Nonostante siamo abituati a considerarlo un quartetto allegro e scanzonato, le tartarughe ninja originariamente erano un fumetto cupo e violento, con atmosfere tutt’altro che gioviali. Poi, una volta esploso il fenomeno di commercializzazione di fumetti e serie animate per vendere pupazzetti, venne la svolta allegrona. Con l’arrivo nelle sale nostrane del nuovo film dedicato alle quattro testuggini ninja di maggior successo, non poteva mancare una retrospettiva sui titoli che hanno rappresentato Leonardo, Raffaello, Michelangelo e Donatello all’interno del media videoludico.
Gli 8 bit impossibili da finire e i picchiaduro a scorrimento
Iniziamo dal Nes (Nintendo 8 bit), la console che più ha contribuito alla ripartenza del mercato casalingo dopo il crollo degli anni 80 e che quindi è scontato appaia costantemente quando si parla di quel decennio.
Teenage Mutant Ninja Turtles (di Konami) esce nel 1989 e per quella data riesce a fare un numero di cose interessanti: gestire livelli misti d’azione e piattaforme, spostamenti guidando il tamarrissimo furgoncino (quello comprato di seconda mano dall’A-team e sottoposto ad una delirante personalizzazione) e sezioni di nuoto subacqueo. Il gioco però venne ricordato per un livello di difficoltà spietato, dovuto ai controlli sensibilissimi che cozzavano con l’estrema precisione richiesta e per la continua ripopolazione delle stanze di nemici ad ogni passaggio, spesso in posizioni determinate casualmente che complicavano salti molto delicati. Tra le conversioni su altri sistemi è passata alla storia quella per Ms-Dos, in cui era stata spostata una piattaforma rendendo impossibile completare un salto e superare una zona. Di conseguenza non si poteva arrivare alla fine senza utilizzare dei trucchi per aggirare il livello e decretandola come versione peggiore nonostante i miglioramenti grafici.
La casa di Metal Gear è molto affermata anche nel panorama delle sale giochi, inserendosi con successo sul filone dei picchiaduro a scorrimento tipo Double Dragon e Golden Axe. Escono così alcuni titoli come Vendetta ma anche Ninja Turtles Arcade, studiato per sfruttare i più performanti hardware del mercato a gettoni (che all’epoca era l’avanguardia tecnologica, lasciando i sistemi casalinghi alla rincorsa). TMNT Arcade si dimostra all’altezza, offrendo una giocabilità molto solida, una grafica di alto livello, personaggi con differenze significative e una cooperativa sino a 4 nei cabinati appositi. I boss di fine livello erano nemici storici della serie animata come Bebop e Rocksteady, Backster Stockman (ispirato all’horror di Cronenberg “La Mosca”, con Jeff Goldblum), Krang e Shredder come avversario finale, sfornando una galleria molto completa di volti familiari.
Una conversione è stata realizzata per Xbox Live Arcade, con cooperativa online, ma a causa della perdita dei diritti da parte di Konami è stata rimossa dai listini digitali.
Turtles in Time e Hyperstone Heist espandono tutti gli elementi positivi del predecessore e sono praticamente speculari. Il primo debutta sui sistemi arcade e viene convertito su Super Nintendo con buoni risultati. Ritornano i sotto-livelli a bordo dei surf gravitazionali e le mosse vengono aumentate (con le particolari prese che sbattevano i nemici come tappeti a destra e a sinistra, in stile Hulk-Loki in Avengers, per intenderci). Nuovi nemici come Tokka e Razhar vengono importati per rinfrescare la selezione di avversari. La conversione per Super Nintendo si fa perdonare la minore fedeltà grafica con un livello aggiuntivo (il Tecnodromo di Krang) e il ritorno di Rocksteady&Bebop.
Turtles in Time è stato rifatto con grafica tridimensionale (trasformandolo in un picchiaduro in 2.5D) e distribuito come arcade su Xbox Live e Psn da Ubisoft, tuttavia anche in questo caso, per una questione di diritti, non è più disponibile digitalmente. Nonostante la grafica più moderna segnasse uno stacco netto con l’aspetto retrò degli sprite dell’originale, l’operazione però fu complessivamente di discreta qualità, non limitandosi a cavalcare la gloria del titolo passato, ma migliorando alcuni dettagli della giocabilità (come la possibilità di attaccare in 8 direzioni anzichè nelle sole 2 precedenti) in modo rispettoso e aggiungendo una cooperativa online assolutamente utile per ricreare la caciara delle partite a 4 in sala giochi. Un peccato solo per l’assenza dei contenuti extra della versione Snes, vincolati per contratto ai dispositivi Nintendo.
