Per chi è cresciuto nella scena gaming degli anni ’90, nomi come Doom, Deus Ex ed Ultima Underworld hanno il sapore di un dolce amarcord, derivante da un periodo seminale, capace di porre le basi del gaming così come lo conosciamo oggi. Quando i ragazzi di Looking Glass, un giovane team pieno di giovani promesse (Warren Spector tra i tanti…), rilasciarono Ultima Underworld 1 e 2, fu subito chiaro che la strada imboccata, pioneristica come poche altre, avrebbe rappresentato un punto di non ritorno. Ed appunto la sinergia creativa del team di sviluppo statunitense (molto prima della sciagurata acquisizione da parte di Electronic Arts, sigh…) portò alla nascita, tra i tanti loro blockbuster, del franchise di System Shock.
Primo tra gli immersive sim mai creati per PC, nell’oramai lontano 1994, System Shock rappresentò un punto di rottura con il passato, sdoganando l’inserimento degli elementi rpg, già visto nella dualogia di Ultima Underworld, in un contesto cyberpunk. I tanti anni passati dalla release originale non hanno però fiaccato la eco di un successo, più postumo che contestuale, che lo ha visto tra i titoli più giocati, nella sua forma originale, su GOG. Ed è così che Nightdive Studios ha ben pensato di realizzare una versione “aggiornata a tutto tondo” di questo capolavoro senza tempo. Uscito un anno fa su PC, il remake di System Shock giunge finalmente su console nella sua forma più completa. Mero fanservice o operazione di preservazione coerente? Delle due, la seconda: ma scopriamone di più con la nostra recensione del remake di System Shock.
L’uomo: la rovina dell’umanità
Nei panni di un anonimo hacker, catturati subito dopo aver effettuato il furto del progetto di un impianto cibernetico, veniamo trasportati e rinchiusi in Citadel, solo per ricevere una proposta indecente, e pericolosa, da Edward Diego, vicepresidente della divisione marketing della TriOptimum. La suddetta corporazione gestisce infatti in modo silenzioso ma evidente Citadel, anche grazie all’ausilio del Sentient Hyper-Optimized Data Access Network, meglio conosciuto come SHODAN.
Mettetevi ben in testa questo nome, ben presto vi renderete conto di quanto una IA, se malamente utilizzata possa essere incompatibile con il concetto stesso di prosecuzione della vita. Verremo infatti ricattati da Edward Diego, desideroso di sempre maggior potere operativo nella Citadel: l’impianto che avevamo provato a rubare, in cambio dell’hacking di Shodan, da utilizzare come sua testa di ariete per prendere il comando della Citadel. Ad impianto innestato veniamo posti in coma indotto per sei mesi e, al nostro risveglio, è evidente che, dalla nostra ultima operazione di hacking, qualcosa sia andato storto, ok, più di qualcosa.
SHODAN, sbloccata in tutte le sue potenzialità, ha sviluppato uno stato di senzienza che la ha portata a sterminare tutte le forme viventi sulla Citadel, o almeno questo è quello che risulta da un primo giro nella stessa. Dovremo dunque procedere, a suon di fendenti ed hacking, in ciò che rimane di Citadel per capire se c’è una via di uscita dalla stessa e, soprattutto, se sarà possibile contingentare l’azione di Shodan, riportandola al suo status originario.
System Shock Remake: mai gioco fu più attuale
La realizzazione di un remake è sempre un grosso rischio imprenditoriale, vista e considerata la scarsa recettività del mercato a simili operazioni, soprattutto nel caso di prodotti molto in la con gli anni. Considerando inoltre che l’originario System Shock godette di fama postuma, non registrando record di vendite al tempo, il rischio di passare inosservati fu ben più che una semplice eventualità.
