Star Citizen, No Man’s Sky, Elite Dangerous, e ora anche Starfield. Il genere dei simulatori spaziali ora può davvero considerarsi pieno di alternative. Nei loro alti e bassi, tra accuse di scam, lanci discutibili e lamentele per lo scarso supporto degli sviluppatori, questi titoli hanno definito il passato, presente e futuro degli space sim con le loro rispettive caratteristiche. Tra poco meno di tre mesi i fan potranno assaggiare l’ultima proposta firmata Bethesda Game Studios, ma come si porrà rispetto alla concorrenza?
In altre parole, qual è la scelta migliore per gli appassionati? Meglio aspettare il colossale progetto di Todd Howard e colleghi, o voltare lo sguardo verso un’altra opzione? La sfida di Bethesda per aprire una nuova frontiera nel genere è lanciata, partendo da un doveroso confronto tra Starfield e gli altri space sim sul mercato.
Lo chiamavano Scam Citizen
Spaziale in tutti i sensi, promettente, e controverso. Star Citizen dopo undici anni (tredici, se si considera la pre-produzione) viene ancora etichettato negativamente da buona parte della community di videogiocatori. Il progetto di Cloud Imperium Games, nato dalla mente di Chris Roberts, è sempre apparso tanto epico quanto impossibile, specialmente nell’ottica di lanciarlo nel 2014. Ne consegue, naturalmente, che la reputazione è peggiorata con il tempo nonostante i notevoli progressi del gioco.
Oggi Star Citizen viene considerato in Accesso Anticipato e chi lo ha provato conosce meglio di chiunque altro la sua maestosità e bellezza. Pianeti realizzati manualmente al fine di renderli interamente esplorabili e ricchi di eventi e località chiave da visitare. Astronavi gigantesche nelle quali è possibile camminare. Ancora più importanti sono le cosiddette space legs, ovvero la possibilità di muoversi liberamente e interagire con oggetti in prima persona, funzionalità che ha debuttato proprio con Star Citizen e solo di seguito è arrivata su No Man’s Sky ed Elite Dangerous. Per non parlare dei combattimenti, in un mondo estremamente immersivo che emoziona facilmente gli amanti del genere.
Non si può non ammettere che l’idea di Chris Roberts, nei suoi alti e bassi, tra microtransazioni e potenziali spese elevate per accedere alle navi, abbia cercato di spingere altri space sim verso lidi mai esplorati, come veri astronauti alla ricerca di ricchezza. Eppure, al suo stato attuale che appare quasi una Beta, con un potenziale ancora inespresso, risulta difficilmente consigliabile: le altre opzioni accessibili sul mercato, del resto, sono innegabilmente più complete e ricche di contenuti.
Elite Dangerous: una simulazione problematica
Il vero “veterano” tra gli space sim è Elite Dangerous. Ultimo erede dell’iconica serie nata nel 1984, viene sviluppato ancora oggi da Frontier Developments e delizia il palato di coloro che amano l’esplorazione spaziale in una simulazione in scala 1:1 della Via Lattea. In quanto videogioco open-world senza un vero finale, con un universo persistente, richiede una continua attività da parte della community per vivere. Difatti, Elite Dangerous simula un contesto geopolitico senza precedenti ambientato a 1286 anni nel futuro.
Tra fazioni principali e secondarie, i giocatori possono scegliere se diventare cacciatori di taglie, commercianti, estrattori di risorse dagli asteroidi o esploratori dello spazio, o anche una via di mezzo tra tutte queste attività. Supportando le varie potenze con missioni di scorta, estrazione, compravendita o uccidendo nemici politici, si sbloccano navi più potenti, accessori da montare su queste ultime, ma anche l’accesso a settori riservati ai cittadini più fedeli, o battleships da gestire con un gruppo di commander in un clan unico.
Elite Dangerous si propone quindi come l’esperienza spaziale più realistica e completa a oggi disponibile, soprattutto dopo il lancio del DLC Odyssey che aggiunge i combattimenti in prima persona e lo sbarco sui pianeti a piedi, ovvero le space legs. Peccato che il rapporto tra gli sviluppatori di Frontier Developments e la community non sia dei migliori. Ne consegue che anche quest’ultimo DLC a due anni dal lancio è colmo di problemi, sia sul fronte dei contenuti che lato ottimizzazione. Alcuni bug rompono il gioco, mentre altri rovinano la giocabilità compromettendo i controlli. Infine, l’esplorazione dei pianeti diventa ripetitiva, come anche le missioni.
