Una pandemia su scala globale sconvolge l’umanità scatenando il panico ovunque e riducendo a zero le scorte di cibo e medicinali. Un gruppo di fanatici creano scompiglio imbracciando armi e inneggiando alla bandiera americana. Vi ricorda qualcosa? Certamente statere pensando all’epidemia di COVID-19 e ai recenti fatti di Capitol Hill. Vero, ma sono anche le trame di The Division e Far Cry 5. Gomblottoh? Cosa ci stanno nascondendo? Sanno qualcosa che noi non sappiamo? Certamente no, ma le somiglianze hanno scatenato ovviamente la curiosità del web. Scopriremo però che queste analogie tra gli eventi narrati in alcuni titoli Ubisoft (e non solo) e fatti avvenuti nella realtà non sono poi così strane…
Tra strade desolate…
Annunciato in pompa magna all’E3 2013 e pubblicato soltanto tre anni dopo, Tom Clancy’s The Division è uno dei titoli più chiacchierati (nel bene o nel male) del decennio appena passato. Lo sparatutto di Ubisoft ha letteralmente “diviso” la critica, impressionando per la riproduzione delle strade New York e per il comparto multiplayer, deludendo però sull’aspetto contenutistico e per aver disatteso parecchie aspettative, soprattutto in termini di grafica. Di certo nessuno si sarebbe aspettato che di li a poco avremmo vissuto in una realtà più o meno simile a quella descritta nel gioco Ubisoft. Le differenze naturalmente ci sono, il virus è diverso e nel gioco si parlava di un attacco bioterroristico che ha avuto come epicentro New York, anche se per certi spiacevoli versi l’America è stata protagonista sia nella finzione raccontata in The Division che nella realtà visto l’altissimo tasso di contagi. Vedere le strade desolate, i negozi chiusi e gli eventi cancellati ha ricordato a molti l’esperienza pad in mano avuta con il primo The Division anni addietro, una triste coincidenza che dimostra quanto certe tematiche non siano molto lontane dalla realtà.
The Division ha avuto anche un seguito, nel 2019, proprio quando il virus era in procinto di stravolgere la vita di miliardi di persone. Non è difficile immaginare quindi la difficoltà e l’imbarazzo di Ubisoft nel supportare e promuovere il suo titolo nel corso 2020, tanto da ritardare il rilascio di update e contenuti aggiuntivi. E cosa dovrebbero dire quelli di Naughty Dog che hanno rilasciato la propria pietra miliare nel pieno della pandemia? Ovviamente trattasi di pura coincidenza, The Last Of Us Part II era in sviluppo da anni, e caso vuole che sia uscito proprio lo scorso anno. Sicuramente Druckmann e soci si saranno chiesti che impatto avrebbe potuto avere la pandemia sulle vendite di un gioco ambientato in un mondo post apocalittico devastato da un virus che ha ridotto gran parte dell’umanità in simil-zombie. Fortunatamente per loro ciò non ha rallentato più di tanto le vendite, permettendogli comunque di piazzarsi fra i titoli più venduti dell’anno. Forse si può addirittura definire una fortuna il fatto che sia uscito proprio in un momento buio come questo. Giochi come The Last Of Us Part II utilizzano scenari distopici e esageratamente catastrofici per mostrarci quanto possa essere determinante la componente umana anche in situazioni simili. Sia The Division che The Last of Us ci mostrano quanto sia importante la coesione e la collaborazione fra diverse persone, a prescindere dalla provenienza, dal proprio credo e dalla propria identità. Allo stesso tempo ci mostrano quanto siano fragili i rapporti umani, e quanto poco basti per generare un conflitto, rischiando di mettere in secondo piano i veri problemi che affliggono la società.
