Alla riconquista dei territori perduti, nei panni di un aspirante asso. Anche se si tratta di una versione ancora in via sviluppo – allo stato in early access – Towerborne è riuscito a rievocare in noi quei bei tempi che furono. Il merito (o la colpa) è da individuarsi nel genere scelto da Stoic Games, ovvero un sano picchiaduro a scorrimento immerso in un contesto fantasy-medievale. Tra goblin e mostri fantastici costruiremo il nostro destino e quello degli abitanti di Belfry. Non essendo un gioco dalle grandi pretesi, gli sviluppatori texani riescono comunque a confezionare un prodotto interessante, ben lontano dalle loro pregresse esperienze di The Banner Saga. Bene la componente action, modesta quella RPG e sublime quella artistica. Il titolo non è esente da difetti, ma la strada intrapresa da Stoic Games è sicuramente quella giusta.
Un picchiaduro di nuova generazione
Siamo cresciuti con i vari Street of Rage, Cadillacs and Dinosaurs, King of the Dragons, Knights of the Round e ci fermiamo qui, altrimenti il treno dei ricordi rischia di deragliare. Picchiavamo duro nelle sale giochi, scorrendo ed avanzando di livello in livello, depauperando le nostre finanze di ragazzini squattrinati. Eppure quel genere, quello dei picchiaduro a scorrimento, ha scritto un pezzo della storia dei videogiochi, formando parte di quello che siamo adesso.
Arriviamo, dunque, con queste importanti premesse al cospetto di Towerborne, l’ultimo grande sforzo di Stoic Games. Dopo le fatiche della trilogia di Banner Saga, gli sviluppatori texani passano dal tattico all’action, mantenendo vivo il fuoco del strategico ruolistico. Non vi aspettate skill tree e progressione “per abilità”, la componente RPG si esaurisce alla sola costruzione della build formata da armi, equipaggiamento ed un companion (e quindi un abilità magica).
La storia raccontata in Towerborne è ambientata in un mondo dove la natura ha preso il sopravvento. Un tempo ricche e rigogliose fortezze la dominavano, forti di barriere magiche a protezione delle eventuali invasioni ad opera di mostri di vario genere e tipo. Qualcosa non ha funzionato ed un bel giorno tutto venne spazzato via. Tutto ad eccezione di Belfry, ultimo baluardo della civiltà umana, una cittadina “abbarbicata” su una torre. La nostra leggenda inizia tra le mura di questa città, con una chiamata alle armi per diventare il nuovo Asso, l’ultima grande speranza per la riconquista dei territori perduti.
Inizia così la nostra personalissima crociata verso la liberazione dei territori. La mappa di gioco ci mostra la situazione aggiornata circa la posizione dei nemici, con tanto di zone ad alto rischio. Le run terminano sempre con un combattimento con il boss di zona la cui sconfitta ci ricompensa con un sano e corposo loot che alimenta la costruzione della nostra build.
Uscire dalla zona di comfort
Stoic Games si lancia fuori dalla sua zona di comfort con Towerborne, abbandonando la noti lente e ragionate che hanno caratterizzato le avventure raccontate nella trilogia di The Banner Saga. La nostra fiducia, anche solo per questo “semplice” aspetto, è già conquistata, motivo per cui nutrivamo un vivo interesse rispetto questa nuova esperienza. Come tutte le prime uscite sul campo, commettere dei passi falsi è oltremodo fisiologico e del tutto naturale.
Per quanto siamo ancora in una fase embrionale suo sviluppo, vi sono alcuni aspetti circa il concepimento del gioco che ci hanno lasciati perplessi (ma non del tutto “scontenti”). Gli sviluppatori decidono di separare i momenti di gioco – quello narrativo e quello non – in maniera netta, rinchiudendo il primo nella fortezza di Belfry. La storia, infatti, si sviluppa al suo interno, con i vari e numerosi (e in futuro, speriamo, tradotti in italiano) dialoghi con i vari NPC.
All’esterno delle mura della città le meniamo di santa ragione, apprezzando notevolmente la reattività dei controlli e il combo system che caratterizza la componente action. Insomma, la dinamiche da picchiaduro a scorrimento ci hanno convinto e soddisfatto. Le varie ondate dei nemici bbmettono a dura prova i nostri riflessi e la progressione nei vari livelli del gioco viene premiata con un livello di sfida direttamente proporzionale.
La componente RPG, invece, viene arricchita dalla presenza di 4 classi di personaggi da scegliere, tutte che ruotano al come “menare le mani”: War Clubs, Gauntlets, Dual Daggers, e Swords & Shields. La differenza di approccio aiuta a rinnovare l’interesse verso il gioco, ma la progressione non è condivisa nelle 4 categorie di personaggi, obbligando “forzatamente” a giocare con un ognuna di esse.
Il Dulcis in fundo arriva dalla ispiratissima matrice artistica, di perfetta derivazione anime. Già l’editor di creazione del personaggio trasuda “di giappone”, con la possibilità di confezionare degli assi con eclettiche capigliature e occhioni grandi. La tecnica del simil cell-shading, tipica di quei titoli che vogliono restituire un punto di contatto con il mondo dell’animazione giapponese, dipinge dei paesaggi da cartolina. La Belfry stessa è stupenda e ricca di dettagli, ben definiti e curati.