Perché acquistare Elite Dangerous, allora, e non aspettare Starfield? Oltre al costo più contenuto, nel suo essere divisivo propone comunque un’avventura spettacolare da vivere con un gruppo di amici – o anche in solitaria – che permette di immergersi in un universo alternativo dove alieni e forze politiche si scontrano lasciando un segno indelebile nell’intera galassia.
La redenzione di No Man’s Sky
La storia di No Man’s Sky la conosciamo bene: chiunque abbia provato il gioco di Hello Games nei primi mesi successivi al lancio si è ritenuto vittima di un grande imbroglio, condannando gli sviluppatori e Sony Interactive Entertainment, che ha spinto per un lancio anticipato nonostante la mancanza di molte funzionalità promesse prima del debutto nell’agosto 2016.
L’odio per Sean Murray e soci si è però trasformato, con il passare degli anni, in apprezzamento per l’amore che essi hanno riservato a No Man’s Sky. Anziché abbandonarlo dopo pochi mesi, Hello Games ha continuato a rilasciare espansioni gratuite ricche di contenuti inediti – tra astronavi, pianeti e animali -, modifiche alle meccaniche fondamentali – compresa la generazione dei pianeti – e molto altro ancora. In poche parole, No Man’s Sky è progressivamente divenuto l’esempio perfetto di ciò che una casa di sviluppo dovrebbe fare per rendere felici i fan e farsi perdonare dopo un primo disastro.
Giocare a No Man’s Sky oggi significa innamorarsi di un universo indescrivibile, generato proceduralmente per circa 18 trilioni di pianeti, ognuno con la sua fauna e la sua flora. I giocatori possono esplorare pianeti, oceani, ingaggiare battaglie spaziali, raccogliere risorse e vivere un’epopea che porta a scoprire la lore di una galassia virtuale interminabile. Non si tratta di un approccio realistico, bensì di una creazione che sfida i limiti che caratterizzano i simulatori spaziali, di una redenzione da lodare e da sostenere: dopo sette anni, del resto, No Man’s Sky è a dir poco eccellente.
Cosa promette Starfield?
Bethesda sfida questi colossi con Starfield, Action RPG in arrivo il 6 settembre 2023 su PC e Xbox Series X|S (oltre al catalogo Xbox Game Pass). Durante l’ultimo Starfield Direct la software house ora integrata in Microsoft ha svelato una miriade di dettagli sul progetto, a dir poco smisurato. A definire le dinamiche ruolistiche è una generazione eccezionale del personaggio, effettuata ricorrendo alla fotogrammetria per i volti e a innumerevoli opzioni per l’ideazione del background. L’esplorazione può coprire oltre mille corpi celesti esplorabili, tra pianeti e rispettivi satelliti. Ogni pianeta avrà le sue caratteristiche, dalla gravità alla composizione chimica.
In questa riproduzione indescrivibile dei “dintorni terrestri” incontreremo NPC più o meno ostili, interessati ai misteriosi manufatti alieni e ai grandi misteri dell’universo, o semplicemente intrigati dall’idea di vivere un’avventura nell’ignoto con il nostro alter-ego. Il tutto avviene in una cornice politica complessa, con l’Unione Coloniale e il Collettivo Freestar pronti a scontrarsi, e altre fazioni minori interessate a trarre profitto da questa contesa.
Starfield si preannuncia fuori scala, ambizioso, sensazionale. Come Elite Dangerous, cerca di offrire un elevato grado di realismo su ogni fronte, munendosi tuttavia di elementi tratti da No Man’s Sky come la costruzione di avamposti, la scoperta di nuove forme di vita e il potenziamento del personaggio. Bethesda Game Studios non vuole rilasciare un pacchetto incompleto: Starfield deve categoricamente porsi come avventura spaziale definitiva, mantenendo le promesse fatte al pubblico. La sua portata solleva tuttavia un quesito non indifferente: sarà adeguatamente bilanciato? Con una risposta affermativa, gli amanti degli space sim forse potranno persino dimenticarsi degli sfidanti, perché il Re sarà solo uno.