Manca ormai pochissimo all’uscita della prima puntata di The Last of Us che in Italia andrà in onda il 16 Gennaio su Sky e in streaming su NOW, una delle serie più attese del 2023. Abbiamo avuto l’onore di guardarla in anteprima e quindi possiamo dare la nostra opinione riguardo l’adattamento del videogioco targato Naughty Dog pluripremiato. Non vi nascondiamo che non sarà facile separare le due anime, quella del gamer e quella seriofilo (se così si può definire), motivo per cui ci siamo morsi la lingua per evitare ogni forma di spoiler.
La trama in breve
La serie è ideata da Craig Mazin (Chernobyl) e Neil Druckman, direttore creativo e sceneggiatore già del videogioco The Last of Us.
La sinossi che ritroviamo è pressoché la stessa del videogioco: la storia è ambientata vent’anni dopo lo scoppio di una brutale pandemia da Cordyceps che trasforma gli esseri umani in non-morti. Il sopravvissuto Joel sarà costretto, in circostanze estreme, a viaggiare attraverso gli Stati Uniti insieme ad Ellie, una ragazzina di 14 anni; interpretati da Pedro Pascal (The Mandalorian) e Bella Ramsey (Becoming Elizabeth e Il Trono di Spade); nel cast troviamo anche Nico Parker nei panni di Sarah, figlia di Joel, e Anna Torv (Fringe) ad interpretare Tess; sono presenti anche i due attori che hanno doppiato Joel e Ellie nel videogioco: Troy Baker e Ashley Johnson.
La magnifica colonna sonora è stata composta da Gustavo Santaolalla, già compositore delle musiche del videogioco che anche qui tendono a sottolineare più l’emozione che l’orrore.
Un adattamento “fedele”
La prima stagione coprirà tutti gli eventi presenti nel primo The Last of Us, ma con elementi inediti: Craig Mazin ha affermato che sarà anche presente una nuova tipologia di infetti, che ha descritto come terrificanti. Un’altra novità nella sceneggiatura è stata dichiarata in questi giorni in un’intervista sempre da Craig Mazin: l’infezione cerebrale da Cordyceps non verrà trasmessa come nella serie videoludica attraverso le spore, poiché avrebbe richiesto ai personaggi di indossare sempre delle maschere antigas danneggiando le loro perfomance; ha voluto poi anche sottolineare che ci tiene molto alla fedeltà col videogioco, tanto da non voler realizzare stagioni che vadano oltre il materiale originale.
Importante considerazione da dover fare, a cui molti magari staranno pensando, è che non è necessario aver giocato il videogioco. Ciò è un grande punto di forza per prodotti del genere, attirerà a sé non solo i fan del gioco e magari porterà nuovi giocatori interessati alla storia conosciuta per caso sul piccolo schermo.
La serie riesce a mantenere in modo impeccabile i punti chiavi delle vicende del videogioco, contestualizzando e romanzando quel che accade senza andare a modificare, quindi, quella che è la storia originale ma semplicemente adattandola a quelli che sono i canoni di un prodotto seriale, che riesce così a trovare un ottimo compromesso tra esperienza filmica ed esperienza videoludica.
Narrazione e tecnica impeccabili
Molto apprezzabile è la costruzione dei personaggi, sia principali che secondari, sono ben scritti e hanno un’ottima evoluzione nel corso di tutte le puntate. Non riusciamo sin da subito ad inquadrare completamente le caratteristiche principali dei personaggi: man mano, durante la narrazione, ci vengono regalati degli spunti. Vedetela come se l’autore stesse cercando di costruire nella mente dello spettatore una sorta di puzzle, con un tassello somministrato in occasione di ogni puntata. I personaggi mutano e al tempo stesso lo spettatore entra in empatia con loro, al punto da anticipare alcuni comportamenti e prevedere le loro azioni.
Per alcuni questo punto potrebbe sembrare un lato negativo della sceneggiatura, invece per questo tipo di prodotto è la scelta migliore. La motivazione è molto semplice: dato che l’opera originale di questa serie è un videogioco, questo tipo di narrazione fa in modo che la visione che lo spettatore ha di quello che accade è come se avvenisse in prima persona, dal punto di vista della personificazione, come appunto in un videogioco. A nostra avviso, la scelta è stata ottima, utile a far vivere al meglio l’esperienza filmica, nonché replicare fedelmente quella videoludica.
Dal punto di vista registico ritroviamo un’attenzione ai dettagli in ogni puntata, molti che ovviamente strizzando l’occhio ai fan del videogioco. Questa attenzione ricade anche, e soprattutto, nella fotografia: sono presenti molte inquadrature, che senza fare spoiler, sono delle piccole citazioni alla controparte videoludica. Estremamente importanti, visto che non solo ricordano la scena in sé ma addirittura ne “replicano” la tecnica. Ciò favorisce anche in questo caso l’immedesimazione nei personaggi e arricchisce ancor di più l’esperienza filmica.
