacciono sia a grandi che piccini.
Affronteremo i 35 anni in 3 diversi speciali dedicati alla grandiosa storia di Ubisoft, che parte dalla sua creazione fino ai giorni nostri, il tutto raccontati attraverso i giochi e gli eventi più importanti dell’azienda. In questo articolo vedremo come è nata l’azienda e come si è sviluppata passando da Rayman fino alla sua seconda grande IP, Tom Clancy’s Splinter Cell.
Preparativi una bella bevanda rinfrescante e delle patatine, e cominciamo! Buona lettura!
Tutti gli inizi partono da una buona idea
Ubisoft è nata dalla grande volontà imprenditoriale dei 5 fratelli Guillemont, Yves, Claude, Michel, Christian e Gérard, di investire nel mercato della distribuzione informatica, acerba ai tempi. All’inizio degli anni ’80 notarono che i costi per l’acquisto di computer e software da un fornitore francese erano maggiori rispetto all’acquisto degli stessi materiali nel Regno Unito e alla spedizione in Francia, e giunsero all’idea di creare un’attività di vendita per corrispondenza di computer e Software. Fondarono nel 1984 la Guillemont Informatique, con a capo Claude mentre gli altri si suddividevano nell’attività di famiglia e la neonata azienda.
Il successo non fece tardi ad arrivare: partendo come una semplice attività di corrispondenza, l’interesse dei rivenditori si concentrò su di loro data la loro convenienza rispetto alla concorrenza francese, portando l’attività a gestire una grosse mole di ordini. Dato gli enormi introiti, crearono nel 1985 un distaccamento dedicato alla vendita di hardware di computer, la Guillemont Corporation, mentre la sede principale continuava a ricevere sempre più clienti. Mentre erano in ballo con le due aziende notarono che il mercato dei videogiochi, battezzato in Europa dall’eco di vendite del NES, era un’ottima occasione di investimento data la loro conoscenza approfondita della pubblicazione e della distribuzione, perciò scelsero di fondare il 28 marzo 1986 la Ubi Soft Enterteinment S.A.
Dalla nascita al successo
Il primo anno fu all’insegna della pubblicazione massiccia e dell’organizzazione degli uffici, con più spostamenti nel territorio francese e la creazione di un team che avrebbe creato il loro primo gioco, Zombi. Con sede amministrativa a Créteil, il team di sviluppo risiedeva invece in un chateau della famiglia Guillemont nella Bretagna, dove i vari lavoratori sviluppavano e vivevano. In quella magione c’era un grande movimento di persone: chi si proponeva come sviluppatore per Ubisoft veniva trasferito lì e vi furono tanti che lasciarono il lavoro o che si spostavano tra gli uffici. Ai tempi non esisteva l’internet di massa, perciò le persone come si candidavano per un posto di lavoro del genere così di nicchia? Annunci nelle varie riviste di settore o simili. C’erano delle cartoline già compilate o una pagina dedicata all’annuncio con i vari dati dove mandare le proprie candidature, ma, i più fortunati, quelli bravi, potevano essere semplicemente notati grazie ai vari contest che le aziende facevano per farsi conoscere. Tra questi fortunati c’era anche la figura che avrebbe cresciuto Ubisoft ad azienda leader nel settore di sviluppo, fiancheggiandola ai colossi di un tempo: Michel Ancel, il creatore di Rayman e Beyond Good & Evil.
Oltre a Zombi, nello stesso anno Ubisoft pubblicò Ciné Clap, Fer et Flamme e Masque, oltre a Graphic City, un programma di editing degli sprite. Come primo gioco, Zombi divenne un successo di critica e commerciale e nel gennaio 1987 vendette cinquemila copie (erano tantissime ai tempi, soprattutto perché i giochi erano un bene di lusso). Inoltre l’azienda stipulò una partnership di distribuzione per i giochi in uscita in Spagna e Germania Ovest, così da importare i prodotti dall’estero per la distribuzione in Francia, come le versioni del 1987 di Commando (che vendette 15 mila copie) e Ikari Warriors di Elite Software.
