Cosa hanno in comune Stranger Things e molti videogiochi moderni? molto più di quello che pensate, ecco perchè abbiamo realizzato questo speciale da leggere anche nel sottosopra!
Mike, Will, Eleven, Lucas, Dustin, Maxine e tutta combriccola di Hawkins sono tornati. Il 4 Luglio Netflix ha infatti pubblicato l’attesissima terza stagione di Stranger Things, serial fantascientifico con protagonisti “teen” divenuta di culto in brevissimo tempo.
Ambientato negli anni ottanta ad Hawkins, cittadina immaginaria dell’Indiana, la serie, per chi ancora non lo sapesse, racconta le vicende di un gruppo di ragazzi alle prese con la sparizione di un amico e la conseguente scoperta di un mondo parallelo, il “Sottosopra”, fatto di minacciose creature e mostruose insidie, riportato alla luce dopo una serie di terribili esperimenti. Se il fascino della trama di questa serie televisiva è innegabile, lo è anche lo stile visivo adottato che richiama appunto gli anni ’80 in maniera molto convincente. A oggi le uniche trasposizioni videoludiche della serie realizzata dai fratelli Duffer si sono limitate a un paio di videogame in stile retrò, con tanto di telecamera fissa dall’alto e grafica a 16 bit.
In un periodo dove sembra essersi un po’ persa (fortunatamente) la smania di riproporre qualsivoglia opera cinematografica e televisiva sotto forma di videogioco, ci siamo chiesti come dovrebbe essere un titolo Tripla A ispirato al mondo di Stranger Things per avere successo. Per farlo, abbiamo individuato quattro caratteristiche fondamentali che contraddistinguono la serie, per ciascuna delle quali proporremo alcuni esempi storici di giochi che trattano le stesse tematiche e che potrebbero fungere da fonte d’ispirazione.
Benvenuti nel Sottosopra digitale.
Back in the 80s
I favolosi anni ’80 hanno segnato sicuramente una svolta dal punto di vista socio-culturale, dando origine a nuove subculture totalmente diverse grazie anche al piccolo e al grande schermo, aprendo strada di fatto all’insorgere del ventunesimo secolo e dell’era digitale. Capelli cotonati, luci al neon, sintetizzatori e l’esplosione dell’heavy metal sono solo alcuni degli elementi fondamentali che hanno contraddistinto questa decade, spesso e volentieri oggetto di nostalgia e revival da parte dei media odierni.
Non ne fanno mistero nemmeno gli autori di Stranger Things, che hanno preso ad ampie mani dalla cultura pop anni ’80 per realizzare la serie TV, ricreando alla perfezione le stesse atmosfere, le stesse musiche e lo stesso stile televisivo tipico di quegli anni. Sono innumerevoli, infatti, le citazioni ai film, ai giochi e ai videogames provenienti dagli “eighties” inclusi in maniera nemmeno troppo velata all’interno di Stranger Things.
Allo stesso modo delle serie tv, anche il mondo dei videogames ha tributato ampiamente gli anni ’80 con decine e decine di titoli con forti richiami ai variopinti anni ottanta.
Il capostipite di questa ondata di saudade, però, è stato sicuramente GTA: Vice City, quarto capitolo della celeberrima saga criminale ambientato in una versione alternativa di Miami proprio di quegli anni. GTA Vice City, infatti, ha portato per la prima volta il riflettore su quell’epoca all’interno dei videogames, ricreando quelle atmosfere attraverso stazioni radio ricolme di pezzi celebri del periodo, senza dimenticare le auto simbolo e la moda che hanno caratterizzato il decennio.
Tommy Vercetti, protagonista del titolo Rockstar pubblicato originariamente nel 2002 per PS2, torna in libertà dopo 15 anni di prigionia pronto per riprendere la propria attività criminale. Ad attenderlo, Sonny Forelli, capogang di un’importantissima famiglia malavitosa originaria di Liberty City, pronto ad assoldarlo nuovamente per estendere il suo potere fino alla caldissima Vice City. Logicamente, la piccola e rurale Hawkins è molto distante dalla caotica e roboante Vice City, ma un ipotetico videogame ispirato a Stranger Things potrebbe allo stesso modo riportarci indietro nel tempo grazie alla cura delle ambientazioni e allo stile dei personaggi.
Altro esempio più recente di omaggio a quell’epoca è sicuramente lo shooter in 2d Hotline Miami, famoso per il suo stile retrò e per la sua spiccata violenza, ma anche per omaggiare gli anni ottanta con colori fluo e colonna sonora synthwave.