Hyperstone Heist invece è un capitolo sviluppato appositamente per Mega Drive utilizzando sprite e modelli di TiT ma attraverso livelli rielaborati e trasportando personaggi dei film come Tatsu per conferire un’identità maggiore anziché riproporre pigramente lo stesso gioco. Sul fronte grafico bisogna notare una riduzione della varietà cromatica dovuta alla minore gamma della tavolozza a disposizione del Genesis. Il livello di difficoltà inoltre venne aumentato per compensare le critiche sulla eccessiva facilità e, di conseguenza, minore longevità di Turtles in Time. Questo aspetto non è marginale, essendo emblematico della popolarità delle Tartarughe Ninja presso un pubblico meno occasionale di quanto molti sviluppatori credessero, riflettendosi nelle diverse caratteristiche dei prodotti, che finivano per orientarsi a molteplici fasce di età e di mercato.
I tornei di arti marziali e le console portatili
Nel 1993 il fenomeno Street Fighter era mondiale e tutte le case facevano a gara per avere un loro picchiaduro ad incontri che potesse sfruttare l’enorme apprezzamento del genere. Come non bastasse negli anni 80-90 un titolo spesso diventava un gioco completamente diverso al passaggio da una console all’altra, sviluppato per sfruttare al meglio le peculiarità di un sistema ed essere un prodotto differente. E’ bene ribadire come le case produttrici avessero un approccio più coraggioso persino nella produzione di Tripla-A fortemente commerciali. Uno scenario completamente estraneo a quello odierno, dove si nota un appiattimento generale, rincorrendo un’unica versione da ripresentare su quanti più sistemi possibili per massimizzare i profitti con il minor sforzo possibile, anche al costo di trascurare ottimi spunti offerti da strumenti coraggiosi ed innovativi, come il pad di Wii-U o il sensore Kinect.
Tutto questo preambolo per raccontare che il picchiaduro 1vs1 delle Turtles su Mega Drive e Super Nintendo non era una fotocopia.
Tournament Fighters esce nell’autunno 1993 per Mega Drive e riusce ad ottimizzare i controlli anche per il basilare Joypad a 3 pulsanti normalmente commercializzato col 16 bit Sega. Il controller a 6 tasti creato per celebrare la conversione di Street Fighter 2 Turbo era appannaggio dei giocatori più esigenti e così Konami cercò di combinare semplicità e profondità in un sistema che determinava la potenza di colpi in combinazione con la pressione del pulsante direzionale. Anticipando di anni un caposaldo di Dead or Alive, alcuni livelli consentivano interazioni ambientali interessanti oltre che raggiungere nuove zone. Similmente ai titoli Snk come Fatal Fury 2, era disponibile una Supermossa eseguibile solo quando restava poca energia, a riprova che pur non vantando la stessa esperienza dei colleghi, Konami dimostrava di aver fatto i compiti a casa, cercando di offrire un prodotto quanto più completo possibile. I fan inoltre potevano sbizzarrirsi mettendo mano a personaggi, sino ad allora, comprimari come April O’Neil e Casey Jones. L’edizione SuperNes raggiunge gli scaffali dopo un paio di mesi e offre una rosa di lottatori molto varia, includendo personaggi diversificati rispetto al MegaDrive e viceversa. Anche in questo caso c’è una buona attenzione alle meccaniche, bilanciando i lottatori e aumentando ulteriormente la velocità (l’edizione Turbo di SF2 aveva già fatto scuola).
Sulle console portatili è doveroso citare Back from the Sewers per il primissimo Game Boy in bianco e nero, grazie all’alta qualità grafica, pulizia e dimensione degli sprite, davvero pregiati. Pur riciclando elementi visti in Fall of The Foot Clan o nel primo capitolo per Nes, come la trama che verteva sull’ennesimo rapimento di April O’Neil o l’impostazione action (in cui cambiare personaggio e liberare quelli sconfitti), complessivamente lo si può considerare il prodotto più riuscito sulla storica console tascabile.
