Inauguriamo la nuova rubrica “Allarme Spoiler”, dove parlare nel dettaglio della trama di giochi che ci hanno recentemente colpito per la loro narrativa. Sappiamo che non tuttti hanno ancora avuto modo di giocare alcuni titoli pertanto ecco un avviso a stare alla larga, già nell’incipit della rubrica, per chiunque non voglia fatte anticipazioni sgradite. Per gli altri, buona lettura.
La scelta di iniziare con God of War è dovuta al grande cambio di toni che ha coinvolto Kratos nell’inizio di questo nuovo ciclo. Prima eravamo abituati a vedere il suo lato più brutale e rabbioso, conforme alla sua caratterizzazione da guerriero berserker. Invece ora lo ritroviamo in veste di padre, più calmo, compassato e compassionevole, profondamente cambiato dagli eventi del suo scontro con le divinità elleniche in God of War 3.
Un cambio che forse non dovrebbe sorprendere, in quanto tale conflitto ha quasi consumato lo spartano stesso, seguendo il principio del famoso detto, secondo cui “se segui il sentiero della vendetta, preparati a scavare due fosse: una per il tuo nemico e una per te”, alludendo all’autodistruttività che va a braccetto con questo desiderio.
Nonostante tutto però Kratos non è diventato un personaggio eccessivamente buono, in quanto una svolta troppo solare non sarebbe stata minimamente verosimile. Il suo affetto verso Atreus quindi è sobrio, seppur presente. C’è amore, ma pacato, in quanto la manifestazione plateale di questo sentimento non è abitudine per il fantasma di Sparta. Kratos non dispensa abbracci, ma si preoccupa comunque del ragazzino. Come non bastasse sente la responsabilità di come lui userà i suoi poteri, in quanto egli stesso ancora ricorda il dramma scaturito in caso contrario. Noi giocatori sappiamo bene che c’era lo zampino di Ares, che ingannò Kratos per fare sì che uccidesse la moglie e la figlia, tuttavia il peso di quelle azioni è in lui indelebile. Anche Atena è divenuta vittima collaterale della sua ira feroce e in questo quarto capitolo non manca di tormentare i pensieri del nostro, apparendo però più come una rappresentazione del suo senso di colpa e della sua coscienza.
L’ira di sparta non è quindi un superpotere “figo”, ma una lama a doppio taglio, che potenzia il protagonista nel gioco, ma nella narrazione lo rende anche una belva incapace di distinguere da chi sta mordendo. Ciò che viene comodo al giocatore, quindi può essere un peso per la coscienza del protagonista, il quale deve convivere con un fardello. Una curiosa dissonanza narrativa, uno spunto di riflessione che rompe quello schema ludico per cui si tende ad associare come divertente tutto ciò che viene a vantaggio dell’utente all’interno del gioco.
Un’idea simile era già stata suggerita in Metal Gear Solid 2 e 4, quando si lasciava intendere la stessa mancata dissociazione con l’efficienza nell’omicidio di Snake e Raiden, che coincidevano con un momento di divertimento per il giocatore. Ovviamente sappiamo che non è sintomo di sadismo il trovare divertente un videogioco o un film poliziesco, dove avvengono uccisioni o atti di violenza e che sono prodotti fruiti anche da pacifisti. Però tali esempi sono ben piazzati per ricordare bene all’utente che in questo caso la violenza va contestualizzata come strumento utile a veicolare la giocabilità (che invece è la reale fonte del divertimento) o la spettacolarità (nel caso del cinema). Tenendo bene a mente questo confine, il giocatore trae piacere dal superamento della sfida e non dall’esercizio del gesto in sé.
Quanto invece alla mitologia norrena che fa da sfondo a questa nuova saga, si è discusso del (tutto sommato lieve vista la qualità complessiva) disappunto dovuto all’assenza di nomi illustri del pantheon nordico. Hanno figurato leggende di grande importanza nei miti da cui sono tratte (Freya, il serpente Jörmungandr), tuttavia è chiaro che i grossi calibri sono stati esclusi dalle battaglie con i boss perché dovranno apparire nel secondo e terzo capitolo. In fondo qualcosa di simile avvenne anche con la prima trilogia, in cui si arrivò alla mattanza vera e propria solo una volta giunti al culmine della trama. Intendiamoci, gli scontri contro il drago, Baldur o i fratelli, sono momenti di pregio e riescono a riportarci alle scene più epiche che la serie ha regalato precedentemente, tuttavia si sentiva il bisogno di aggiungere qualche battaglia di questo tipo in più, magari anche senza scomodare nomi illustri, ma con altrettanta potenza scenica.
La scena segreta dopo i titoli di coda però ci fa già sapere che Thor il tonante busserà presto alla porta di Kratos, rassicurando il pubblico che gli sviluppatori sanno bene quale sia la battaglia più attesa.
Quanto al grosso colpo di scena legato ad Atreus? Perché la madre avrebbe voluto dargli Loki come secondo nome, attribuendogli una vicinanza con la divinità che nella mitologia norrena è sinonimo di inganno? Questo significa che la guerra che Kratos sta avviando nei confronti di Odino e dei suoi, per difendere il figlio, è in realtà tutto un trucco del vero Loki per vincere la faida con i suoi nemici? O che è lo stesso nume della menzogna ad aver preso l’aspetto del discendente di Kratos?
Per sapere questo dovremo aspettare almeno il quinto capitolo ufficiale, restando intanto nel dubbio se ci sia una grossa sorpresa in serbo nella trama o se invece questa seguirà binari più scontati.
Nel complesso lo studio Santa Monica ha inscenato una reinterpretazione del mito norreno molto spettacolare, la quale ha traghettato la serie di God of War in un contesto nuovo, ma sempre affine ai alla forma voluta da David Jaffe all’esordio su Playstation 2.