Probabilmente molti tra voi hanno avuto il piacere di scoprire quella piccola gemma che è Hi Score Girl (titolo originale ハイスコアガール Hai Sukoa Garu). Un manga apparso sulla rivista Monthly Big Gangan trasformato poi in fortunata serie anime da J.C. Staff, già impegnati in produzioni di tutto rispetto come Excel Saga e Prison School. Una serie animata che ha trovato su Netflix il suo ambiente naturale e che, per ragioni molteplici che esamineremo in poche parole, ha appassionato enormemente videogiocatori di una certa età come il sottoscritto.
Hi Score Girl mescola infatti due elementi dotati di potente “livello nostalgia” che fanno breccia facilmente nei cuori dei vecchietti di questo settore. Scuole medie e videogiochi dell’era 8/16-bit. Non c’è niente di più facile per scatenare un vortice di ricordi reali e, in aggiunta, un vortice di sogni che riguardano cose mai accadute ma che avremmo tanto voluto vivere come trovare l’amore in una sala giochi. Se è pur vero che qui da noi (in Italia) questo genere di cose può sembrare una chimera, nel paese del Sol Levante le sale arcade hanno rivestito (e rivestono tutt’ora) un ruolo fondamentale di aggregazione sociale. E la competitività del videogiocatore appassionato “medio”, unita alla mania di perfezionismo tipica dei giapponesi, fa il resto.
Il protagonista Haruo è il classico “nerd” che non da importanza o peso a tutto ciò che interessa alla gente comune. Non è celebre a scuola, non è atletico, non è interessato alle ragazze perché c’è una sola cosa che incendia il suo animo: i videogiochi. E’ il campione della sala arcade che frequenta ed è in particolar modo focalizzato sui picchiaduro. Fa qui la conoscenza di Akira, ragazza silenziosa ed un po’ bizzarra figlia di buona famiglia. Nonostante l’aspetto fragile, la ragazzina si dimostra un’avversaria incredibilmente capace ed è in grado di battere ripetutamente Haruo che si infuria tentando di migliorare in ogni modo possibile. Una rivalità che si trasforma presto in rispetto, poi in amicizia ed infine… in qualcosa di più.
Non starò ad elencarvi l’enorme quantità di “feels” che questa serie riesce a trasmettere a chi, come me, ha vissuto gli anni ’80 e ’90 da bambino e da ragazzo. I giochi sono al centro di questa serie e sono protagonisti quanto i vari personaggi: Street Fighter II, immortale capolavoro targato Capcom, la fa da padrone per molte puntate seppur ogni tanto venga amichevolmente snobbato per la novità del momento. La serie mostra chiaramente un gran numero di references a titoli immortali arrivati qui da noi con considerevole ritardo: a quei tempi infatti i giochi tendevano ad approdare sulle nostre coste anche due anni dopo la release nipponica.
Si fanno strada picchiaduro di gran classe come i primi episodi della serie The King of Fighters e Darkstalkers, ma anche appassionanti avventure sulle home console Famicom e Super Famicom che Haruo riesce ad accaparrarsi non senza qualche difficoltà. Se è pur vero che la console casalinga placa la sete di videogiochi del protagonista, il punto di ritrovo preferito rimane il cabinato Neo Geo MVS che presto appare di fronte al negozio di Koharu, ragazza decisamente più “normale” ma che presto per amore di Haruo impara ad apprezzare i videogiochi.
C’è tanto amore in Hi Score Girl, e non si parla del “classico amore” tra persone. I videogiochi sono passione bruciante, sono linfa vitale che scorre nelle vene del protagonista e che plasmano la sua vita ed il suo carattere fin quasi all’ossessione. Il genere picchiaduro è chiaramente citato come principale fautore delle vicende narrate, ed è giusto che sia così. Nonostante ai giorni nostri questo genere venga ormai relegato ad eventi Esport come il celebre EVO (Evolution Championship Series) ai tempi titoli come quelli menzionati infiammavano le sale giochi e rappresentano, almeno per chi scrive, uno dei più puri esempi di competizione videoludica.
Nonostante i vari RTS, titoli in stile League of Legends, sparatutto ad arena o giochi in stile Fortnite, i picchiaduro erano e rappresentano ancora LA sfida tra giocatori. Niente cheat ed anti-cheat, niente mappe enormi in cui perdersi o sfruttare il terreno, niente sviluppo del personaggio: soltanto una sfida tra riflessi, conoscenza e precisione tra due persone ed i loro avatar su schermo. E’ questa la passione che traspare ogni volta che Haruo ed Akira (come pure Haruo e Koharu, oppure Koharu ed Akira) mettono mano su quel joystick e quei pulsanti.
Il sapore di un’era passata eppure così vivida nella mente di chi quel periodo l’ha vissuto davvero, ma anche nella mente di chi al giorno d’oggi cerca di far capire che i videogiochi sono passione vera, passione bruciante. I videogiochi sono qualcosa che ti cambia per sempre quando impari a conoscerli e ne subisci il fascino. E non c’è da chieder scusa a nessuno.