…e consegne a domicilio
Altro episodio di analogia, non meno cupo ed inquietante, è quello di Death Stranding e del suo gameplay incentrato sulla consegna di pacchi da un punto all’altro della mappa. Nell’ormai celebre gioco a firma di Hideo Kojima, il fattorino Sam Porter Bridges si trovava a dover effettuare consegne in una società costretta a vivere nell’ombra a causa degli effetti devastanti della cronopioggia, senza alcuna possibilità di poter uscire all’esterno. Il titolo ha ricevuto l’elogio da parte della critica e da una corposa fetta di pubblico, scatenando però al contempo gli sfottò di alcuni detrattori che l’hanno etichettato ironicamente un “simulatore di Bartolini”. Kojima è stato negli anni definito coi più disparati appellativi, da “genio” fino a “persona che odia i videogame e ama unicamente il cinema”. Nessuno però ha pensato che il buon Hideo potesse essere anche un profeta. Basta uscire in qualsiasi metropoli italiana per rendersi conto della miriade di rider che ogni giorno sfrecciano sulle strade per consegnare in tempo i pasti ordinati sulla app di turno. Forse un giorno qualcuno intervisterà Sam Bridges per chiedergli se guadagna anche lui 4000€
Stelle, strisce e proiettili
Tornando ad Ubisoft, il secondo caso più clamoroso di analogia è certamente quello che “collega” (con le dovute virgolette) i fatti avvenuti a Capitol Hill alla trama di Far Cry 5. L’attacco alla sede del Congresso Usa avvenuto lo scorso 6 gennaio da parte dei sostenitori dell’ormai ex presidente degli Donald Trump ha riacceso la sconfinata fantasia del popolo del Web dando origine alle più variegate teorie strampalate. In mezzo ai complotti sull’infiltrazione da parte degli Antifa (qualcuno ha addirittura confuso il marchio degli Outsider di Dishonored tatuato sulla mano di uno dei rivoltosi per la falce e martello), qualcuno si è accorto che espressioni di violenza simili da parte di soggetti altrettanto strambi erano state in qualche modo previste da Ubisoft tre anni fa. Far Cry 5, quinto capitolo della serie FPS antologica nata da Crytek e passata alla divisione canadese di Ubisoft, ha affrontato, seppur in maniera blanda, la questione sulla pericolosità dei fanatici politico-religiosi. Il gioco, ambientato nella regione fittizia di Hope County, in Montana, vede come antagonista principale un predicatore di nome Joseph Seed, fondatore di una setta chiamata il Progetto. L’obbiettivo della setta è quello di proteggere i propri confratelli da una presunta catastrofe, aizzandoli contro qualsiasi oppositore facendo leva sul patriottismo. I militanti di questa setta sono una rappresentazione chiara e caricaturale di quelli che vengono definiti in tono dispregiativo “redneck” spesso associati ad una frangia politica di estrema destra. E’ quasi impossibile non pensare ai figuri che hanno preso parte all’assalto a Capitol Hill, mossi dall’odio e da principi inculcati da qualcun’altro con brutalità e cieca obbedienza. Purtroppo quella che poteva essere una dura presa di posizione da parte di Ubisoft si è rivelato un fuoco di paglia, fallendo nell’approfondire la tematica fino in fondo. Certo è che non sono pochi coloro che da anni, attraverso i vari medium, cercano di far luce su quella che è a tutti gli effetti una realtà oscura e minacciosa che in molti continuano ad ignorare.
In conclusione, possiamo quindi dire che Ubisoft e soci avevano previsto tutto? Non proprio. Un po’ come la teoria che vuole i Simpson prevedere il futuro, è facile sparando nel mucchio colpire ogni tanto la preda. Certo è che le varie tematiche da cui i vari developer, ma anche studi cinematografici, scrittori ecc. prendono spunto per realizzare le proprie opere non sono quasi mai del tutto campate per aria. Forse dovremmo concentrarci meno sul sensazionalismo scatenato da certe “coincidenze” e più sul perché, ogni tanto, orrori del genere possono trasformarsi in realtà. Non ci resta che sperare che il prossimo Nostradamus in formato digitale non sia altro che Just Dance.