Soulstice rappresenta l’ultimo, in ordine cronologico, prodotto di un gaming made in Italy che, mai come in questo momento, sta facendo sfoggio di una fibra muscolare di tutto rispetto, portando all’attenzione del grande pubblico titoli vari e variegati, capaci di eccellere, ognuno, nel proprio ambito di riferimento. Ed è così che abbiamo assistito, negli ultimi anni, al rilascio di Assetto Corsa: Competizione, The Town of Light oltre, ovviamente, a Mario + Rabbids: Kingdom Battle di cui, a breve, vedremo il seguito.
Se poi pensiamo che, di qui a breve, potremo mettere le mani anche su Daymare 1994: Sandcastle e, nel prossimo anno, a Slap and Beans 2, il quadro di insieme dello sviluppo, in Italia, è quanto mai vivo, vegeto e con ottime prospettive di futuribilità.
Soulstice, realizzato dai ragazzi di Reply Game Studios, ci mette nel bel mezzo di un hack n’ slash vecchia scuola, stilisticamente ispirato a Berserk e capace di strizzare l’occhio prepotentemente a capolavori del genere come Bayonetta 2, riuscendo a non sfigurare, regalandoci un prodotto di assoluta qualità, inficiato da alcuni evidenti limiti che non vanno però ad intaccare minimamente il risultato finale: ma procediamo per ordine.
La città sacra di Ilden è caduta: uno squarcio nel cielo ha messo in comunicazione due diverse dimensioni e le creature passate da quello squarcio hanno diffuso morte e distruzione in tutto il regno. Le sorelle Briar e Lute, chimere appartenenti all’Ordine della Lama Cinerea, vengono inviate nella città sacra, con il compito di indagare sugli eventi che hanno portato alla caduta della stessa, scoprendo però un vaso di pandora contenente sinistre ed agghiaccianti verità che faranno precipitare la situazione, rendendola ben più grave di quanto si pensasse inizialmente.
Soulstice – Un gioiello del made in Italy
Fatto sta che solo l’operato di Briar e della spettrale Lute, legate tra di loro da un patto di fusione delle anime, capaci di accedere, per via della loro natura ibrida, ad ambo le dimensioni, sarà l’unica speranza di richiudere lo squarcio e ricacciare dallo stesso le creature demoniache ivi transitate.
Il comparto narrativo di Soulstice, apparentemente banale, svolge egregiamente il suo compito, evitando di cadere in un noioso deja-vu citazionale per via del livello di approfondimento delle personalità delle due protagoniste e, contestualmente, della narrazione ambientale.
Mentre la storia principale di Soulstice non brilla per novità, interessante è invece la lore del mondo e il dualismo tra la natura delle due protagoniste, capace di donare tanto profondità alla trama quanto differenziazione in ambito di gameplay. Il mondo di gioco, infatti, distrutto e corrotto, proverà a trascinare in questo meandro di corruzione anche la parte spettrale di Briar, inibendone la funzionalità e la coscienza, seppure solo temporaneamente: questa lotta contro la corruzione rappresenterà una sfida nella sfida, spostando parallelamente in avanti narrazione e gameplay.
Appunto Lute permetterà, vista la sua natura spettrale, di accedere ad un comparto narrativo altrimenti nascosto, che ci permetterà di visionare quanto successo in un passato recente a personaggi, oramai defunti, permettendoci contestualmente di far luce sugli eventi che han portato alla caduta di Ilden. Parimenti, sempre grazie a Lute, potremo interagire con artefatti spettrali sparsi nel mondo di gioco, al fine di reperire potenziamenti che ci permetteranno di potenziare il comparto offensivo/difensivo di Briar.
Ed è appunto la collaborazione, in fase offensiva/difensiva, di Briar e Lute che ci porta a contatto con la principale novità di Soulstice, che avrebbe altrimenti rischiato di tramutarsi in uno dei molteplici cloni di Bayonetta 2 da cui, comunque, il prodotto di Reply Game Studios, prende apertamente ispirazione. Mentre Briar, infatti, riveste il ruolo da tank, grazie alla sua capacità di sferrare efficentissimi attacchi e di concatenare letali combo, terrestri o aeree, Lute, che agisce in piena autonomia nelle fasi di attacco, può essere attivata manualmente nelle fasi di difesa, venendosi a configurare come un meccanismo di attacco passivo, strettamente legato al tempismo di esecuzione della manovra a lei demandata.
Soulstice non sfigura accanto ai mostri sacri del genere.
Una delle particolarità di Soulstice, rispetto a tutti gli altri hack n’slash di ispirazione nipponica, sta nella possibilità, data a Briar, di cambiare arma durante il combattimento, andando a diversificare immensamente le tipologie di combo ottenibili, combo espandibili e potenziabili al raggiungimento di sempre maggiori livelli di esperienza, che porteranno all’apprendimento di sempre più lunghe combinazioni e al contestuale aumento del coefficiente di letalità di Briar, il tutto a favore della spettacolarizzazione degli scontri. Interessante, a riguardo, la necessità di comprendere quali combo sarà utile utilizzare contro determinati avversari e quali contro altri, immuni (o quasi) a determinate tipologie di fendenti/combo.
