C’era una volta un robot che si trasformava in un razzo missile con circuiti di mille valvole, e tra le stelle sprintava ed andava. Parafrasando la sigla del robot icona degli anni ’70, ci ritroviamo al cospetto di Ufo Robot Goldrake: Il banchetto dei lupi. Sviluppato da Endroad (in circa due anni) ed edito da Microids, il gioco narra le gesta del mitico super-robot alle prese con l’invasione delle forze aliene di Vega. Il gameplay è quello tipico di action RPG, con il buon Goldrake che sviluppa il suo potenziale (e le sue iconiche mosse speciali) spendendo risorse all’interno di un contenuto skill tree. Senza indugiare oltre, vi lasciamo alla nostra recensione di Ufo Robot Goldrake: Il banchetto dei lupi.
Goldrake, fuori
Endroad confeziona un prodotto unico nel suo genere, riuscendo a portare il mitico Goldrake in un contesto videoludico. Fermiamoci un attimo e chiediamoci chi, prima di loro, era riuscito in questa impresa. Quasi impossibile ricordare le esperienze di Super Robot Wars, anche perché in rarissime occasioni hanno oltrepassato il confine del Sol Levante per giungere nelle piazze (extra) europee. E quella generazione di Otaku – di un epoca compresa tra gli anni ’80 e ’90 – è rimasta sempre a bocca asciutta. Ma dalla Francia è arrivata una nuovo speranza, in grado di alimentare, sin dal primissimo teaser, un’attesa divenuta incalzante e crescente giorno dopo giorno (dopo giorno).
Endroad e Microids ci spediscono,così, a bordo del potente Goldrake (denominato Grendizer in Giappone e Goldorak in Francia), in quello che possiamo identificare come il primo arco narrativo dell’omonimo manga/serie. Vedremo, infatti Actarus respingere i numerosi attacchi del comandante Hydargos, il primo che si è accorto che il principe di Fleed era ancora vivo e vegeto e nascosto nella Fortezza delle Scienze, sotto la protezione del suo padre adottivo e terrestre Dott. Procton. Giunte sulla Terra le forze maligne di Vega tentano un invasione su larga scala, con l’intento di sfruttare il potere dei mostri spaziali per eliminare ogni tentativo di resistenza dei terrestri. Ovviamente, non avevano fatto i conti con la presenza del loro guardiano più potente, l’immenso Goldrake.
Sul fronte narrativo, la storia e i personaggi si dimostrano aderenti alla loro controparte originale, con un filo conduttore emozionale e nostalgico dannatamente efficace. E solo questo è bastato a stimolare il nostro costante interesse verso il gioco, anche se il gameplay si è dimostrato troppo claudicante per sorreggere questa importante operazione nostalgia. Un’operazione credibile sotto il profilo dell’autenticità ma che paga l’inesperienza del team di sviluppo francese, ricordiamo alla seconda uscita sul campo nel mondo dei videogiochi.
Solo un’operazione nostalgia
Fa male quando si finisce contro il muro della delusione. Quando, nella tua testa, immagini un qualcosa come vorresti che fosse, convinto che poi il prodotto finale sia esattamente come pre-figurato, per poi vedere che quell’immaginario finisce nel baratro dell’inconcludenza. Un giro di parole che si riassume solo con una parola: amareggiato. Il gameplay di Ufo Robot Goldrake: Il banchetto dei lupi si presenta, sin da subito, estremamente frammentato, con istanze di gioco legate tra loro da frammenti di cut-scene e dialoghi. L’intera esperienza di gioco, infatti, prevede questi momenti che, a finestre alterne, si riassumono come segue: sessione in stile space invader, combattimenti in stile aRPG (contro i bot), sessioni di space shooting (in terza persona) e battaglia finale con il mega mostro spaziale di livello (con la mossa finale sempre spettacolare).
Questo carosello si ripete all’infinito nell’arco delle circa 10-15 ore utili per arrivare alla conclusione di questa nostalgica esperienza, rivelandosi scontato e ripetitivo sin dalla prima ora di gioco. Ad ogni nuova area esplorabile, per quanto leggermente diversa da quella precedente (e a brevissimo affronteremo anche questo argomento), conosciamo già a priori quello che dovremmo affrontare in termini di situazioni, facendo “ciao ciao” con la manina al famoso effetto Surprise. E se si conosce un minimo la storia di Goldrake si arriva anche ad anticipare qualche linea di dialogo (anche se questo – se lo si vede sotto il profilo fanoboy – non è propriamente un difetto, ma un sincero complimento rivolto agli sviluppatori).
Spostandosi, invece, sulla dimensione esplorativa del gioco, questa ahinoi non si presenta adeguatamente sorretta – a livello tecnico – da quella artistica. Attenzione, a non confondere questo assunto come uno “scarico” di responsabilità, bensì è un mero concorso di colpe. Nel dettaglio, pesa come un macigno l’assenza di una mappa di gioco per orientarsi al meglio sul terreno di gioco. La ricerca di collezionabili, utili e non allo spendita di risorse all’interno dello skill tree, diventa deleteria per via di un FOV (Field of View) deficitario. A peggiorare la situazione vi è anche un approssimazione tecnica, sotto il profilo della definizione grafica, in grado di risparmiare solo i robot. La guerra contro l’impero di Vega imperversa con la sua distruzione sulla Terra, ma gli elementi dello scenario sembrano non soffrire in alcun modo la presenza di questi mastodontici robot che se le danno di santa ragione. Cose di altri tempi…
Un videogioco pensato per gli italiani
Per quanto il nostro lato nostalgico si sia disintegrato di fronte alla disarmante inconsistenza di tutto l’impianto tecnico connesso al gameplay, il nostro accanito fanboyismo nei confronti della celebre opera di Go Nagai è riuscito comunque a far emergere un lato bellissimo di questo videogioco. Parliamo della localizzazione in italiano, un’aspetto che da sempre solleva più di qualche polemica quando si parla di videogiochi minori e che in questo preciso caso si dimostra, invece, come una “perla” nell’oceano videoludico.
Ogni singolo aspetto del gioco, dalle mosse di Godrake alla costruzione dei dialoghi, sin ad arrivare al doppiaggio è stata concepito avendo già il focus sul mercato videoludico italiano. Non parliamo di traduzioni ma proprio di un assett di sviluppo, che parte sin dalle fasi di gestazione del videogioco. Tutto questo ha un senso ed un’origine, da ricercare verso la fine degli anni 70, anni in cui il celebre robot ideato da Go Nagai arrivo in Francia e in Italia. Il successo riscosso è stato fenomenale, arrivando a diventare un vero e proprio fenomeno mediatico per quei tempi.
Ed ecco che arriviamo al dunque di questa nostra esperienza, e ci poniamo un’ultima domanda prima dei saluti: qual’è il pubblico di riferimento di Ufo Robot Goldrake: Il banchetto dei lupi?
VERSIONE TESTATA: PS5
La recensione in breve
Un occasione che quelli di Endroad e Microids non riescono a sfruttare nel migliore dei modi, complice qualche incertezza di troppo. Il gameplay si è presentato, sin da subito, scontato e incapace di rinnovarsi nel corso dell'esperienza. A salvare la barracca ci hanno pensato la storia e la fantastica localizzazione in italiano, gli unici due veri punti di eccellenza del gioco. La dimensione artistica, eccezion fatta per il design dei robot, ci è sembrata troppo approssimativa per un titolo di nuova generazione.
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Voto Game-eXperience