Tra i protagonisti dei videogiochi che si sono prestati a comparire in tutte le salse e generi ci sono sicuramente i robot giapponesi (mech, o mecha), quelli alti come un palazzo di 6 piani e armati di tutto punto. Andiamo a vedere i migliori esponenti della categoria nel corso di più puntate.
Il trittico Capcom: Armored Warriors, Cyberbots e Tech Romancer
Il primo è datato 1994 ed è un picchiaduro a scorrimento in cui è possibile integrare sul proprio mech pezzi e parti diverse reperibili lungo i livelli o smantellando a suon di colpi i nemici, giocando in cooperativa fino a 3. La longevità è buona, nonostante la natura arcade, grazie alla forte rigiocabilità offerta dai quattro personaggi diversi e alle molteplici personalizzazioni, assemblando componenti diverse per ottenere nuovi risultati ad ogni partita. Quasi ogni parte è sostituibile e va ad incidere sulle prestazioni e i colpi disponibili: braccia, gambe e armi impugnabili.
Il titolo rientra tra le punte di diamante del genere a scorrimento, assieme ai colleghi (sempre prodotti da Capcom) Alien Vs Predator e i due Dungeons&Dragons.
Cyberbots, dell’anno seguente, è l’adattamento di Armored Warriors in picchiaduro ad incontri. Pur essendo adombrato dall’enorme clamore di cui godevano Super Street Fighter 2 e Darkstalkers, rimane un picchiaduro divertente che sfrutta bene il tema dei robot, pur senza essere complesso.
Una volta presi i comandi si può scegliere un pilota, che determina la storia, e un mech, che invece determina le mosse a disposizione. La peculiarità sta nella varietà di robot proposti, diversificati dalla classica forma antropomorfa in molti modi, spesso andando ad influenzare anche le prestazioni. Gambe quadrupedi, cingolati e moduli gravitazionali, oppure fruste meccaniche e trivelle al posto delle braccia. Le versioni casalinghe offrivano Akuma, come personaggio segreto, ai comandi di un mech con le sue sembianze. Una presenza ironica dettata dal mito per cui il combattente giapponese fosse deciso a vincere in ogni forma di lotta, contro qualsiasi tipo di avversario (e difatti venne inserito come personaggio ospite anche in X-men Children of The Atom).
Nonostante la poca diffusione Cyberbots venne apprezzato e Capcom ha ripescato la perfida Devilotte per Super Puzzle Fighter (puzzle game capace di dare serie forme di dipendenza, al pari di Tetris, reperibile su PSN e Xbox Live) e Jin Saotome per Marvel Vs Capcom 1 e 2. GamesRadar invece ha inserito Cyberbots nella classifica dei titoli che meriterebbero un rifacimento in alta definizione.
Per Tech Romancer invece bisogna aspettare fino al 1998 o alla conversione per Dreamcast del 2000. Stavolta la formula ripropone il combattimento ad incontri ma su scala tridimensionale. Nonostante la semplicità grafica dei fondali, la presenza di palazzi sul terreno aumentava l’idea di utilizzare robot enormi, ricreando fedelmente le atmosfere degli anime giocosi degli anni 80 anche grazie allo stile dei disegni. Robot e personaggi vengono ideati dallo studio Nue, che aveva già lavorato su Gundam e Macross. Tuttavia questa non sarà l’ultima incursione di Capcom nel genere. Steel Battalion però merita un discorso a parte visto il record segnato nel campo delle periferiche per console.
Dynasty Warriors Gundam
Chi conosce il genere Musou sa già che è una categoria precisa e ben delineata. Un giorno però Koei prende in licenza Gundam e trasporta la serie dalla Cina medievale allo spazio profondo.
Il risultato è un’ecatombe di metallo, un’orgia di rottami bruciati, un’arcobaleno di laser. Nei musou la prassi prevede che il personaggio controllato dal giocatore debba affrontare centinaia di nemici alla volta, tutti di scarsa potenza e pari minaccia, puntando alla gratificazione nel sconfiggerne il numero più alto possibile, realizzando combo vertiginose contro della vera carne (o dovremmo dire lamiera) da cannone.
Nel caso di Gundam questo approccio funziona decisamente bene e permette di inserire un numero smisurato (parliamo di 120 nell’ultimo episodio) di modelli e variazioni, comparsi nelle decine di serie televisive dedicate, oltre che di inscenare battaglie terresti e spaziali a gravità zero.
Gundam Dynasty Warrios 3 inoltre offre un comparto grafico in cell-shading di ottima fattura, inspiegabilmente abbandonato successivamente. Tutti i capitoli di questo derivato sono stati pubblicati da Bandai su Playstation 3 e Xbox360.
