Wolfenstein è da sempre sinonimo di un adrenalinico fps, armi pesanti e uno sterminio di nazisti. La serie dalla sua prima uscita (1981) in poi ha subito molti cambiamenti- e non solo in dimensioni e aggiunte-passando per differenti sistemi e generazioni di console. In occasione della recente uscita di Wolfenstein: Youngblood (potete trovare la nostra recensione qui), vogliamo ripercorrere la trentennale storia fatta d’azione e uccisioni naziste, per vedere come il gioco si è radicalmente evoluto.
Castle Wolfenstein (1981)
Castle Wolfenstein è il primissimo gioco della serie mai creato. Rilasciato su Apple II e sviluppato da Muse Software nel 1981, il gioco era uno sparatutto top-down 2D ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, e aveva come obiettivo il recupero dei piani all’interno del castello sgattaiolando tra le guardie, impersonando i soldati nazisti e uccidendo i nemici quando era necessario. Il titolo avena una difficoltà crescente, ed ogni fuga riuscita era compensata con punti e munizioni estremamente rare da reperire. Il gioco si discostava completamente dall’aspetto e le meccaniche moderne di Wolfenstein e del futuro protagonista William “B.J.” Blazkowicz: la caratteristica primaria, infatti, era un approccio prettamente stealth, dato che sparare ai nemici era generalmente scoraggiato e controproducente.
Castle Wolfenstein e il suo sequel sono considerati da molti come un prototipo dello stealth, un genere che sarebbe diventato popolare negli anni ’90.
Beyond Castle Wolfenstein (1984)
Beyond Castle Wolfenstein è il sequel diretto di Castle Wolfenstein. Rilasciato nel 1984, il gioco è stato contemporaneamente sviluppato sia per Apple II che per Commodore 64, e poi seguirono le versioni DOS e Atari a 8 bit. L’obiettivo questa volta era più complesso: il giocatore doveva recuperare una bomba, lasciata da un agente, per piazzarla fuori dalla stanza in cui Hitler teneva una riunione segreta. Per passare da un livello ad un altro, in questo capitolo, era necessario un pass corretto, che si poteva ottenere corrompendo le guardie, ma era raro avere abbastanza soldi per farlo due volte. Inoltre se una guardia ti scopriva senza il pass giusto o denaro, era necessario ucciderle o si rischiava l’attivazione d’ allarme del bunker. Altre modifiche includevano il commercio di un pugnale, che poteva essere usato per eliminare le guardie senza attirare l’attenzione, visto che in questo capitolo era possibile usare i cadaveri per ottenere o bloccare l’accesso di altre aree.
Wolfenstein 3D (1992)
Wolfenstein 3D rappresenta la vera svolta del brand. Il primo titolo sviluppato dal team di id Software, per molti Wolfenstein 3D è il capostipite degli FPS, un gioco conosciuto praticamente da chiunque abbia una conoscenza media dei videogiochi, e per una buona ragione. Se non fosse, infatti, per Wolfenstein 3D, molti dei concetti che gli sparatutto usano al giorno d’oggi non esisterebbero: dalla meccanica delle armi semplice ma efficace, ai segreti nascosti negli angoli più nascosti di ogni mappa. Muse Software, era fallita anni prima e di conseguenza il copyright era scaduto, ciò ha permesso, ai ragazzi di id Software, e la completa libertà e di stravolgere totalmente le meccaniche di gioco. John Carmack ha sviluppato un motore di gioco che permetteva di muoversi in un labirinto 3D. Sebbene la tecnologia fosse all’avanguardia per i suoi tempi, la base era relativamente semplice: invece di sgattaiolare in giro e indossare travestimenti, come nei capitoli precedenti, i giocatori vestivano per la prima volta i panni di William “B.J.” Blazkowicz, la cui missione si basava sulla fuga dal Castello Wolfenstein lasciandosi alle spalle una scia di nazisti morti.
Ancora oggi, il gameplay di Wolfenstein 3D resiste davvero bene, è semplicistico certo, ma è anche veloce e incredibilmente soddisfacente. I livelli sono abbastanza vari e contengono sfide e segreti sufficienti per tener occupato il giocatore molte ore, e c’è anche una buona trama- il che è encomiabile, considerando che a quei tempi la storia non era un elemento primario nei videogiochi.
Spear of Destiny (1992)
A livello di trama Spear of Destiny è collocato prima di Wolfenstein 3D, l’obiettivo questa volta era togliere dalle grinfie di Hitler la leggendaria Spear of Longinus, l’arma che trafisse il costato di Cristo, dalle grinfie di Hitler. Le meccaniche, al dì là di qualche piccola miglioria, erano identiche a Wolfenstein 3D, strutturalmente Spear of Destiny raggiungeva un nuovo grado: il gioco era diviso in quattro blocchi distinti nei quali il nostro Blazkowicz doveva farsi strada per affrontare il boss finale. Nel titolo, poi, sono stati introdotto per la prima volta anche altri temi occulti, tra cui una battaglia con l’Angelo della Morte e un esercito di Spettri. Nel 1994 furono rilasciate due espansioni: Return to Danger e Ultimate Challenge, entrambe contenevano un totale di 42 livelli aggiuntivi, con nuove trame e nemici.