I ragazzi di Nighdive Studios, sicuramente non uno studio capace di creare titoli AAA, hanno impiegato anni per riprogrammare da zero ed attualizzare un prodotto che, oggettivamente e senza tema di smentita alcuna, sentiva il peso di tutti e trenta gli anni intercorsi dalla uscita originale. La release, avvenuta un anno fa per PC (e in questi giorni per console old e actual gen), mette in evidenza il tributo di riconoscenza nei confronti del prodotto originale, trattato e venerato (giustamente) come un proto-innovatore.
Non solo nostalgia e venerazione, però: Nightdive Studios ha lavorato alacremente per rendere l’esperienza utente molto più fluida dell’originale. Come risultato di questa opera di raffinamento, otteniamo una quality of life eccellente, con una interfaccia utente molto più immediata, funzionale e, nella fattispecie, idonea alla fruizione mediante pad. Va, purtroppo, evidenziata, almeno nella versione Series X oggetto di recensione, una non perfetta precisione del sistema di mira con il pad, con la software house già al lavoro per fornire una patch correttiva quanto prima.
Il tempo passa: i bei giochi restano
System Shock si presenta, alla prova del tempo, con un sistema di gameplay che, seppur aggiornato, risulta direttamente mutuato dal diretto progenitore. Impiegheremo, dunque, la maggior parte del nostro tempo esplorando il mondo di gioco alla ricerca di materie prime, armi, munizioni e chiavi di accesso ai settori cui ci è interdetto l’accesso.
A margine di tutto ciò dovremo, ovviamente, farci largo a suon di legnate tra i numerosi antagonisti disposti all’interno della Citadel da Shodan, a difesa del suo territorio. La fase di combattimento rappresenta la parte meno evoluta di tutto il comparto remake. Immutata dalla versione del 1994, ci trasporta all’interno di un gioco old-school in cui avremo uno ed un solo modo per atterrare i nostri avversari: colpendoli o crivellandoli di colpi, facendo particolarmente attenzione alla scarsezza di munizioni. Non troveremo, dunque, alcuna possibilità di approcci alternativi alla Dishonored, per dirne uno. Siamo esattamente all’interno di un gioco di trenta anni fa, con tutti i bonus ed i malus del caso.
Personalmente, non ritengo questo un grosso deficit: l’atmosfera ed il livello narrativo, capaci di far scuola anche al giorno d’oggi a titoli ben più blasonati, fanno passare ampiamente in secondo piano quella che io considero, alla fine della fiera, una mera scelta stilistica, oltre che un tributo di riconoscenza verso ll prodotto originale.
Un ottimo remake, tra luci ed ombre.
Partiamo da un assioma: il livello realizzativo del remake di System Shock è molto alto. Pur essendo stato realizzato da un piccolo studio, di sicuro non con una grande potenza di fuoco (economica) alle spalle, il lavoro di attualizzazione è a dir poco encomiabile.
Attualizzare e rendere fruibile, al grande pubblico, un prodotto di ben trenta anni fa, è tutt’altro che facile e già l’esserci riusciti, dopo anni di ottimizzazione codice, nell’impresa, merita un plauso netto e deciso.
Scendendo nel dettaglio, il comparto grafico si distingue per una buona palette cromatica, capace di esaltare lo stile “fumettoso” del titolo originario, senza prestare il fianco a cali di framerate di sorta. La versione Xbox Series X oggetto di recensione si distingue per una resa 4k/60fps che rende onore al blasone del progenitore. Va anche detto che, spesso e volentieri, abbiamo notato un calo qualitativo delle textures, meno definite riguardo l’ambiente di gioco rispetto a quelle di personaggi e comprimari vari. Speriamo il tutto venga corretto, in fase di post-lancio dai ragazzi di Nightdive.
Il comparto sonoro svolge egregiamente il suo compito, accompagnandoci durante tutto il playthrough. Presente inoltre la sola localizzazione testuale in italiano, con la presenza esclusiva della lingua inglese parlata. Scelta ineccepibile, in ottica di gestione risorse economiche, vista e considerata la dimensione del team di sviluppo.
VERSIONE TESTATA: Xbox Series X
La recensione in breve
-
Voto Game-Experience