Stand By Me
Un altro fattore decisamente importante presente in Stranger Things è quello del forte legame d’amicizia che lega Mike e gli altri ragazzi. Analogamente come accadeva in Stand By Me, film di Rob Reiner tratto dal racconto di Stephen King “Il Corpo”, anche in Stranger Things abbiamo un gruppo di ragazzi in fase pre-adolescenziale alle prese con un’avventura il cui risultato dipenderà solo dalla collaborazione di essi e dal sentimento che gli accomuna. Col passare delle puntate e delle stagioni, Mike, Will, Dustin e soci scopriranno cosa davvero li lega indissolubilmente, passando però anche attraverso i primi litigi e alle prime cotte. I fratelli Duffer non sono gli unici a essersi ispirati a pellicole come questa, esistono infatti già numerosissime opere che hanno ricalcato gli stessi temi, anche in ambito videoludico.
Nel 1989 Nintendo pubblicò Mother, conosciuto in occidente con il nome EarthBound, un RPG che mescolava elementi realistici con altri prettamente sci-fi e di carattere fantasy con protagonisti, per l’appunto, un gruppo di ragazzini. Mother proponeva un mix di elementi umoristici, ma anche alcuni più seri e adulti, il tutto però visto dagli occhi innocenti dei giovanissimi protagonisti. Dopo che un meteorite colpì la pacifica cittadina di Onett, Ness, un ragazzino dotato di poteri psichici (esattamente come la nostra cara Eleven), si sveglia per indagare sull’accaduto. Si ritrova così faccia a faccia con Buzz Buzz, essere dalle fattezze di un’ape proveniente dal futuro. Questo curioso individuo rivelerà a Ness che 10 anni più tardi un supercattivo di nome Giygas avrebbe preso il controllo di tutto il mondo e che solo il protagonista, grazie anche all’aiuto di tre suoi amici, si sarebbe potuto battuto per sconfiggerlo. Solo la cooperazione fra Ness e i suoi amici, infatti, potrà risultare efficace per debellare la minaccia del temibile Giygas e dei suoi scagnozzi. Una formula del genere potrebbe essere quindi riproposta anche in un’eventuale trasposizione videogame di Stranger Things, incentrando il gameplay sulla cooperazione dei protagonisti e su quanto viene sviluppata l’amicizia fra gli stessi.
Esiste un altro classico del videogame che potrebbe ispirare qualche volenterosa software house per realizzare il gioco di Stranger Things, soprattutto per via del giovanissimo protagonista e il suo fido compagno di avventure: parliamo di Heart of Darkness, pubblicato nel 1998 su PlayStation 1: il gioco vede protagonista Andy, ragazzino dalla straripante immaginazione, ritrovarsi in un oscuro mondo da lui stesso immaginato. Andy si ritroverà ad affrontare le forze oscure a colpi di torcia e fucile laser, fino allo scontro finale con l’antagonista Master of Darkness. Nonostante il cast di questo gioco sia meno affollato rispetto alla serie, i toni dark e l’età del protagonista trovano sicuramente una correlazione con il telefilm Netflix.
Nel Sottosopra nessuno può sentirti urlare
Nonostante i protagonisti siano giovanissimi e la serie sia rivolta ad ogni tipo di pubblico, Stranger Things rimane comunque una storia dai toni horror, più affine ai racconti di matrice “Kinghiana” rispetto ai film dell’orrore a tema demoniaco/possessione, ma non per questo esente da qualche momento “creepy” che vi farà sobbalzare dalla sedia. Boschi lugubri, mostri raccapriccianti e improvvise sparizioni sono all’ordine del giorno ad Hawkins.
Se volete provare le stesse sensazioni, anche se con protagonisti non altrettanto giovani, vi consigliamo dei titoli che sicuramente sapranno soddisfare la vostra voglia di thriller: primo su tutti, Alan Wake.
Alan Wake è un videogioco per Xbox 360 e Microsoft Windows, sviluppato dalla Remedy Entertainment, uscito ufficialmente il 14 maggio 2010 per console e il 16 febbraio 2012 per PC e che tratta principalmente del tema “mistero” e dei fantasmi che ci portiamo con sé: il protagonista, Alan Wake per l’appunto, è uno scrittore colto dal famoso “blocco” che gli impedisce di pubblicare l’ennesimo romanzo d successo e che verrà, nel corso della storia, tormentato dalle proprie creazioni. La sua storia incomincia raccontando di un sogno in cui, di notte, investe e uccide accidentalmente un autostoppista. Fermatosi a prestare aiuto scopre che l’autostoppista è stato rianimato da una presenza oscura, una presenza ricorrente dei suoi romanzi, e che lo accuserà di essere nient’altro che uno scrittore mediocre. E’ l’inizio di un lungo viaggio per lo scrittore tra orde di persone controllate dalla Presenza oscura e tra le pagine stesse dei suoi testi: tutto ciò che scrive diviene reale, e quindi fulcro delle vicende.
