Fa sorridere pensare che, prima del lontano 1996, nessuno conoscesse il nome di Lara Croft. E forse fa ancora più sorridere il fatto che, prima di quella data, il concetto di “eroina videoludica” fosse una novità del tutto inedita, specie in un contesto action adventure allora d’esclusiva appartenenza al genere maschile. Ma la storia di Tomb Raider, nel bene e nel male, la sappiamo tutti: un franchise da decine di zeri capace di espandersi dal videogioco al cinema, passando per moda, branding e merchandise. Un fenomeno di massa la cui protagonista ha assunto il ruolo di icona mediatica e che, tra alti e bassi durati oltre vent’anni, ha accompagnato la storia dell’intrattenimento domestico.
Nell’attesa di un nuovo capitolo maggiore di Tomb Raider, la cui ultima apparizione risale al 2018 (ma di cui, in modi via via più insistenti, già si inizia a vociferare), è proprio di questi giorni l’arrivo negli store (digitali e non) di Tomb Raider I – III Remastered, attesissima riedizione dei primi tre seminali capitoli della saga (e annesse espansioni) con abiti di nuova generazione. Da tombaroli decennali non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione di tornare a razziare artefatti secolari: ed eccoci qui, non senza un briciolo di commozione, con la recensione di Tomb Raider I – III Remastered.
Un nuovo cofano per il più classico dei motori
I primi minuti con l’ultima creatura di Aspyr, specie per i giocatori più attempati, sono il classico attacco al cuore. Chiunque, anni or sono, abbia speso ore tra cunicoli zeppi di lupi e pipistrelli, templi infarciti di trappole e salti millimetrici da una piattaforma all’altra, difficilmente non avrà vissuto una seconda Epifania nell’approcciarsi a quello che, senza girarci troppo attorno, è un prolegomeno dell’action adventure 3D moderno. Una pietra miliare che, come vedremo a breve, soffre per certi versi (o quantomeno in parte) del peso dei propri anni, ma riesce comunque a regalare un’esperienza immersiva ed emozionante, riportando in auge quella che in origine era l’identità del franchise andata poi in parte persa negli ultimi episodi: l’esplorazione, pura e totalizzante, all’interno di tombe (intese come enormi templi) dispersi nel mondo.
La prima impressione con Tomb Raider I – III Remastered è estasiante: pochi passi tra le rovine del vecchio tempio disperso tra le montagne del Perù bastano ad accorgersi di quanto il lavoro svolto da Aspyr sia proprio quello che ci si aspetta da un restauro di un grande classico. Una resa visiva appagante, fluida e arricchita da nuovi dettagli: verrebbe da dire che lo sviluppatore è riuscito a ricreare “esattamente quello che ricordavo quando muovevo Lara la prima volta”, nonostante la realtà dei fatti (leggasi la grafica originale dei tre capitoli) oggi giorno appartenga a gran diritto alla categoria retrogaming. Che non è necessariamente un aspetto negativo, è bene dirlo: e la possibilità di switchare tra vecchio e nuovo in tempo reale, premendo un semplice tasto (Start su PS5) senza passare per un menu dedicato, dona indubbiamente ulteriore valore aggiunto. Poi ok, che un pixel del 1996 su un TV 4k sia grande come un A4 è un dato di fatto, ma c’è del fascino anche qui.
Tecnicamente, dicevamo, Aspyr ha fatto molto più del semplice compitino. La texturizzazione globale ha subito un revamp significativo, permettendo di dettagliare con più cura l’ambientazione, ancora “spigolosa” nei suoi contorni ma non per questo asettica o fuori contesto. Ottimo il lavoro sull’illuminazione generale, che dona maggior naturalezza alle scene e, di volta in volta, ne enfatizza gli hot-spot più interessanti; a dir poco evidente il lavoro di modellizzazione, tanto di Lara quanto dei nemici che l’archeologa incontrerà nella sua strada. Il lavoro dello sviluppatore è coerente nei tre capitoli di cui si fregia questa Remastered, anche se (e il motivo è abbastanza ovvio) è proprio nel capostipite che l’effetto stupore si fa sentire maggiormente.
Ma non lasciatevi ingannare dall’abito delle grandi occasioni: ciascuno dei titoli di questa Tomb Raider I – III Remastered avrà sì un look moderno, ma nasconde un cuore drammaticamente old-school. La trilogia base di Tomb Raider (e, chiaramente, annesse espansioni) ruota costantemente attorni ai perni dell’esplorazione e, ancor di più, della precisione: salti calibrati al millimetro, sporgenze all’apparenza inarrivabili a cui aggrapparsi in volo, piattaforme che crollano sotto i nostri piedi e che, a meno di un fulmineo balzo, condannano Lara ad una morte prematura e una restart del livello. Ce n’è abbastanza per gioire ma, allo stesso tempo, per maledire la vecchia Core Design per il suo level design ragionevolmente diabolico. Il tutto, ciliegina sulla torta, condito da un sistema di controlli tank (ossia relativo al punto di vista del protagonista, esattamente come accadeva nei primissimi Resident Evil), che i giocatori più giovani troveranno inizialmente più ostico rispetto ai comandi “moderni” – comunque attivabili da apposita opzione. Ma, ed è questo il punto più dolente della produzione Aspyr, verrebbe quasi da dire che il control schema “era meglio quando era peggio” …
Tomb Raider I – III Remastered: non si batte il classico
Avrete capito, giunti a questo punto, che la leva maggiore di questa Tomb Raider I – III: Remastered è esercitata dalla sua capacità di stabilire una connessione col giocatore suscitando in quest’ultimo un costante senso di scoperta e, per quanto scontato, di avventura nella sua accezione più pura. Non è certo un caso se, anni or sono, Lara Croft fosse riduttivamente etichettata come una Indiana Jones in gonnella: di sicuro c’era molto di più di quanto questa definizione potesse tratteggiare, certo è che, con l’evoluzione della serie, la componente esplorativa e legata alla soluzione di enigmi ambientali sia via via venuta meno, lasciando spazio crescente ai combattimenti e all’action, relegando la “caccia al tesoro” a esperienza troppo disgiunta dalla storia principale.
