Che siate appassionati o meno delle opere di Hideo Kojima, c’è un dato oggettivamente incontrovertibile legato ai videogiochi che ha prodotto: in un modo o nell’altro, essi hanno dato sempre uno scossone ad un’industria videoludica che gioca troppo spesso le sue carte in un terreno conosciuto, senza tentare di innovare o di proporre qualcosa che sia davvero in grado di sconvolgere l’audience. Ma, oltre alla qualità effettiva dei giochi che ha prodotto, Kojima è ricordato anche per la sconsiderata maestria con la quale riesce a creare attesa, domande e incertezze riguardanti i suoi progetti. L’abbiamo visto qualche anno fa, con la presentazione di quel generico “The Phantom Pain” rivelatosi poi essere il nuovo Metal Gear Solid: un perfetto esempio di quanto Hideo riesca a “giocare” con l’audience ancora prima che il gioco venga pubblicato. Degli eventi legati alla rottura dei rapporti con Konami ne abbiamo già parlato a lungo, sebbene ciò che sia effettivamente accaduto resti tuttora avvolto in un alone di mistero: ma quella catena di eventi ha portato a ciò di cui parleremo oggi. Il nuovo progetto di Hideo Kojima, Death Stranding.
I’ll keep coming
C’erano pochi dubbi riguardo alla possibilità che un creativo vero come Hideo Kojima non cogliesse immediatamente l’occasione per tornare a lavoro. Quest’occasione è arrivata proprio grazie al supporto di Sony che, quasi doverosamente, ha subito dato al collega nipponico carta bianca per intraprendere questa nuova avventura. Ciò che sappiamo di confermato al momento è davvero poco: il trailer mostrato all’E3 non ha finora dato alcuna indicazione su quale possa essere il genere di gameplay che caratterizzerà il titolo, nè ha lasciato intendere con precisione quali possano essere le tematiche effettivamente trattate. Ma era esattamente questo lo scopo di questa piccola presentazione: generare domande, dubbi, speculazioni, nella mente di tutta l’audience. E in questo Kojima è certamente un maestro, dato che questo stesso articolo è esattamente l’espressione di ciò che lui aveva intenzione di creare: ipotesi su ipotesi, tentativi di risolvere un enigma di fondo che potrebbe anche non esistere o essere in realtà di facile risoluzione. Metal Gear Solid V è un esempio, pur imperfetto, di questo meccanismo: evitando ovviamente ogni possibile spoiler, esso non fa altro che disseminare indizi totalmente ambigui durante tutto lo svolgimento del gioco, per poi giungere alla clamorosa rivelazione finale. Il punto è che questi indizi non sono presenti solo nel gioco, ma anche in moltissimo del materiale promozionale diffuso ancora prima del lancio, dai trailer ai semplici poster. A conferma di ciò troviamo moltissimi contenuti generati dalla community riguardanti ipotesi e speculazioni, alcune rivelatesi poi corrette, sulla convulsa trama di MGSV che tuttora lascia spazio a molte interpretazioni. E’ proprio questo ciò che forse ha più deluso di MGSV: per la prima volta nella saga di Metal Gear Solid molti di questi indizi sparsi non hanno trovato poi un’effettiva spiegazione valida, o comunque risvolti davvero all’altezza di quanto visto nei precedenti capitoli, dove ogni tassello, sia concreto che speculativo, andava meravigliosamente a comporre un puzzle estremamente affascinante e complesso. Ed è proprio questa la prima vera aspettativa che circonda Death Stranding: la speranza che esso abbia effettivamente la profondita che sembra trasparire già dal primissimo trailer. Tuttavia, la vicenda PT/Silent Hills nasconde forse qualcosa di ben più profondo di ciò che apparentemente è trapelato. Dopo cosi tanti anni di leale collaborazione, è davvero possibile che Konami sia improvvisamente divenuta un inferno? E soprattutto, perchè un Hideo Kojima arrabbiato e deluso avrebbe anche solo avviato un progetto (PT) se i rapporti con Konami erano già cosi deteriorati? Solo il tempo potrà dirci con più certezza cosa è successo. Se davvero la conclusione dei lavori “affrettata” di MGSV è stata colpa dell’influenza di Konami, comunque, cosa potremmo aspettarci da un Hideo Kojima totalmente indipendente e slegato da ogni vincolo imposto dall’alto? La risposta potrebbe essere in Death Stranding, un titolo che dovrebbe essere tutto nuovo e slegato dal passato. Ma sarà davvero cosi o è solo ciò che Hideo vuol farci credere?
