Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una serie di iniziative videoludiche che spaziavano da una tipologia all’altra. Se da un lato il rischio “minestra riscaldata” era sempre dietro l’angolo, dall’altro abbiamo visto l’ascesa ed il declino dei contenuti a pagamento, delle microtransazioni e altri biechi tentativi di monetizzazione. C’è però una costante nell’industria dei videogiochi che fortunatamente non va mai a scemare, ovvero il rinnovamento. Questo concetto tanto ovvio quanto basilare è una delle componenti vitali per gli studi di sviluppo, dato che in questo campo, più di ogni altra cosa, il rischio dell’obsolescenza è elevatissimo. Per questo, ogni volta che una saga storica decide di rinnovare sé stessa, magari stravolgendo meccaniche e storie radicate nella mente dei giocatori da anni, implementando elementi “mainstream”, noi lo accogliamo sempre con piacere, a discapito di quella punta di ansia che ci ricorda di tutte quelle volte che siamo rimasti scottati da operazioni fallimentari. Per fortuna negli ultimi anni gli esempi di rinnovamento videoludico ottimali non sono mancati, e per questo abbiamo deciso di riproporli in questo articolo come i quattro tentativi principali da seguire negli anni a venire.
God of War
Partiamo ovviamente dal titolo più recente dei Santa Monica Studios. L’ultima avventura di Kratos ha avuto un successo strepitoso sia di critica che di pubblico, arrivando in pochissimo tempo a stravolgere qualsiasi record. Lo scetticismo iniziale sul cambio d’ambientazione e di gameplay ha presto lasciato il posto alla meraviglia e all’esaltazione davanti alla nuova esclusiva di punta Sony, dimostrando in pieno quanto vogliamo affermare nella nostra tesi: il cambiamento è vitale. Il cambio di ambientazione ha permesso agli sviluppatori di raccontare una nuova storia, sempre epica e brutale ma lontanissima dalla vendetta cieca della prima trilogia, con un protagonista uguale ma al tempo stesso diverso, più maturo e con un ruolo da padre che gli era stato negato anni prima. In questo modo si è potuto creare un legame con il protagonista molto più profondo rispetto al passato, ricalcando alla perfezione il trend del momento, dove i personaggi non sono più meri ammassi di pixel in movimento ma costrutti con una storia e delle sensazioni non dissimili dalle nostre. Anche il gameplay ha abbandonato del tutto la formula hack and slash in favore di uno più “moderno”, meno complesso ma decisamente più fisico, che non snatura minimamente il titolo, ma anzi ne esalta ancora di più la violenza. Non che il sistema di combattimento precedente fosse obsoleto, anzi, il successo di titoli come Bayonetta o Devil May Cry confuta perfettamente questa affermazione, ma segna benissimo lo stacco generazionale di cui God of War si fa carico. Un’operazione rinnovamento perfettamente riuscita.
Tomb Raider
Considerandolo un vero e proprio reboot, quello di Tomb Raider è forse il caso principe di questa nostra tesi. Parliamo di una saga che stava subendo inesorabilmente l’incedere del tempo, con un’eroina che per quanto iconica è sempre rimasta caratterialmente “piatta”, affiancata ad un gameplay action a tratti frustrante e che sfociava nel trial and error. Dopo l’incalcolabile successo di Uncharted, era palese che il campo della fantarcheologia era rimasto orfano della sua icona videoludica per eccellenza, ed ecco che Square Enix tirò fuori un nuovo Tomb Raider che rimescolava tutte le carte in tavola. Una nuova Lara, più giovane e meno esperta, una nuova storia basata anche e soprattutto sui personaggi, ma principalmente un nuovo gameplay. Combattimenti molto più fluidi e dinamici, esplorazione a 360 gradi in ambienti molto più grandi, sistema di crafting e ovviamente una regia simil cinematografica decisamente più immersiva e coinvolgente. Il successo di questa ormai trilogia è stato incredibile, riuscendo a conquistare sia i fan di vecchia data che quelli di nuova generazione, affascinati dall’impatto diverso di cui questo rinnovamento è artefice.
Resident Evil VII
Ciò che ha fatto Capcom con l’ultimo capitolo di Resident Evil ha dell’incredibile. Rilanciare una serie storica come quella di Biohazard che stava subendo inevitabilmente lo sfacelo del tempo e che andava alla deriva era molto difficile, soprattutto quando i fan richiedevano a gran voce una sorta di ritorno alle origini. Rinnovare quindi una serie del genere, mantenendo però intatto il feeling dei primi capitoli, era pressoché impossibile, eppure in quel di Osaka ci sono riusciti. Resident Evil VII è l’unico esempio di rinnovamento “a ritroso” negli ultimi anni, dove il feeling del survival horror ha trovato la sua realizzazione completa con l’implementazione della visuale in prima persona. Capcom ha riportato la sua creatura all’essenza stessa della serie: non gli zombie, non la telecamera fissa, ma la paura. L’orrore dilagante di trovarsi un ambiente ostile, senza sapere cosa stia succedendo, armati scarsamente e braccati da creature mostruose, completamente inadeguati al contesto, il tutto vissuto in prima persona, novità assoluta per la serie. Un’esperienza terrificante che ha rilanciato in pieno la serie, donando freschezza e vitalità ad un franchise che stava lentamente morendo, riuscendo al tempo stesso a riportare tutto alle origini, con gli enigmi assurdi sparsi per l’ambiente di gioco, le piante medicinali, le poche munizioni e quant’altro. Un’operazione di rinnovamento che ha dell’incredibile, una sorta di salvataggio miracoloso all’ultimo secondo, dove Capcom ha colto appieno il trend del momento e l’ha fatto e suo.
Assassin’s Creed Origins
Quella dell’ultimo capitolo della saga degli Assassini è forse l’operazione rinnovamento più sottile di tutti e la meno evidente. Non per questo però è da sottovalutare, anzi, conferma appieno come il rinnovamento sia vitale per le saghe longeve. Nonostante il gioco sia identico ai suoi predecessori sotto molte meccaniche, il sistema di combattimento è riuscito ad evolversi superando finalmente uno dei difetti principali della saga. Prendendo a piene mani da quella From Software tanto amata dal pubblico moderno, Ubisoft ha rilanciato il combat system rendendolo di fatto molto più complesso ed impegnativo, dove affrontare decine di nemici non è più fattibile come era un tempo. Il sistema di parate, schivate, attacchi leggeri e pesanti, tutti controllati dalla stamina, ha giovato infinitamente al brand, tanto da rendere Origins uno dei migliori capitoli della serie. Nonostante quest’ultimo episodio non stravolga totalmente l’essenza di Assassin’s Creed, abbiamo voluto inserirlo per dimostrare quanto il cambio di una singola componente possa modifcare in meglio (ma ci sono anche esempi opposti) la storia e la percezione di un’intera saga.