Michel Ancel, un ragazzo portentoso
Michel Ancel aveva circa 15 anni quando inviò una sua animazione divertente sullo strato dell’ozono (argomento molto discusso nel 1988, quando il fenomeno è diventato virale) a Ubisoft per un contest su una rivista. Non vinse nulla, ma ricevette una chiamata da Ubisoft che lo invitò in sede. Dopo le varie sessioni iniziali, il giovane sviluppatore fu trasferito alla magione dove inizialmente dovette aiutare i membri del team sullo sviluppo di titoli che nei prossimi anni sarebbero usciti, tra cui Intruder e Brain Blaster, quest’ultimo ancora trovabile in rete grazie a dei fan appassionati. Nello stesso anno entrò nel team Serge Hascoët come game tester, che mostrando le sue grandi doti aziendali nell’impresa, scavalcò la scala gerarchica dell’azienda fino a raggiungere qualche anno dopo un ruolo chiave per la prima grande IP di Ubisoft. Infine (era un anno ricco di novità per l’azienda) Yves Guillemot ottenne il ruolo di “capo supremo”, Chief Executive Office, dell’azienda con al suo fianco i fratelli per la gestione dello sviluppo e delle finanze.
Con già un portfolio importante, Gérard Guillemont affidò l’incarico di fare il porting di Brain Blaster su Gameboy a Michel, la nuova console portatile Nintendo che nel giro di qualche mese sarebbe approdata sul mercato, con l’obbiettivo di renderlo giocabile quanto un Super Mario (ricevette la console 6 mesi prima del lancio, era molto contento). In questo frangente Ubisoft ha dimostrato di guardare al futuro del mercato, questo perché mentre i competitor si concentravano sullo sviluppo su Amiga e Apple System, Gérard riconobbe il potenziale di quella console portatile, scommetendo quindi sul futuro.
Vedremo spesso che manovre/idee del genere influenzeranno non di poco le IP di Ubisoft, confermandosi più volte come delle carte vincenti, ma anche perdenti talvolta.
Rayman, il gioco rivoluzionario
Lo chateau era diventata una spesa eccessiva per l’azienda e con grande rammarico gli sviluppatori si son dovuti trasferire. La magione non fungeva solo come un luogo confortevole per il team, ma anche una grande fonte di ispirazione e motivazione, perciò il distaccamento da quel luogo fu un grosso dispiacere per tutti i membri dell’azienda. Michel Ancel non poté sostenere le spese economiche del trasferimento verso la nuova sede a Parigi, data anche la giovane età dello sviluppatore, perciò fu costretto a ritornare al suo luogo natale con i genitori, ma questo non lo fermò. 6 mesi dopo Ubisoft fonderà una sede a Montpellier dove Michel andrà a lavorare.
Era il 1994 e il Sega Saturn era stato rilasciato in tutta la sua magnificenza. Era molto atteso perché le console che lo avevano preceduto che sapessero sfruttare il 3D, il 3DO Interactive multiplayer, inaccessibile a moltissime persone dato il costo di 1200$ circa al lancio, e il mal concepito Atari Jaguar, non ricevettero successo nonostante la nuova tecnologia.
Un prezzo accessibile, circa, e una macchina che permettesse di vedere un mondo 3D, specialmente quello di Virtual Fighter, erano gli elementi che avrebbero portato al successo il Saturn.
Il 3D era il futuro, la base per creare un gioco che avrebbe venduto milioni di copie, ma Michel Ancel aveva un’idea diversa dal resto del mondo e la voleva mostrare, voleva far vedere a tutti quanto fosse bella. Assieme al suo collega e amico Frédéric Houde presentarono il concept di Rayman a Gérard, Yves e Michel Guillemot e Serge Hascoët: un platform 2D con un protagonista bizzarro e un mondo stravagante, con una demo che mostrava un mondo in continuo movimento. Rispetto a quella presentazione, Michel stava già lavorando alle animazioni e al design del gioco da mesi e alla vista di quel loro lavoro, Michel Guillemot ne fu innamorato, rimanendo convinto che quel gioco sarebbe stato un simbolo per l’azienda “un qualcosa di unico, mai visto nella storia del videogioco, un vero e proprio colpo di genio” dichiarò l’innamorato fratello.