Si torna dunque alle origini, sia in termini narrativi, sia nelle accezioni di regole di gameplay che ne strutturano la base ludica. E sotto questa lente, il già citato tank control trova la propria naturale collocazione, laddove la controparte moderna, per quanto a tratti utile, fatica abbastanza a decollare. Passi il remapping dei tasti (che cambia a seconda della configurazione prescelta, pur rimanendo ulteriormente configurabile a piacimento dall’utente), a fare storcere il naso più spesso è l’impossibilità di compiere con naturalezza determinate azioni che, in modalità tank, scivolano rapidamente.
Saltare all’indietro richiede un tempismo millimetrico, laddove l’azione impartita allo stick sinistro – se non perfettamente temporizzata col tasto del salto – farà immediatamente ruotare la protagonista, privandoci di una possibile via di fuga da attacchi esterni. Stesso discorso per i salti laterali, dove la rotazione dello stick farà girare Lara di lato e, di nuovo, rischierà di vanificare un’ottima strategia per evitare proiettili o animalesche attenzioni. Persino il saltello all’indietro, millenaria via di fuga da pavimenti instabili che celano lame mortali, risulta di controintuitiva attuazione con il control schema aggiornato.
Diciamola per quello che è: questa introduzione di Aspyr può rendere più facile la vita per quei giocatori che il tank control non l’hanno mai davvero vissuto, ma è tutto tranne che amalgamata nella quintessenza ludica di questa Remastered. Senza contare il fatto che, a meno di non switchare al controllo tank, dovremo rinunciare al lock sul bersaglio nelle sequenze ad arma da fuoco, fattore che in scene molto concitate (e nemmeno troppo avanzate, vi basti pensare all’apertura del secondo livello del primo Tomb Raider) rischia di tradursi in un nugolo di colpi sparati a vuoto mentre lupi o orsi banchettano su quello che, a breve, sarà il cadavere di Lara.
Una bella idea? Questo sicuramente, e vale comunque la pena ricordare che, a prescindere da tutto, è sempre corretto dare il giusto plauso ad uno sviluppatore quando cerca di “svecchiare fin dove possibile” meccaniche di gioco tutto tranne che attuali. Non c’è dubbio che, in questo specifico frangente, serva un ulteriore lavoro di polishing che non dubitiamo possa giungere con patch e fix in corso d’opera. Fix che, ci auspichiamo, correggano anche la gestione della telecamera, resa libera in questa nuova modalità ma, troppo spesso, incline ad incastrarsi o compiere voli pindarici inattesi a cui possono fare seguito esiti anche disastrosi.
Il resto, al netto di quanto elencato, può essere tranquillamente catalogato come quella leggera patina di antico che, per un certo verso, rende ancora più affascinante l’operazione Amarcord di Aspyr: e, sotto questa luce, l’assenza di un sistema di auto-salvataggio (al netto di quello rigorosamente manuale, affiancato da un inedito “si salva a livello finito e se si muore prima si riparte dall’inizio dello stage in corso” – che funziona però nella sola partita corrente), ne esce perfettamente contestualizzato. Tomb Raider I – III Remastered punta a far conoscere un pezzo di storia del videogioco ad un’utenza che, per ovvi motivi, quel preciso periodo storico non ha potuto far altro che perderlo: lo fa con umiltà e dedizione, perfezionando un pacchetto non perfetto ma di indiscutibile valore. E, nel farlo, la strizzata d’occhio a quelli che “Io Lara Croft l’ho conosciuta quando ancora non era nessuno” è decisamente sorniona.
La recensione in breve
Tre pietre miliari dell’action adventure più annesse espansioni, una grafica svecchiata come si deve e un gameplay magari non giovanissimo, ma ancora in grado di incarnare alla perfezione il concetto più poetico di avventura. Questa la ricetta alla base di Tomb Raider I - III Remastered, una collezione targata Aspyr che, per gli amanti del genere, dovrebbe già essere etichettata alla voce “must buy”. Non un pacchetto perfetto, specie nelle sue revisioni più moderne, ma non per questo meritevole di attenzione. Senza contare che, a distanza di anni, congelare il vostro maggiordomo all’interno della cella frigorifera non ha letteralmente uguali.
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Voto Game-eXperience