Quante volte, magari giocando assiduamente ad un titolo che ha catturato il vostro interesse, avete pensato “io questa cosa l’avrei fatta meglio, magari cambiando qualcosa…oppure scrivendo una storia diversa e ne sarebbe uscito un gioco molto più bello”? Se siete consumatori accaniti di videogiochi come il sottoscritto, probabilmente il pensiero di creare qualcosa di vostro vi ha attraversato la testa più d’una volta. Magari, anche qui come il sottoscritto, vi siete interessati al mondo del game developing ed avete iniziato a studiare un engine, avete messo in moto i vostri talenti con artwork, musica e level design. Sapete una cosa? Le idee, a conti fatti, valgono zero.
Parto da questo doveroso incipit per far notare una cosa molto importante che forse sfugge al pubblico generale: circa l’85% dei progetti videoludici non vede mai la luce. Vengono creati i team di sviluppo, viene magari creata una bozza di gioco anche utilizzabile ma poi il progetto si ferma e scompare. Nonostante magari ci fosse dietro un’idea buona o anche eccellente, il tutto si perde e svanisce nel tempo. Perchè avere un’idea è una cosa, realizzarla davvero ed in modo funzionale è tutt’altra cosa. Per farvi un esempio più chiaro, cari lettori, cito alcune discussioni intraviste nei giorni scorsi sui social network: alcuni hanno definito The Evil Within 2, ultima fatica del creatore di Resident Evil Shinji Mikami, come “gioco carino ma niente di più, a tratti mediocre, perchè non ha inventato nulla”. Altri hanno invece elogiato la serie The Last of Us che, a paragone con The Evil Within 2, avrebbe rinfrescato il panorama degli action/adventure/survival horror con un sacco di buone idee ed inventiva.
Un’idea parte da un pensiero, il pensiero di qualcuno, e quando uno sviluppatore salta sulla sedia esclamando “ho avuto un’idea ottima!” dovrebbe calmarsi immediatamente con il pensiero successivo: c’è il 99,99% di possibilità che quell’idea sia già venuta a qualcun altro nel mondo. Perchè, per quanto possa sembrare strano, al giorno d’oggi inventare davvero qualcosa nel mondo videoludico è praticamente impossibile. Molti ora si riempiono la bocca con parole inventate tipo “metroidvania”, che altro non sta ad indicare se non ibridi platform/rpg/action che esistono da decenni, oppure altri ancora si sorprendono della difficoltà terrificante di Cuphead quando i run-and-gun con sfide pari se non superiori popolano il mondo videoludico dagli anni ’80. Inventare qualcosa di davvero nuovo è molto difficile, è un’impresa titanica che avviene pochissime volte: tutti gli altri casi sono buone idee, probabilmente ispirate da cose viste/sentite/vissute, che somigliano a qualcos’altro in una o più parti.
Detto questo, passiamo al centro del discorso: conta più un’idea nuova o un’idea buona già vista e ben realizzata? The Evil Within 2 si presta benissimo a questo discorso, se si esamina il suo gameplay e se si legge con attenzione la recensione. Di fatto l’ultima creazione di Shinji Mikami non ha inventato nulla: un survival horror ibridato con lo stealth, alcuni limitati elementi RPG come lo skill tree per migliorare il personaggio e crafting. Tutti elementi già visti in molti altri giochi, alcune meccaniche si possono ritrovare in titoli vecchi di 20 anni e forse più. Eppure funziona, tutto gira come dovrebbe e le meccaniche consegnano al giocatore un prodotto godibile, longevo e stimolante. Si parla spesso di quanto siano noiosi, statici e ripetitivi gli episodi della serie Assassin’s Creed che cambiano drasticamente ambientazione ogni volta per esempio, eppure sono percepiti “male” dall’utenza più appassionata nonostante le vendite siano sempre alte per ogni capitolo della saga. The Last of Us, spesso glorificato fino alla nausea come capolavoro inossidabile e granitico, pietra miliare che dovrebbe far da metro di paragone per decenni. La cosa carina (in senso ironico) da notare è che The Last of Us e The Evil Within si somigliano pure molto a livello di meccaniche di gioco ma vengono messi su piani completamente differenti, spesso in modo completamente errato. Entrambe le saghe sono, a “pari merito”, capaci di donare al giocatore un’esperienza di valore seppur per motivi quasi opposti.
Prendiamo ad esempio The Last of Us: come dicevamo non è innovativo quasi in nessun settore, ma a molti giocatori è rimasta impressa nella memoria la storia. The Last of Us fa un ampio uso di intermezzi, cutscene e narrazione in stile cinematografico per raccontare la sua storia e ci riesce benissimo inserendo la trama in un contesto interattivo e giocabile come quello di un videogame. The Evil Within (sia il primo che il secondo capitolo) presentano una trama interessante, seppur non eccellente o stupefacente, ma si concentrano in particolar modo sul gameplay: tutto in The Evil Within 2, per esempio, è attentamente considerato e calcolato e certamente il gioco è un piacere da manovrare e scoprire. Due titoli diversi, eppur così simili, che non hanno inventato nulla di nuovo ma hanno semplicemente rimaneggiato e modificato esperienze/concetti/idee già esistenti creando qualcosa. Come dicevamo all’inizio, l’idea conta fino ad un certo punto perchè se viene realizzata male, magari resta un’ottima idea nella mente del suo creatore ma una pessima esperienza per chi dovrà fruire del prodotto finito. Ed il mondo dei videogiochi è PIENO di pessimi titoli venuti da ottime idee. Per questo motivo non voglio più sentir parlare di “giochi mediocri perchè non hanno inventato nulla”: non serve per forza, a tutti i costi inventare qualcosa di nuovo per creare un videogioco di alta qualità. Molto spesso è sufficiente attingere da svariate fonti, mescolare sapientemente cose già viste in vari ambiti adeguatamente modificate, fare attenzione a non perdere la propria identità iniziale….et voilà: salta fuori The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Un altro “gioco mediocre” che non ha inventato nulla….vero?