Sono ormai passati alcuni anni da quando ho fatto il mio ingresso nel mondo dell’editoria videoludica, e ne sono passati molti di più da quando ho posato per la prima volta le mie mani su un joypad. Una lunga “carriera” di videogiocatore che è stata sempre scandita da un dettaglio che ha già iniziato a suonarmi strano anni fa, quando le recensioni (quasi esclusivamente cartacee) erano il veicolo principale che mi spingeva in una o nell’altra direzione quando si trattava di investire i miei risparmi su un’opera videoludica. Ho sempre saputo che le recensioni seguono un “iter” numerico che, teoricamente, va dallo 0 al 10. Considerato che lo zero esiste soltanto in termini virtuali, poichè l’unico videogioco meritevole di uno zero dovrebbe essere qualcosa di “inesistente”: zero significa nulla, quindi soltanto un gioco che non esiste potrebbe meritarlo. Ma passiamo all’altro opposto, al vertice.
Da sempre il 10 è un voto considerato “tabù, soprattutto dalle testate più autorevoli del settore. E’ più facile incontrare il numero incriminato su blog personali o su siti di informazione videoludica più “piccini”, ed il motivo è semplice: si hanno meno catene e meno cose da spiegare se hai a che fare con un pubblico più limitato. Ma se dovessi contare il numero di volte in cui mi è capitato di trovare un 10 tondo come voto su una testata di riferimento, penso che potrei agevolmente utilizzare le dita delle mie mani.
Perchè succede? Perchè i recensori sentono la “paura” di utilizzare il 10 per dare un voto numerico ad un determinato titolo che probabilmente lo merita? Si parla proprio in questi giorni della nuova incarnazione di God of War, saga iconica ad opera del team Santa Monica Studio: sono uscite le prime recensioni e si parla di reale capolavoro, di schemi ribaltati con successo ed innovazione allo stato puro. Ed alla fine, dopo questa carrellata di elogi, puntualmente trovi QUEL numero: 9,5. Se è un capolavoro di innovazione e di pensiero fuori dagli schemi di una saga, perchè non dargli direttamente 10?
Negli anni si è costruita una mentalità a mio parere errata sul numero 10 per le recensioni videoludiche: spesso, quando si parla di motivazioni relative al suo non-utilizzo, ci si sente dire “il 10 significa la perfezione, e giochi perfetti non ne esistono o comunque ne esistono pochissimi”. Sbagliato, sbagliatissimo: personalmente credo che il 10 non rappresenti la perfezione (in quanto inesistente di base) ma rappresenti bensì il risultato eclatante di una rivoluzione. Un esempio in termini “retrogamer”? Super Mario 64. Il titolo targato Nintendo ha di fatto creato il genere platform in 3D puro, un titolo che mette i virtuosismi nei salti al centro del gameplay escludendo quasi al 100% altre interazioni più comuni a generi differenti. Ma se si guarda al passato, giustificare un 10 è sempre più semplice, più accettabile, quasi si trattasse di un lusso che si può concedere ai mostri sacri del genere. Personalmente ho dato 10 ad un gioco molto più recente, anche celebre nonostante non sia mai diventato “tripla A” nel senso più stretto del termine: si tratta di The Binding of Isaac Afterbirth, espansione definitiva del capolavoro di Edmund McMillen.
Molti potrebbero pensare “bellissimo gioco, ma merita davvero un 10? Avrà pure dei difetti”. La mia risposta a questi ipotetici interlocutori sarebbe: ha alcuni piccoli difetti senza dubbio, ma merita il 10 per svariati motivi. In primis ha creato, per così dire, un mini-genere personale al quale moltissime produzioni si sono poi ispirate. E’ un titolo entusiasmante, longevo, pieno di sorprese e ricco di tocchi di classe: ci ho speso più di 600 ore totali e probabilmente c’è spazio per altro gioco, in aggiunta alla modalità co-op locale, le sfide giornaliere introdotte, le challenges ed altro ancora. Un titolo, per meritare 10, non deve essere necessariamente perfetto: deve semplicemente essere straordinario.
A quanto si legge in questi giorni su God of War, pare che il nuovo titolo di Santa Monica Studio sia davvero straordinario nella sua essenza: perchè non premiare questo fatto con il voto maximo? Il problema reale che andrebbe affrontato, nell’attuale panorama videoludico, dovrebbe essere un altro: è una problematica della quale si discute ampiamente in vari momenti, ed è rappresentata dalla percezione variata profondamente riguardo ai voti inferiori al 10. Forse ormai il limite dei voti considerati “accettabili” per un gioco realmente straordinario è talmente stretto (si va dall’8,5 al 9,5) che si evita il 10 per riservarlo a capolavori epocali che sconvolgono il mercato. Il problema è che la produzione videoludica attuale è decuplicata rispetto al passato: escono molti più giochi, considerato anche il sottobosco indie, e probabilmente ci sono molti 10 nascosti tra le pieghe spazio-temporali dei titoli creati da piccoli sviluppatori.
Il 10 ha un valore enorme, è un voto che ha una specifica funzione: definire ciò che è “game changer”. Ma se non lo usiamo mai, finirà come quel paio di pattini super-costosi mai utilizzati per paura di romperli (Mamma ho perso l’aereo 2 cit.) e resterà a far la muffa nella nostra mente di recensori. Usate il 10, usatelo quando serve e con parsimonia ma USATELO. Non è proibito da nessun regolamento e soprattutto potrebbe focalizzare l’attenzione dei lettori su qualcosa di veramente straordinario.