Per Michel Ancel, il suo omonimo Guillemot era una persona importante perché fu grazie a lui che imparò molte cose, come altri sviluppatori; non era una persona che si mostrò molto perché gli piaceva lavorare a contatti con i suoi dipendenti, con l’obbiettivo di trasformarli in professionisti. Proprio per questa passione, alla vista del lavoro di Ancel e Houde, Michel Guillemot affidò al progetto un centinaio di sviluppatori che avrebbero lavorato tra la sede di Parigi e quella di Montpellier. Inizialmente il gioco doveva nascere per Super Nintendo CD System, però poi lo trasformarono per Atari Jaguar e infine per Playstation 1.
L’obiettivo era rilasciare il gioco all’uscita europea della Playstation così da ottenere più pubblico possibile, ma non ce la fecero. Comunque la fortuna sorrise a Ubisoft e quando il gioco era pronto per il rilascio c’erano solo 9 giochi disponibili per la PSX, perciò poca concorrenza. Il gioco uscì nel 1995, venne mandato alla stampa e lo esaltarono tra la carta stampata delle riviste, però all’inizio non fu un successo: ai tempi i giochi costavano molto ed erano tantissimi a non avere molti giochi originali, perciò l’acquisto di un singolo titolo era molto ponderato rispetto a ora. Il prezzo competitivo ai titoli giapponesi fu un danno per le vendite nel primo periodo, che andarono bene ma niente che fecero gridare al successo. I risultati però iniziarono ad arrivare mesi dopo e, mese su mese, sempre più copie vennero vendute fino a rompere i record.
Rayman fu il primo gioco interamente realizzato e pubblicato da Ubisoft, il successo che ricevette fu meritato data la grande originalità del titolo e il coraggio del team di sviluppare un gioco 2D quando il 3D era la moda. Semplice e efficace, l’avventura fantasy del protagonista trasportava il videogiocatore in un mondo stravolgente con nemici e alleati stravaganti in design che in carattere, il tutto in un gameplay tutt’altro che semplice. Questa è stata la chiave di successo del gioco di Ubisoft.
Per i primi due anni vendette 900 mila copie, ma quando il gioco diventò famoso raggiunse le top ten di moltissimi Paesi, come in Gran Bretagna che diventò il gioco più amato dagli inglesi vendendo 5 milioni di copie, superando Tomb Raider II e Gran Turismo.
Furono pubblicati altri due capitoli nei due anni successivi, non dei successi come il primo, ma comunque apprezzati dalla critica e dal pubblico.
L’espansione mondiale
Il 1996 era l’anno dell’arrivo del Nintedo 64 assieme al rivoluzionario Mario 64, l’arrivo di Quake tra i computer dei giocatori e le persone iniziavano a camminare per strada con il primo cellulare a conchiglia Motorola StarTAC, e forse ascoltavano Eros Ramazzotti (Il singolo Più Bella Cosa era ascoltato in tutto il mondo).
Mentre accadeva tutto ciò, gli introiti di Ubisoft raggiunsero le stelle toccando gli 80 milioni di guadagni, perciò l’operativo dell’azienda scelse di espandersi fondando così nuovi studi in Cina, Canada, Giappone, Spagna, Italia e Marocco nei successivi due anni. Questa scelta fu un rischio per l’azienda francese perché l’obbiettivo dell’espansione era quello di insediarsi nei vari Paesi dove risiedevano le Aziende Major del settore per ottenere i dev-kit in tempo (la globalizzazione ai tempi non era affermata come ora, perciò le spedizioni di prodotti del genere erano fatti in lotti con mesi e mesi di ritardo) e fare concorrenza con le stesse aziende mostrando la propria presenza nel territorio. Non era un’azione facile perché dovevano competere con aziende che vivevano sul territorio da 5 o più anni, ma le persone iniziavano a conoscere Ubisoft ed apprezzarla, e Rayman è stato il suo cavallo di troia.
Nel 1999 arrivò l’internet in Europa, quello importante e “veloce”, quello con un potenziale enorme e Yves Guillemot, col suo naso acuto, lo notò e ci volle investire: i quattro fratelli Guillemot fondarono un distaccamento dedicato unicamente ai giochi Free-to-play online, Gameloft, che fu assegnata alla gestione di Gérard. Nonostante la scelta visionaria, tale mossa fu troppo anticipata rispetto ai tempi perciò l’attività fu poco redditizia in quanto era difficile monetizzare in quel mercato. A salvare la situazione è stato Michel che aprì in parallelo una società che si occupava di creare giochi per cellulare. Ubisoft scelse di vendere i diritti di tali giochi ad altre compagnie e questa mossa moltiplicò il valore delle azioni dell’azienda di cinque volte. Dato l’alto valore di Ubisoft, i fratelli scelsero di investire nuovamente nel mercato perciò raccolsero 170 milioni di euro per acquistare lo studio Red Storm in California.
