Premessa doverosa: non ho mai personalmente provato simpatia o particolare stima per CD Projekt Red né per i videogiochi che lo studio polacco ha sfornato nel corso degli anni. Diciamo che, in un’ipotetica tabella con una curva ad iperbole, ciò che CD Projekt Red fa è quasi agli antipodi rispetto a ciò che mi piace giocare: più in fondo dei prodotti simili ai loro ci sono solo i giochi di calcio/sportivi/automobili. Sono anche una persona abbastanza disillusa riguardo al mondo, alle persone, alla favola che ci raccontano sulla “forza dell’amore che vince sempre” ed altre baggianate simili. Sono fermamente convinto che, in particolar modo al giorno d’oggi, il potere dell’egocentrismo, dei soldi e dell’odio sia una forza temibile e che spesso mette in scacco sentimenti assai più nobili.
La mia è una posizione scomoda, certamente (in gran parte) controcorrente. O almeno lo era fino a qualche mese fa. Se ci si pensa bene, è incredibile notare quante cose sono cambiate in solo due mesi. E’ infatti passato pochissimo tempo (anche se sembra molto di più) da quando CD Projekt Red è passata sotto alla mannaia impietosa della rete e del pubblico “videogiocante”. La software house polacca si è rapidamente trasformata da principe amato in ranocchio odiato, massacrata in modo quasi ossessivo e costante da un battage con pochi eguali a memoria recente.
Con questo non voglio assolutamente dire che la cosa sia del tutto immeritata, anzi. Il team CD Projekt Red si è macchiato di pesanti colpe, che meritano gran parte dell’indignazione collettiva scatenatasi su social e siti di settore. Si parla di marketing fuorviante, informazioni deliberatamente nascoste per non danneggiare il corposo lavoro svolto dal team pubblicitario e soprattutto non compromettere il numero dei preorder piazzati. Uno sfruttamento fraudolento dell’hype e soprattutto del “buon nome” che l’azienda ha (aveva?) per il grande pubblico dopo quel successo planetario che è stato The Witcher 3.
Se, infatti, non si può dire assolutamente nulla riguardo alla bontà delle avventure videoludiche di Geralt & soci, Cyberpunk 2077 è stato uno dei più clamorosi flop d’immagine della storia recente di questo mercato. Con buona pace di chi dice “il gioco ha venduto un sacco, quindi è stato un successo”. Mi dispiace, ma non concordo assolutamente: un sacco di robaccia vende per milioni di euro, ma ciò non la rende assolutamente “meno robaccia” agli occhi di chi possiede un minimo di spirito critico. Se poi l’interesse è unicamente nei numeri nudi e crudi, nell’incasso e nel poter dire “ho portato a casa i soldi” allora suggerirei a questi personaggi: smettetela di infestare il mondo dei videogiochi, terra di arte e creatività diventata mercato mondiale da miliardi di euro, e spostatevi sulle slot machines. Perché quello è il vostro posto.
CD Projekt Red ha passato molti guai, come dicevamo: massacrati da stampa ed utenti (non senza un abbondante “effetto avalanche”, ma ne riparleremo tra poco) si sono ritrovati a dover mandare in onda un video con il povero Marcin Iwiński emaciato in versione Oliver Twist che chiedeva perdono per l’enorme montagna di stupidaggini commesse dallo studio. Anche qui ci sono state reazioni contrastanti, odio et amo, giannizzeri che difendono l’indifendibile fino alla morte (spesso per tifoseria o interessi personali) ed altri che riversano litri di bile calpestando il corpo fratturato e sanguinante del nemico. O dovrei dire “nuovo nemico”, perché fino a due mesi fa era il “miglior amico.
Questo è il potere dell’odio. Il potere di qualcosa che ti spinge a massacrare oltre il ragionevole ed oltre ciò che è giusto. Come detto in precedenza, non amo particolarmente CD Projekt Red ed anzi spesso mi ritrovo a provare una certa antipatia per il modo in cui i loro progetti venivano sbandierati da una schiera di fedeli seguaci. Ma (VI DO UNA “NOTIZIONA”) si può benissimo non provare simpatia/ammirazione per qualcuno senza per forza odiarlo.
Dopo questo scivolone enorme su Cyberpunk 2077 ho semplicemente confermato il mio freddo rapporto con la casa polacca, ma sono ben lungi dall’odiarli, dall’augurare la morte ai poveri developers (che tra tutti sono probabilmente i meno colpevoli) e soprattutto dal gioire se un criminale informatico trova una falla nei loro sistemi, li deruba di dati sensibili e minaccia di divulgarli se non viene pagato un riscatto. Qui di seguito trovate la comunicazione ufficiale del team in seguito al fattaccio.
Si sta comunicando un avvenuto furto con richiesta di riscatto. Lo ripeto, in caso abbiate difficoltà a leggere il minuscolo: UN FURTO CON RICHIESTA DI RISCATTO. Ed oggi mi è toccato leggere commenti demenziali, inneggianti a questi “novelli Anonymous” che puniscono i cattivi CD Projekt Red con un’altra bastonata “così imparano a fregare i giocatori”.
Il potere dell’odio è questo: parteggiare per i criminali, perchè “il nemico del mio nemico è mio amico” anche se è un personaggio schifoso, un ladro ricattatore che fa tutto questo per gloria personale ed interessi personali. L’odio è: voglio vedere il mio nemico arrancare a terra, non importa quali danni collaterali accadono. Questo è diventato il mondo dei videogiochi attuale, da quando siamo tutti collegati ed abbiamo tutti un diritto di parola più o meno simile sulla piazza globale di internet. Uno sfogatoio senza fine, un modo per scaricare frustrazioni ed infettare un ambiente che prima era ricco principalmente di fantasia, di divertimento e di condivisione con i vari (pochi, ai tempi) appassionati che bazzicavano. Chiamatelo pure “discorso da boomer” se volete: io quei tempi li ho vissuti da protagonista e vi assicuro che non ho MAI visto un simile modus vivendi. C’erano rivalità a volte tra gli affezionati ad alcune software house (spesso rivalità amichevoli e per nulla tossiche) ma da lì ad augurare che i dati rubati vengano condivisi e che CD Projekt Red venga colpita da ulteriori macigni è semplicemente da idioti.
Vi piace il potere dell’odio? Rinnovo il mio invito di prima: andate da un’altra parte, cambiate settore. Qui, nel mondo della “fantasia da giocare”, non vi vogliamo.