La vera peculiarità del combat system di Soulstice sta, però, nel ruolo assegnato a Lute: mentre infatti, come visto, Briar si limiterà al graduale apprendimento di nuove tecniche offensive, la “personalizzazione” delle tecniche difensive di Lute rappresenterà un vero game changer nell’approccio alle battaglie. Se, infatti, inizialmente la sua funzionalità sarà relegata a schivate e contrattacco, ottenibili mediante una debita temporizzazione della pressione del tasto contestuale, lo sviluppo delle sue abilità ci porterà ad ottenere, ad ogni contromossa attivata, la disposizione di zone esplosive capaci di liberare momentaneamente il campo dagli avversari.
La scelta dell’uno, o dell’altro, ramo evolutivo di Lute ci permetterà di variare l’approccio della sorella spettrale ai combattimenti: potremo dunque potenziare il comparto offensivo, aumentando la frequenza degli attacchi di Lute o, alternivamente demandare, mediante lo sviluppo delle tecniche inerenti i campi energetici, a lei la gestione di tipologie di nemici immuni agli attacchi standard.
Perchè, se è vero che Lute rappresenta, di fatto, un meccanismo di difesa attiva/attacco passivo, la sua personalizzazione potrà dare genesi ad un sistema di “soccorso costante” che diverrà decisivo con il progredire della narrazione e delle fasi di gioco, momenti in cui ci troveremo a fronteggiare tipologie differenti di nemici, alcuni dei quali assolutamente immuni ad attacchi di matrice fisica che potranno essere danneggiati esclusivamente da attacchi “spirituali”.
Questi attacchi, a loro volta, saranno di diversa matrice (identificabile dalla tinta cromatica blu o rossa), ognuna demandata all’eliminazione di una diversa tipologia di avversari: a complicare ulteriormente il tutto, l’impossibilità, pena la scomparsa temporanea di Lute, di mantenere attivi in eterno questi campi energetici. Dovremo dunque partizionare gli sforzi di Lute, pena il vederci privati, seppure momentaneamente, di una matrice offensiva indispensabile contro alcune tipologie di nemici.
Importantissima la collaborazione tra Briar e Lute
Alla fine di ogni sessione di combattimento ci verrà assegnata una valutazione: maggiore sarà la stessa, nonché l’efficacia dei nostri attacchi, si accederà alla sintonia, una sorta di modalità berserk che aumenterà l’efficacia degli attacchi spirituali di Lute e quella degli approcci fisici di Briar, permettendole di infliggere danni a qualsivoglia nemico, senza curarsi di immunità o della tipologia degli stessi. Questa dinamica offensiva, di sicuro interesse, risulta essere, però, facilmente raggiungibile e si corre il rischio di abusare, per via della potenza risolutiva, della stessa, andando a semplificare di molto la progressione nelle lande di Ilden.
Il combat system risulta essere, in finale, interessante e degnamente concepito, soffrendo, purtroppo, di una certa legnosità che non restituisce, ad esempio, lo stesso feeling adrenalinico ottenuto con Devil May Cry, ad ora ancora un parametro di riferimento a riguardo. Ulteriore vulnerabilità di Soulstice è rappresentata dal sistema di gestione del lock e delle telecamere, mai precise e spesso e volentieri ballerine.
Se tutto ciò non va ad inficiare la fruibilità del gioco nelle prime fasi, caratterizzate da spazi di azione ampi, lo stesso non può esser detto riguardo le zone più “ristrette”, dove l’imperfetta progettazione del sistema di telecamere rappresenta un problema su cui è difficile sorvolare, a causa della sovrapposizione dei confini ambientali con i nostri avatar, complicando non poco la corretta temporizzazione di schivate, parate e tecniche affini.
A tal proposito, per facilitare la sincronia delle azioni di Lute, sarebbe il caso di aumentare il contrasto della icona ambientale della azione, cromaticamente troppo simile a quanto visto nel mondo di gioco e che rischia di creare, purtroppo, confusione nell’esecuzione delle azioni contestuali.
Graficamente Soulstice svolge il suo compito senza far gridare al miracolo: ad una buona caratterizzazione stilistica dei personaggi, oggettivamente ben realizzati ed ispirati, non corrisponde una pari diversificazione dell’ambiente di gioco, che risulta essere bello, ispirato ma dannatamente ripetitivo. A livello tecnico abbiamo a disposizione tre modalità: framerate, ibrida e qualità. Tra le tre, vista la tipologia di Soulstice, ho preferito avvalermi della modalità framerate, anche perché tanto quella ibrida, quanto quella 100% grafica non garantivano un frame rate fisso, rendendo di fatto meno godibile il gioco.
La longevità di Soulstice si assesta sulle 16-18 ore, ottimo risultato per un hack n’slash: il giusto per non incappare in una (eccessiva) ripetitività, data anche dalla specifica tipologia del gameplay.
La recensione in breve
Soulstice rappresenta una gradevolissima sorpresa made in Italy. I ragazzi di Reply Game Studios si presentano con un hack n’slash old school palesemente ispirato a Devil May Cry e Bayonetta, un prodotto dotato di una personalità sua propria e di uno stile grafico apprezzabile e facilmente riconoscibile. Il combat system svolge egregiamente il suo compito e l’interazione tra Briar e Lute rappresenta un game changer capace di donare freschezza ad un genere che, al netto di sporadiche eccellenze, inizia a mostrare il fianco a stanchezza e ripetitività. Non fosse per un sistema di gestione della telecamera non all’altezza del livello del gioco e per un design ambientale non particolarmente vario, ci troveremmo di fronte ad un piccolo, grande, capolavoro italiano. Consigliatissimo, anche al netto di qualche errore di gioventù.
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Voto Game-Experience