Return to Castle Wolfenstein (2001)
Ci sono voluti nove anni prima che Wolfenstein rientrasse nel mondo dei videogiochi a causa dell’enorme successo di Doom e Quake, che hanno inevitabilmente fatto finire il brand in secondo piano. Il settore era a quei tempi caratterizzato da una serie di sparatutto che coprivano una varietà di impostazioni e temi, il tutto con una complessità crescente che ha portato le prestazioni hardware al limite. Sembrava naturale che Wolfenstein venisse rivisitato e aggiornato con le ultime tecnologie, pertanto, Id Software nello sviluppo di Return to Castle Wolfenstein assunse solo il ruolo di consulente, mentre l’intero sviluppo di affidato ai team Gray Matter Interactive e Nerve Software. In Return to Castle Wolfenstein i temi occulti dei titoli precedenti sono stati ripresi e inseriti nuovo elementi come la Divisione Paranormale delle SS. I giochi precedenti erano legati a un vago senso della storia che legava i capitoli dando allo stesso tempo uno scopo maggiore al massacro nazista, ma in questo capitolo era necessario spiegare perché all’interno di un complesso nazista c’erano soldati mutanti e spettri e Hitler con un’armatura meccanizzata. Oltre a oltre ai super soldati nazisti, ai mutanti e ad una serie di esperimenti scientifici contorti, i giocatori si ritrovarono a combattere contro un’orda di non morti. I livelli sono ancora molto interessanti e il tono più serio di questo capitolo insieme a una nuova direzione artistica unica conferiva a tutta l’esperienza dallo strano fascino. Alcuni potrebbero definirlo troppo semplice (soprattutto considerando il boss) ma rimane comunque gratificante, anche se per la possibilità di usare armi dal design particolare. Il gioco era stato ben accolto, ma quello che ha attirò l’attenzione della gente fu il multiplayer.
Wolfenstein: Enemy Territory (2003)
Enemy Territory è un gioco multiplayer competitivo che inizialmente pensato per un’espansione di Return to Castle Wolfenstein, ma ci furono problemi con lo sviluppo della campagna single player. Il gioco, quindi, fu rilasciato nel 2003 come un titolo free-to-play con il nome di Wolfenstein: Enemy Territory. Combattendo come soldati dell’Asse o degli Alleati in un’ambientazione della Seconda Guerra Mondiale, i giocatori dovevano lavorare insieme per distruggere o difendere gli obiettivi. Il gioco originariamente aveva sei mappe, ma la comunità di modding presto iniziò a lavorare creando altre centinaia. Enemy Territory è ancora considerato da molti un favorito preferito del genere che continuato a ispirare altri giochi.
Wolfenstein (2009)
Dopo una lunga pausa, nel 2009 venne rilasciato un nuovo sequel intitolato semplicemente Wolfenstein questa volta co-sviluppato da Raven Software e da Endrant Studios. I giocatori assumevano ancora una volta nei panni di Blazkowicz in lotta contro le forze naziste paranormali. In questo capitolo elemento fondamentale era un cristallo chiamato Nachstone, con il quale si aveva accesso a una dimensione chiamata “Sole Nero”. I giocatori potevano, inoltre, potenziare il medaglione con una serie di abilità per combattere sia i soldati nazisti che le creature soprannaturali. Tuttavia Wolfenstein, rispetto ai titoli analizzati precedentemente, non era qualitativamente allo stello livello: la storia è piena di personaggi insignificanti, mappe lineari e noiose e un sistema di aggiornamento poco brillante.
Wolfenstein: The New Order (2014)
Sviluppato dai ragazzi di MachineGames, Wolfenstein: The New Order rappresenta un ulteriore cambio di direzione: un gioco diverso dai suoi predecessori si tratta di uno sparatutto classico ma un cocchio di riguardo alla trama e ai suoi protagonisti. In questo capitolo vestiremo anche una volta i panni di William “BJ” Blazkowicz ma questa volta impegnato a combattere in una realtà alternativa nella quale i nazisti utilizzano cyborg. Un’esplosione lo mette in stato vegetativo per un decennio e si sveglia in un mondo in cui i nazisti hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale e dominano il mondo, tutte le risorse e controllarono tutto usando una tecnologia superiore. I giocatori in questo capitolo possono scegliere tra il gameplay in stile stealth, affine alle versioni anni anni ’80, o nel classico stile degli sparatutto. Ci sono anche molti segreti e tesori da raccogliere. Nel frattempo, la folle storia, completa della musica dei Beatles a tema nazista, impedisce al gioco di prendersi troppo sul serio. I personaggi, poi, sono sorprendentemente abili e una trama sinceramente accattivante. Mentre il multiplayer online è stato completamente abbandonato per questa versione, il gioco principale ha più che compensato con una grafica eccezionale, una narrazione forte e, naturalmente, alcune riprese brillanti. È cruento e rumoroso, Il Nuovo Ordine è il culmine di una visione presentata oltre trenta anni fa.
Wolfenstein II: The New Colossus (2017)
Wolfenstein II: The New Colossus, il seguito diretto di The New Order, i ragazzi di MachineGames hanno realizzato un seguito capace di migliorare quasi ogni aspetto del suo predecessore. Nel gioco William “BJ” Blazkowiczsi sveglia dal coma subito dopo essere sopravvissuto all’esplosione quasi fatale con Deatshead. La narrativa, quindi, continua ad avere un ruolo fondamentale, ma in questo capitolo è ancora più avvincente e ben si bilanciano con il ritmo di gioco. Alcune sezioni di gioco hanno un ritmo adrenalinico e lasciamo alle nostre spalle una lunga scia di nazisti morti, tutto ovviamente allo scopo di liberare il mondo dal dominio nazista. L’unica pecca è la quasi assenza di boss.