Virtual On: Cyber Troopers
Un classico da sala giochi targato Sega AM3 e datato 1995, uscito in un periodo in cui i cabinati garantivano forti incassi e di conseguenza il mercato era molto agguerrito, portando a sperimentazioni eclettiche e coraggiose.
Virtual On fa parte di questa categoria: vantando un cabinato dotato di sedile e doppia cloche per i comandi. L’esperienza puntava a ricreare scontri rapidissimi ed adrenalinici e in questo riusciva alla perfezione. Corse, scatti, schivate: il robot era dotato di una reattività altissima e puntava tutto sulla fluidità, abbandonando la fisica della pesantezza, solitamente associata a queste figure. Le conversioni per Saturn e Dreamcast presentavano un simpatico omaggio: sulla schiena di ogni robot era agganciato una specie di computer che fungeva da nucleo e una replica delle due console Sega comparivano al suo posto nelle rispettive edizioni casalinghe. V-ON sul Saturn supportava Sega NetLink, la rete per il gioco online che pose Sega come pioniere all’avanguardia in Giappone e America per questo tipo di funzione (nonostante blandissimi prototipi si fossero già intravisti nell’era 16bit).
Virtual On rimane tuttora giocabile (anche online) con un semplice joypad per via della sua impronta arcade, rapida ed immediata ed è reperibile su Xbox Live Marketplace per pochi spiccioli.
Super Robot Wars
E’ la serie più prolifica, quella su cui ci sarebbe di più da dire, grazie ai suoi 25 anni (partendo nel 1991 su Gameboy in bianco e nero) e più di 40 (si, QUARANTA) titoli pubblicati sulla più ampia selezione di sistemi che possiate immaginare (dai casalinghi ai portatili). Tuttavia è proprio questa impressionante quantità che costringe a dover sintetizzare, riassumendo ciò che SRW significa come marchio, in generale.
Tanto per cominciare si tratta di un vero prodigio di gestione dei diritti d’autore, roba da far impallidire qualsiasi ufficio legale specializzato, dato che ogni capitolo annovera decine di robot famosi provenienti da serie diverse.
Dai classici come Mazinga e Voltron, passando per Jeeg, Getter, Tekkaman sino ad arrivare a quelli meno conosciuti persino in patria. Proprio a causa di questa matassa di diritti legali, la pubblicazione di SRW in Europa e America ha sempre avuto vita difficile. Tuttavia la scena amatoriale ha aiutato la diffusione in occidente grazie ad alcune patch che traducono in inglese alcuni capitoli. La struttura di gioco invece segue gli schemi degli strategici a turni, in maniera simile a Project X Zone (che un pò assume il ruolo di SRW moderno per via delle meccaniche e del vertiginoso numero di cameo).
Armored Core
Possiamo considerarlo l’equivalente di Gran Turismo o Forza Motorsport per i robottoni. Il motivo è semplice: il numero di personalizzazioni offerte è ampissimo, potendo sostituire ogni singola parte (armi, braccia, gambe) e richiedendo di prestare attenzione anche a fattori logistici come il peso, l’alimentazione offerta dal motore, etc. Questo genere di equilibri difatti è importante e condiziona la scelta dei pezzi. Equipaggiare l’armatura più corazzata non sempre sarà la scelta migliore, rendendo il nostro mech più lento e aumentandone il peso, cosa che richiederà un generatore più potente, pesante e costoso a sua volta.
Ma volendo farlo, potrebbe funzionare diminuendo la corazza di gambe e braccia, o togliendo quel letale ma pesante lanciarazzi dall’aggancio sulle spalle.
Un piccolo esempio, ma significativo di come la costruzione del proprio mezzo necessiti attenzione e scelte precise, premiando con una varietà unica a sostegno della giocabilità e del proprio stile. Dai corazzati blindati specializzati in artiglieria pesante, ai moduli leggeri utilizzati per attacchi rapidi, si può creare di tutto per soddisfare qualsiasi esigenza. Non mancano personalizzazioni estetiche, creazione di emblemi e verniciature di qualsiasi sfumatura.
AC debutta su Playstation 1 a fine anni 90 e si è sviluppata nel corso degli anni su molti sistemi. Nonostante una certa povertà grafica, le ultime versioni hanno convinto gli utenti grazie ad un gioco online basato su missioni cooperative contro obiettivi giganteschi controllati dal computer oppure su scontri competitivi resi ancora più avvincenti grazie ad un sistema di creazione e gestione dei clan davvero eccellente. L’ultimo capitolo attualmente è Armored Core Verdict Day, per Playstation 3 e Xbox 360, firmato dagli stessi From Software di Dark Souls.