Terza e ultima parte della retrospettiva. Ai seguenti indirizzi sono reperibili la prima e la seconda parte.
Omega Boost
Sviluppato dal versatile studio autore di Gran Turismo, il titolo ricorda molto Panzer Dragoon e difatti in Poliphony Digital vennero assunti diversi membri del Team Andromeda. Omega Boost seppe farsi notare grazie alla giocabilità coinvolgente che mescolava un titolo tridimensionale con la frenetica pioggia di proiettili e l’abilità richiesta da uno shmup. La visuale presenta il nostro robot visto dalle spalle, con il resto dello schermo a disposizione del mirino per inquadrare i nemici e agganciarli con spari e raffiche. L’impiego di manovre e schivate rapide sostiene un ritmo d’azione serratissimo. Aggiungiamo a questo una colonna sonora sulle note di gruppi rock come Feeder, Cast, Static-X che accompagnava l’introduzione con attori veri, in cui il pilota prendeva posto sul mech per poi sfrecciare nello spazio. Molto in stile inizio di Pacific Rim, ma molti anni prima.
Another Century’s Episode
Sviluppatasi la tecnologia tridimensionale con il salto da Saturn e Playstation a Playstation 2, si alza il livello qualitativo e le possibilità offerte agli sviluppatori. Per sfruttare questa maggiore capacità Banpresto, già firmataria di Super Robot Wars, affida lo sviluppo di A.C.E. alla From Software che stava rendendo Armored Core un titolo miliare del genere Mech. Tuttavia ACE vuole differenziarsi da Robot Wars e da Armored Core, prendendo spunto da Zone of The Enders per indirizzarsi maggiormente verso l’azione. Riecco quindi i controlli su altitudine e direzione, oltre che una buona giocabilità a sostenere i combattimenti e le combinazioni. La varietà di gioco era discreta, offrendo diversi tipi di missione: come eliminare le flotte nemiche ma anche proteggere un obiettivo, superare fasi stealth, ripulire delle zone minate con un fucile da cecchino o rintracciare un cargo tramite l’uso del sonar. Come incentivo per la rigiocabilità erano presenti anche degli obiettivi secondari per sbloccare dei nuovi mech. Nel corso della serie si sono alternati cameo da Gundam, Macross, Nadesico e Full Metal panic, coinvolgendo anime classici e contemporanei in un’incrocio dotato di una storia tutta sua.
In definitiva non un semplice gioco su licenza, ma dotato di sufficiente qualità per interessare anche i meno affezionati ai robottoni, prendendo spunto da un collega illustre ma ampliando il tema sviluppato sotto tutti gli aspetti. Peccato che valga lo stesso problema di Super Robot Wars: i diritti d’autore intricati. La licenza delle concessioni coinvolgeva diverse case nipponiche, rendendo la distribuzione al di fuori del giappone intricata e problematica, motivo per cui non se ne è mai vista versione americana o europea.
Gli indie di talento: Strike Suits Zero e Astebreed
Più piccoli, più indie, più arcade, ma sempre furiosi e divertenti.
Il primo è una specie di miscuglio tra Omega Boost e Colony Wars, con la possibilità di cambiare il mech in caccia durante gli scontri. Le missioni avvengono nello spazio, alternando obiettivi come attaccare astronavi giganti a resistere in scontri a fuoco contro intere flotte. Il giocatore viene gettato nella mischia sullo sfondo di battaglie campali, dal sapore molto simile a quelle di Guerre Stellari (oltre che degli anime di riferimento più palese). Il secondo invece parte sempre da una base in terza persona come nel titolo di Poliphony, ma alterna queste fasi a sequenze Shmup (gli sparatutto classici) a scorrimento orizzontale e verticale, ponendosi come punto intermedio perfetto tra titoli di generazioni così diverse.