Altro titolo decisamente più vecchio, ma altrettanto spaventoso e a tema, è Alone in the Dark. Nel primo titolo di quello che si sarebbe dovuta trattare di una lunga saga di videogames ideata da Frederick Raynal, ci troviamo ad impersonare Edward Carnby, un investigatore privato che si occupa di casi paranormali. Non viene detto molto sul suo background del protagonista, eccetto il fatto sia un uomo bizzarro e imprevedibile. Indagando sulla morte di un noto artista, Jeremy Hartwood, trovato impiccato nella sua magione, Carnby si recherà per lavoro nella lugubre abitazione della celebrità, che pare essere animata da mostri di ogni genere. La trama è sicuramente interessante e, qualora riusciste a completare il gioco, il finale vi lascerà a bocca aperta. Esattamente ciò che vorremmo vedere anche in un eventuale titolo dedicato a Stranger Things.
Di sotterfugi e cospirazioni
Non possiamo che concludere citando l’elemento cospirazionista di Stranger Things, che coinvolge soprattutto i misteri relativi al progetto responsabile dei superpoteri di Eleven e dell’apertura dei portali verso il Sottosopra. A questo proposito, molti videogame hanno affrontato questo stesso tema, giocando sulle paranoie e sulle credenze della gente circa le compagnie che in segreto controllano e manipolano la società.
Primo su tutti Half Life, pietra miliare degli FPS sviluppata da Valve Software e pubblicato nell’ormai lontanissimo 1998, che di li a poco rivoluzionò interamente l’industria mondiale del videogame. Basato su una versione pesantemente modificata (chiamata GoldSrc) del motore grafico di Quake, ll gioco è ambientato nel Nuovo Messico, nella struttura di ricerca di Black Mesa Research Facility, un complesso non molto dissimile all’Area 51, segretissima base militare oggetto di miti e leggende. Il protagonista del gioco è un fisico teorico di nome Gordon Freeman, il classico scienziato geek sopravvissuto incredibilmente a un esperimento andato storto. L’esperiemento in questione ha aperto uno squarcio dimensionale che ha permesso ad alieni provenienti da un altro mondo – conosciuti come Xen – di entrare nella nostra realtà e di attaccare così i malcapitati ricercatori. Analogamente a quanto accade in Half Life, in Stranger Things il folle Doctor Brenner, direttore del Hawkins National Laboratory, ha condotto per anni esperimenti su bambini per risvegliare in loro poteri psichici, scatenandò però l’ira di alcune creature provenienti da un altro mondo.
Sempre restando in tema esperimenti e sempre rimanendo in casa Valve, la serie di Portal, ambientata nello stesso universo di Half Life, ha affrontato tematiche simili, in maniera decisamente più “scanzonata” rispetto al suo cugino spirituale, celando però ugualmente dietro a sé un background narrativo oscuro e misterioso, che ha stimolato la fantasia e la curiosità dei tantissimi fan, che si sono sbizzarriti ipotizzando innumerevoli teorie circa la lore di questi titoli. In Portal, infatti, impersoneremo un soggetto sperimentale noto come Chell, rimasta intrappolata nella struttura assieme a un’IA, chiamata GlaDOS, dotata di un diabolico quanto memorabile sarcasmo che, in cambio dello svolgimento di alcune prove, prometteva…una torta. Portal 2, ambientato vent’anni dopo rispetto al predecessore, si evolve approfondendo decisamente narrazione e background dei personaggi vecchi e nuovi (come Wheatley, nucleo di personalità buffo e logorroico addetto alla sorveglianza dei soggetti del test), arricchendo così il geniale gameplay di Portal con una trama brillante e rimasta nel cuore di tantissimi appassionati.
Forse non vedremo un Wheatley né una GlaDOS nei laboratori del Hawkins National Laboratory, ma di sicuro il loro soggetto sperimentale di punta, Eleven (che ricordiamo, ha anche una “sorella” e forse parecchi fratelli data la quantità di bambini che furono ospitati nella struttura) ci accompagnerà ancora una volta durante la terza stagione di Stranger Things, così come i suoi poteri che di volta in volta paiono farsi più forti, assieme alle creature che abitano il Sottomondo.
A questo punto non ci rimane da sperare che le nostre multinazionali non ci stiano nascondendo qualche oscuro esperimento o qualche terribile incidente, e che un giorno sia possibile produrre un videogioco ispirato alla serie (o meglio ancora al suo “mondo”) con tutte le caratteristiche che vi abbiamo elencato. Nel frattempo, i titoli che vi abbiamo consigliato vi aiuteranno sicuramente a colmare il vuoto subito dopo la visione di questa terza stagione, quando la maggior parte di noi avrà bisogno di gelato e fazzoletti.
Matteo Marchetti – Erika Berselli