Hideogame
Partiamo dall’elemento di cui al momento sappiamo meno: il gameplay di Death Stranding. La cancellazione di Silent Hills e il clamore che esso aveva generato fa certamente intuire come un titolo survival horror davvero all’altezza potrebbe effettivamente essere un colpaccio in questo momento storico, dominato solo da horror in prima persona e caratterizzato dalla mancanza di un vero esponente del genere, in terza persona, come lo furono effettivamente i primi Resident Evil e gli stessi primi capitoli di Silent Hill, anni e anni fa. Ma, di fatto, i primi indizi arrivati da Kojima non fanno altro che confondere ulteriormente le idee: Death Stranding, a suo dire, sarà un’esperienza non classificabile in nessun genere attualmente conosciuto. Similmente a quanto visto in MGS, a un gameplay (forse) tendenzialmente action potrebbe essere affiancata una fortissima, quasi predominante, componente narrativa, in grado di coinvolgere concretamente il giocatore a livello emotivo. Si tratterà, come affermato dall’autore stesso, di un’esperienza drammatica, toccante, dai temi forti: è questo che il suo pubblico vuole da lui, del resto. L’hype è alto soprattutto per chi ha amato i suoi precedenti lavori, proprio perchè ci si aspetta qualcosa di davvero fortissimo a livello tematico. Ecco, sulle tematiche si apre quel vaso di pandora di discussioni e speculazioni di cui accennavamo sopra. Il trailer si apre sulle note delle meravigliosa “I’ll keep Coming“. Il titolo stesso della canzone scelta nasconde di per sè già un piccolo messaggio nascosto: Kojima continuerà a tornare sui grandi palchi dell’industria esclamando “I’m back”, esattamente come è avvenuto allo scorso E3. Che Kojima abbia un gusto fantastico nella scelta delle musiche, nei suoi titoli e nei rispettivi trailer, è fuori da ogni discussione: molti di noi hanno certamente scoperto delle vere perle musicali proprio grazie alle canzoni che ha selezionato, come confermato dall’aumento esponenziale di visualizzazioni e likes sulle stesse dopo la loro apparizione in trailers o nei giochi. Ma la canzone non è stata scelta solo per la sua effettiva bellezza: essa si apre con un effetto audio di non chiara interpretazione, dal ritmo però estremamente regolare, quasi come un ticchettio che segna lo scorrere del tempo. Ebbene, lanciandoci in un azzardo decisamente ampio, potrebbe essere proprio questa la tematica centrale di Death Stranding: l’alterazione spaziotemporale potrebbe essere ciò che impedisce di vedere cosa sta producendo le impronte sul terreno, o sul corpo stesso del protagonista. Cosi come le balene e tutta la fauna marittima tristemente spiaggiata e sommersa nel petrolio: proprio come nel recentissimo “Life is Strange” (su cui, ovviamente, non faremo alcuno spoiler) gli animali sembrano risentire per primi del profondo cambiamento di qualcosa che l’uomo non è in grado di spiegare. Il tema del tempo è stato trattato e ritrattato in opere recenti: da videogames come Quantum Break e lo stesso Life is Strange, fino a serie cult come Lost. Ma, conoscendo quanto Kojima possa essere diabolico e talvolta sconvolgente nel toccare determinati tasti, immaginate cosa potrebbe venirne fuori se a trattare questa delicatissima tematica fosse lui? Già la frase di apertura, una citazione a William Blake, sembra dare una debole conferma a questo e ci dà un’idea della portata colossale di ciò che Kojima potrebbe partorire: “Vedere il mondo in un granello di sabbia, il paradiso in un fiore, possedere l’infinito nel palmo della propria mano, un eternità in un’ ora”. Sebbene Kojima non sia nuovo a citazioni, anche talvolta molto colte, questa appare decisamente azzeccata se pensiamo a cosa abbiamo scritto poco sopra. Ciò che vediamo nel trailer, poi, è ovviamente il protagonista interpretato da Norman Reedus: il popolarissimo attore si è calato nei panni (si fa per dire, è nudo) di un enigmatico uomo, legato da una sorta di cordone ombelicale (una sorta di “strand” connettivo) a un neonato, in modo estremamente ambiguo e inquietante. Che l’interconnessione tra persone sia uno dei fulcri della produzione, lasciando trasparire qualche funzione online? Di tutti i dubbi e le sensazioni disagevoli che questa sequenza visiva offre, diversi piccoli dettagli lasciano trasparire un messaggio di fondo legato al concetto di libertà: il protagonista ha le manette ai polsi, alcune piastrine identificative al collo (quasi simili a penne usb) e viene privato di quello che sembra, ad una prima occhiata, essere proprio suo figlio, strappatogli addirittura dal ventre, come lasciato intendere dalla cicatrice del protagonista. Sempre danzando sulle ali della speculazione, potremmo trovarci in un mondo alterato e distrutto, dove