Lo sviluppo di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è stato molto più complesso e ambizioso di quanto si possa pensare. Anche se per molti il gioco rimane un semplice sequel di Breath of the Wild, che ne riprende ambientazioni e meccaniche di base senza importanti trasformazioni, il lavoro richiesto è stato molto importante.
Ne hanno parlato alcuni sviluppatori nel corso della GDC della settimana scorsa. In particolare, il technical director Takuhiro Dohta, il lead physics engineer Takahiro Takayama e il sound programmer Junya Osada hanno lasciato intendere che la realizzazione del videogioco ha posto sfide complesse e ostacoli superati solo con grande impegno e abilità.
L’obiettivo era chiaro, ossia portare a un nuovo livello quanto già visto in The Legend of Zelda: Breath of the Wild. I pilastri portanti di questa esperienza erano due: l’idea di una Hyrule vasta e senza confini e il gameplay moltiplicativo, nel quale fisica e chimica collaboradno per fornire nuove soluzioni per i giocatori. Far evolvere questi aspetti era necessario per dare una ragion d’essere a Tears of the Kingdom.
Takayama ha spiegato:
Quando ho visto il primo prototipo ho pensato che sarebbe stato un grande gioco. Ma sapevo che sarebbe stato anche molto, molto difficile. Mi sono chiesto: lo stiamo facendo davvero? Lo sviluppo sarà un caos. Più ci pensavo e più mi preoccupavo. Ma mi sono reso conto che a volte è importante avere il coraggio di spingersi oltre.
Un discorso tecnico che è stato affrontato in questo incontro riguarda la differenza tra oggetti guidati da leggi fisiche, che hanno una propria massa e una propria inerzia e che reagiscono come oggetti reali, e oggetti cinematici, che visivamente funzionano e sono comodi da implementare, ma che interagiscono in modi inattesi con gli altri tipi di oggetto. Alcuni aneddoti riportati anche da Eurogamer parlano di una situazione in cui interazioni impreviste hanno fatto sembrare lo sviluppo un’operazione impossibile, anche se poi sappiamo bene come sono andate le cose.
La decisione di realizzare un mondo interamente guidato dalla fisica, anche se più complessa a livello realizzativo, ha portato con sé l’espansione del concetto di gameplay moltiplicativo menzionato sopra. Grazie al comportamento realistico degli oggetti nel gioco, le soluzioni a disposizione dei giocatori si ampliano, premiando anche la creatività, con esiti particolari e geniali che anche gli sviluppatori potrebbero non aver previsto.
Gli stessi discorsi di gestione del comparto fisico si sono trasferiti nella creazione degli effetti sonori del mondo di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom. Tutti questi strati di complessità si sono sommati per dare un risultato finale estremamente impegnativo, ma dal quale gli sviluppatori sono usciti con un altro capolavoro che tutti hanno apprezzato e che ha una propria identità anche senza legarlo necessariamente a Breath of the Wild.