Un titolo che era già pronto per una serie TV
Prima di domandarsi quali sono le cose che funzionano meglio in questa serie TV, bisogna un attimo investigare circa il suo tratto genetico. Parliamo dei videogiochi, opere d’arte in grado di immergere il giocatore in un contesto fatto interazioni ed emozioni. Naughty Dog è riuscita, con The Last of Us, a creare un contesto fatto da personaggi fantastici e ma anche credibili rispetto alla storia raccontata. Il background di ognuno di loro li ha portati a diventare quelli che conosciamo, ed è quel background che ha costruito dei gusci, apparentemente indistruttibili.
La serie tv di The Last of Us parte da questo assett fondamentale, presentando dei personaggi chiusi e di poche parole. Orsi, all’apparenza, ma in grado di stupire quando meno te lo aspetti. Ed è bello assistere a questa evoluzione, dettata con modi e tempi in linea con lo controparte videoludica. Neil Druckman ha consigliato benissimo il suo collega Craig Mazin, e forse siamo giunti al termine della maledizione che vede le trasposizioni fallire clamorosamente. E se questo si concretizzasse, il merito a chi andrebbe?
E ovvio, su Game-Experience si gioca in casa, ma occorre dare “a Cesare quello che è di Cesare”. The Last of Us Part I e The Last of Us Part II sono e sempre saranno dei capolavori indiscussi e senza tempo. Il remake lo ha ampiamente dimostrato. Ma la cosa che sorprende e il vedere come il mondo del cinema, quando riserva il giusto rispetto a quello videoludico, è in grado di compiere dei miracoli. Certo, alcune cose devono per forza di cose cambiare per essere credibili sul palcoscenico, ma sono i dettagli che fanno di questa serie tra le più fedeli in circolazione.
Probabilmente siamo al momento zero, e d’ora in avanti si seguirà l’esempio delle serie tv di The Last of Us, con Game Director e Series Director “a braccetto” a dirigere le riprese. Mi piace pensare questo, anche in virtù della serie TV di God of War e della sua possibile fedeltà rispetto ai videogiochi. Sognare non costa nulla, ed è ciò che mi è capitato visionando i 9 episodi.
In conclusione
La serie è da vedere assolutamente, sia che voi siate fan del gioco sia che non ne sappiate veramente nulla. The Last of Us riesce a prendere posto nel cuore di tutti, “mascherandosi” da serie tv zombielike. Con il giusto tempo si apre ad argomenti come la famiglia, l’amore e la vita ma anche la solitudine e la sopravvivenza: tutto quello che potreste volere da un prodotto del genere. Una serie ambientata in un mondo post-apocalittico che può ricordare a tratti – soprattutto per la trama di base – The Walking Dead. Forse è qui che mi sono resa conto della grande differenza tra le due serie e che mi ha fornito la voglia di continuare a guardare The Last of Us: non si focalizza totalmente sugli zombie rendendoli veri e propri protagonisti. Per carità, sono parte centrale della storia, ma qui la loro presenza non infastidisce mai e non danno mai la sensazione di essere “di troppo” rispetto alle vicende, cosa che invece a parer mio accade in The Walking Dead.
Gli infetti/zombie esteticamente sono estremamente belli e terrificanti allo stesso tempo, in parte trucco e in parte CGI hanno una bella presenza scenica, molto spesso proprio come se fossero un tutt’uno con la scena e quindi con tutta l’ambientazione, che è quella di un mondo che oramai è tornato alla natura. La civiltà moderna è morta e gli animali e le piante si riprendono quello che un tempo era già loro.
Un mondo in cui troviamo, quindi, un Joel che ha sofferto e che continuerà sempre a soffrire, ma sarà forse quella sofferenza che gli darà la possibilità di credere in qualcosa o in qualcuno, un padre che vuole fare il padre. Ellie invece è una figlia che non l’ha mai avuto un padre e non ne ha bisogno, ma ha bisogno di Joel perchè sa di avere qualcosa di speciale e sa che Joel può aiutarla a “riscattarsi”. Due persone che hanno bisogno l’uno dell’altro ma che non lo ammettono, e va bene così se stiamo parlando di The Last of Us.
La recensione in breve
Estremamente fedele al videogioco riesce a farsi spazio nel cuore dei fan e non. Sceneggiatura impeccabile con un'ottima evoluzione dei personaggi principali. Fotografia che ricorda molto quella di un videogioco aiuta l'immedesimazione dello spettatore e arricchisce l'esperienza filmica. Assolutamente da vedere.
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Voto Game-eXperience