Toccherà ad Ubisoft per Game Boy Advance regalare un’emozione simile, con un picchiaduro a scorrimento che surclassa qualitativamente la versione casalinga del 2003 che, teoricamente, doveva essere la migliore. Turtles 2003 è un piccolo prodigio per l’hardware 16bit del GBA, a riprova che spesso non sono i fondi milionari e l’impostazione tripla-A a rendere grande un gioco.
Cowabonga, di nuovo
A seguire ci fu un calo di popolarità dovuto all’estremo sfruttamento del marchio nel corso dei primi anni 90, che aveva finito per inflazionare la presenza delle quattro testuggini sino a nauseare il pubblico. Le tartarughe quindi passano il periodo 32bit in silenzio, nella loro tana nelle fogne newyorkesi, sino ad essere rispolverate su Playstation 2, GameCube e Xbox1 nei primi anni 2000. Sempre Konami sforna un picchiaduro a scorrimento 3D, sfoggiando un cel-shading per l’epoca già molto convincente e fedele alla nuova serie animata. La giocabilità pur mantenendosi su binari semplici ed immediati, si sforzava di offrire una interazione ambientale e nuove mosse da sbloccare per non scadere nella ripetitività eccessiva. Il suo seguito, Battle Nexus, verteva sull’omonima dimensione che aveva coinvolto parecchie avventure dei ninja fumettistici. Per rispondere alle critiche del precedente capitolo, gli sviluppatori inserirono meccaniche platform e una maggiore specializzazione nell’utilizzo di ciascun personaggio, favorendone il cambio per fronteggiare al meglio ogni sfida nel corso dei livelli. La nota negativa però risiedeva nella presenza di una sola barra di energia per le tartarughe, finendo per causare frequenti game-over qualora il nostro compagno fosse alle prime armi, cosa purtroppo probabilissima quando si invitava un amico per giocare insieme. BN in compenso è uno dei pochi titoli ad ospitare Yusaji Yojimbo, il celebre coniglio-samurai, oltre che includere Turtles Arcade come bonus sbloccabile, una ghiotta aggiunta per gli amanti del retrogaming già allora.
Mutant Melee invece svolta verso il brawler alla Power Stone (classico targato Capcom che accompagnò l’esordio della Dreamcast, ora disponibile in digitale per Psp e Vita) ma senza risultati esaltanti. La giocabilità si arenava sul mediocre e anche graficamente non riusciva ad offrire risultati esaltanti. Mutant Nightmare prova a ricalcare i fasti di Turtles in Time con la storia del viaggio nel tempo, migliorando gli spunti platform-picchiaduro di Battle Nexus.
Pittura Ninja Contemporanea
Nel 2009 Ubisoft pubblica Smash Up dopo essersi garantita la gestione del celebre marchio. Il risultato è un emulo di Smash Bros a tema, lanciato in occasione del venticinquennale dei personaggi di Eastman e Laird. La giocabilità fotocopia ossequiosamente quella del titolo Nintendo per mantenersi su di un buon livello qualitativo, ma riuscendo solo in parte nell’impresa. Nonostante la presenza di arene molto ben strutturate e di meccaniche familiari alla serie Smash, il gioco era piagato da un numero decisamente povero di presenze, omettendo persino volti emblematici come Rocksteady e Bebop ed imprescindibili visto il carattere celebrativo del prodotto. Smash Up viene pubblicato per Wii e Playstation 2 classificandosi come un’appena discreta alternativa a Smash Bros, consigliata ai fan di quest’ultimo in cerca di un palliativo con cui riempire l’attesa degli Smash Ufficiali, centellinati tra una generazione Nintendo e l’altra.
Recentemente Platinum Games ha firmato l’ultima licenza per conto di Activision, ma l’impronta fortemente cooperativa diventa un’arma a doppio taglio quando lascia la gestione dei compagni ad una cpu deficitaria, che rischia di smorzare la qualità dell’azione e dei livelli poco ispirati. Un mezzo passo falso nel curriculum altrimenti quasi perfetto dei talentuosi sviluppatori giapponesi, ma che a loro discolpa si può considerare forzato dai ristretti tempi di sviluppo, contratti per far coincidere l’uscita del gioco in contemporanea con la seconda pellicola di Dave Green. Mutants in Manhattan comunque offre una grafica cel-shading di buona qualità e un discreto divertimento solo se affrontato con altri giocatori online.