Menzioni speciali: Titanfall, Bangai-O, Metal Wolf Chaos e Rise of The Robots
Titanfall è storia contemporanea di un paio di anni fa, introducendo dei robot pilotabili dentro uno sparatutto futuristico in prima persona. Come sarebbe mescolare Gundam a Call of Duty? Se impulsivamente verrebbe da dire “una schifezza”, Titanfall riesce a convincere del contrario grazie ad un’ottima implementazione dei mech, al loro bilanciamento e ad una struttura del genere FPS eccellente. Il campo di battaglia ricrea un senso di guerra futuristica molto efficace, dove soldati a piedi sparano mentre a poca distanza dei robot enormi si ammaccano reciprocamente le lamiere a colpi di pugni o razzi. Spettacolare la procedura di richiamo dei titani, sganciati dall’orbita in una caduta che, se ben usata, schiaccia le truppe nemiche nel “Titanfall” che dà il nome al gioco. Unica pecca la mancanza di una campagna, che relega il gioiellino di Respawn Entertainment al solo pubblico votato alla competizione in rete.
Bangai-O invece punta sul contrasto tra l’ideale grandezza del mezzo utilizzato con la sua piccolezza nell’ambiente esplorato (tutto distruttibile) . I livelli bidimensionali offrono una visuale larga, e il nostro robot è solo un piccolo elemento, costretto a volare e schivare razzi da tutte le parti. Al tempo stesso il fuoco è orientabile in ciascuno degli otto versi della croce direzionale del joypad, permettendo un’azione sempre serrata. A seconda del personaggio selezionato si impiegano anche differenti meccaniche come i missili a ricerca o lo scudo che respinge e fa rimbalzare sul muro i proiettili. Interessante anche l’implementazione della forza di gravità, di cui bisogna tenere conto nei movimenti e nello schivare i razzi nemici. Forse uno dei titoli meno sfavillanti, anche a causa della grafica volutamente minimalista per il 1999 in cui è uscito su Nintendo 64 e Dreamcast, ma sicuramente in grado di offrire un’intrattenimento arcade solido come molti altri classici targati Treasure (come Gunstar Heroes o Radiant Silvergun). Attualmente è reperibile su Xbox Live o Nintendo DS.
Metal Wolf Chaos :esagerato e trash a livelli incredibili, tuttavia realizzato discretamente bene. Immaginate un presidente degli Stati uniti scalzato da un colpo di stato ordito dal suo vice, cosa potrebbe fare restaurare la democrazia? La risposta la suggeriscono, ironicamente, gli sviluppatori di From Software (sempre loro, ingaggiati come terza parte da chiunque volesse un gioco di mech di buona qualità): salire a bordo del suo robot personale e partire all’attacco, seminando la distruzione per mezzo paese al fine di riprendersi la Casa Bianca. Volutamente una parodia dei film d’azione militari in salsa robottoni, fu pubblicato nel 2004 per trainare le vendite della prima Xbox in Giappone. Tuttavia, visto il periodo storico questo tipo di ironia venne considerata poco apprezzabile dal pubblico americano e il gioco non venne importato sul mercato dei 50 stati. Messe da parte trama e dialoghi sopra le righe, MWC poteva garantire una buona giocabilità e un livello grafico notevole.
Non poteva mancare un piccolo accenno anche al titolo che ha convinto di meno. Per demeriti qualitativi è bene citare Rise of The Robots e relativo seguito, picchiaduro bidimensionale sorto sui 16bit. In piena guerra tra Capcom ed Snk, qualcuno pensò fosse accettabile l’idea di vendere un gioco di combattimento privo di mosse speciali o supermosse e con un’intelligenza artificiale contro cui era sufficiente usare soltanto il calcio volante. Nonostante alcune buone animazioni, e le sequenze animate cinematiche, la scarsezza della giocabilità faceva sfigurare il tutto. A poco servì la collaborazione di Brian May (storico chitarrista dei Queen) alla colonna sonora. Nonostante l’insuccesso ne venne prodotto un seguito, uscito su Playstation e Saturn, rimediando ad alcuni sbagli clamorosi del predecessore ma finendo per restare eclissato da una concorrenza mostruosamente migliore.