Erano conosciuti bene in Europa e in Asia, ma Ubisoft aveva grosse difficoltà nelle vendite in America perciò il loro focus era quello di creare una nuova IP accattivante per il mercato americano e che potesse competere con i titoli più grossi del momento. L’acquisto di Red Storm non fu casuale: negli anni precedenti al 2000 l’azienda californiana ha pubblicato molteplici giochi della serie Tom Clancy’s che hanno fatto breccia nei cuori di moltissimi giocatori americani data la grande rete di gioco online che creò, perciò Ubisoft volle utilizzare le capacità del team di sviluppo PC e Online di Red Storm per creare una nuova IP.
Splinter Cell, il gioco della globalizzazione di Ubisoft
Microsoft annunciò nello stesso marzo 2000 l’uscita di una sua console, la Xbox, che avrebbe dovuto competere con l’appena uscita Playstation 2 e Nintendo GameCube. Ubisoft si organizzò bene per questo momento: la crescita dell’Azienda, l’acquisto della Red Storm e l’avvenuta della console americana più potente di tutti i tempi, tutto era stato progettato per questo, mancava solo il gioco.
Inizialmente Red Storm rilasciò all’uscita della console Tom Clancy’s Ghost Recon, uno dei primi giochi che lavoravano decentemente con Xbox Live, offrendo una bella esperienza multiplayer ai giocatori. Dove su PC dominava l’online experience il capolavoro di Epic Unreal Tournament, su Xbox c’era Ghost Recon, e poi il successivo Rainbow Six 3, che se la contendevano con Halo e Halo 2.
Mentre lo studio di Montreal e Red Storm stavano lavorando sul brand di Tom Clancy’s, Serge Hascoët, diventato a capo della divisione interna Editoriale (qualsiasi gioco passava per la divisione e veniva valutato, se il risultato era positivo il gioco poteva essere pubblicato), lavorò a un nuovo RTS shooter basato sulle meccaniche stealth di Rainbow Six. Il prototipo ha viaggiato per più studi fino ad arrivare a un piccolo distaccamento di Montreal con un team giovane e un solo obbiettivo: creare uno spy game per console che battesse Metal Gear. Antoine Dodens era a capo della divisione creativa e dovette gestire un progetto ibrido, passato da troppe mani, ma con l’aiuto dei colleghi e del supporto di Serge e di Red Storm, Tom Clancy’s Splinter Cell diventò realtà.
Alla visione del progetto finale, il risultato era ovvio: la qualità c’era, ma un multipiattaforma avrebbe intaccato i guadagni e la distribuzione, allora la scelta più ovvia era quella di puntare sulla console con meno competizione. Ubisoft si presentò a Microsoft con questo spy game e propose l’esclusività. Non ci pensarono due volte e videro in Splinter Cell la giusta esclusiva per alzare l’interesse per la sua console. Microsoft e Ubisoft hanno creato una campagna marketing enorme per far incuriosire i videogiocatori per questa nuova IP, tra video promozionali, cartelloni pubblicitari e demo; venne il 17 novembre 2002 e Splinter Cell entra tra i scaffali dei negozi… è un successo: 2.4 milioni di copie vendute per Xbox in America, più di 6 milioni per tutte le piattaforme disponibili, premiato come all’E3 come miglior Action/Adventure Game, riconosciuto da IGN come miglior esclusiva su Xbox nel 2002.
Ubisoft fece il centro un’altra volta con questa sua nuova IP, talmente tanto che le stesse altre aziende come Sony hanno richiesto delle versioni per la propria piattaforma. Sam Fisher era diventato leggenda e i giocatori ne volevano ancora, ancora e ancora; uscirono altri capitoli successivamente multipiattaforma, e questo ne giovò all’azienda francese.
Mentre il successo di Splinter Cell riecheggiava negli studi di Ubisoft in tutto il mondo, Yannis Mallat, direttore dello studio di Montreal, era contento perché il suo desiderio di mettere mani sul principe era appena stato esaudito.