i pochi umani sopravvissuti sono stati costretti a imprigionarsi tra di loro, forse per controllare le nascite e provare a creare un mondo vivibile, con il nostro protagonista in fuga, riluttante e stordito, tutt’altro che pronto ad essere l’eroe di cui il mondo ha bisogno. O forse sono stati sopraffatti da qualche entità superiore, forse aliena, pronta a privarli della libertà e del proprio futuro. La parte decisamente più inquietante (e affascinante) del trailer mostra proprio qualcosa del genere: 5 figure sospese in aria, dalla natura totalmente sconosciuta e a cui è praticamente impossibile dare una spiegazione allo stato attuale. Ma, si, anche a me hanno enormemente ricordato Psyco Mantis. Sarà un caso? Lo stesso vale per tutti i rumori e altri piccoli dettagli totalmente indecifrabili rinvenibili nel trailer, che lasciano intendere come probabilmente ci sia qualcosa di oltre il semplice umano dietro tutto ciò che appare di fronte ai nostri occhi. Sembra, inoltre, che anche la vita e la morte saranno concetti centrali della produzione: la morte stessa, che spesso in un videogioco viene associata ad un semplice gameover/continua, potrebbe avere un’interpretazione diversa in questo Death Stranding, e potrebbe essere qualcosa di davvero diverso da quanto visto finora. Ma sappiamo troppo poco, comunque. E’ proprio questa totale oscurità che rende estremamente “mindblowing” ciò che abbiamo visto: il trailer ci sbatte volutamente in faccia una serie di cose potenzialmente sconvolgenti, proprio per creare dubbi e lasciare totalmente al giocatore l’interpretazione di ciò che ha visto. Pochi dubbi riguardo a questo: se anche voi vi state chiedendo cosa stia covando quella mente vulcanica, significa che il gioco è già iniziato.
The man who sold the world
Ciò che rende davvero speciali delle speculazioni fatte cosi presto in merito a un progetto, è la possibilità che esse possano essere ascoltate dall’autore ancora in procinto di completare l’opera. Kojima stesso sta tuttora decidendo moltissimi dettagli legati al gioco stesso. Innanzitutto non è ancora stato scelto quale sarà il motore di gioco finale, dal momento che sono ancora in corso diversi test. Il trailer, comunque, era già classificabile come ingame, dal momento che è comunque possibile, ovviamente per chi ha accesso al materiale d’origine, fermarlo e ruotarne la telecamera. Anche a livello di script la mente di Kojima non ha ancora finito di partorire il tutto, come dimostrano i recentissimi scatti dei giorni scorsi ambientati, ma guarda un pò, a Venezia. Quei volponi di Kojima Production non hanno mancato di visitare personalmente i luoghi che poi avrebbero fatto da sfondo ai loro giochi: prima di Metal Gear Solid 2 abbiamo visto Hideo a Manhattan, mentre prima di Metal Gear Solid 4 lui stesso avrebbe visitato alcuni luoghi del medio oriente, divenuto ambientazione del primo atto del gioco. Qui siamo ben oltre l’azzardo, ma il mio dovere di redattore (e di appassionato) mi impone di lanciare una domanda/speranza: che Venezia possa essere d’ispirazione per l’ambientazione di Death Stranding? Anche riflettendo sulla natura “marittima” di ciò che abbiamo visto nel trailer, la cosa potrebbe non essere del tutto infondata. Lasciando correre la fantasia, potrei immaginare un mondo generalmente sommerso, dove le uniche oasi rimaste sono proprio luoghi sospesi tra la terra e il mare, come è appunto la nostra splendida Venezia. Città in cui convivono, oltre a questi due ecosistemi, anche il passato e il presente, potendo trovare meraviglie risalenti a centinaia di anni fa immerse in un normale presente cittadino. Se lo scorrere del tempo sarà davvero tematica centrale di Death Stranding, mostrare come tali bellezze possano decadere in un mondo futuristico lontano potrebbe essere enormemente affascinante se intepretato da Kojima: potrebbe riuscire a fare addirittura di meglio di eccellenze del genere come Dark Souls, forse una delle saghe che meglio riesce a raccontare lo scorrere delle ere e il tempo che consuma tutto. Ciò che è certo, comunque, è che siamo davvero in attesa di capire qualcosa in più in merito a questo gioco. E, di certo, foto come quelle che vedete qui accanto non aiutano a chiarire le nostre già confuse idee: come se le speculazioni fatte finora non fossero già abbastanza. La saga di Metal Gear Solid ha significato molto per tutti noi appassionati: ci ha fatto ridere, commuovere, ci ha sconvolto e ha segnato profondamente la nostra infanzia videoludica. Perciò, Hideo, non giocare con i nostri sentimenti e con la nostra speranza, che è chiarissima: vorremmo tutti che Death Stranding possa essere un vero Hideo Kojima Game. E quest’espressione, per noi, riassume tutto. Go, Hideo!