L’arrivo sul mercato di un qualsivoglia titolo, soprattutto se una nuova IP, andrebbe sempre accolto con curiosità, per valutare la summa degli sforzi del team di sviluppo. Attorno a Skull and Bones, nuova IP Ubisoft, si è sviluppata una alea di diffidenza, anche e soprattutto a causa di un iter di sviluppo ben più che problematico ed una serie di closed ed open beta che tutto han fatto, fuorchè colpire positivamente i partecipanti. Dopo un innumerevole numero di rinvii ed un ancor superiore numero di reboot dello sviluppo, ci troviamo dunque a mettere le mani sulla sua versione definitiva. Ci troviamo dunque di fronte ad un entusiasmante viaggio in salsa piratesca o ad una gigantesca occasione sprecata? Delle due, ahinoi, siamo più verso la seconda: ma scopriamone di più, grazie alla nostra recensione di Skull and Bones.
Black Flag con il timone
Nell’oramai lontano 2013, la fanbase di Assassin’s Creed, orfana del compianto Desmond Miles, fece la conoscenza di Edward Kenway, giovine e sfacciato aspirante pirata. Per merito di una caratterizzazione sopra le righe, e di un episodio ancora ammirato come uno dei migliori della serie, le memorie del nostro pirata preferito ancora tormentano i nostri sogni. Questo perchè in Assassin’s Creed: Black Flag, di cui si vocifera la produzione di un remake, vennero introdotte le battaglie navali, sezioni che andarono ad occupare quasi metà del playthrough, catturando l’interesse della community.
Ubisoft, intercettando questa fascinazione, integrò queste sezioni anche nei successivi capitoli, annunciando inoltre, in pompa magna, lo sviluppo di uno spin-off dedicato esclusivamente alle battaglie navali. Da quell’annuncio sono passati quasi dieci anni e, la tanta acqua passata sotto i ponti pareva avesse sancito il naufragio, ancor prima dell’uscita di questo capitolo collaterale. Ed invece, dopo un numero innumerevole di rinvii, seguito diretto di altrettanti reboot della produzione, Skull and Bones è finalmente arrivato sulle nostre macchine da gioco, pronto per esser spolpato. Poco importa che le tante open e closed beta susseguitesi nel corso degli ultimi due anni abbiano dato feedback costantemente negativi o, al massimo incerti, ad Ubisoft: Skull and Bones è realtà, una triste realtà, purtroppo.
Single o multiplayer?
Come già ampiamente detto, l’arrivo di Skull and Bones è stato circondato da una aura di confusione, che non accenna a mollarlo nemmeno mettendo sotto torchio l’ultimo nato in casa Ubisoft Singapore. L’incipit del gioco ci mette nei panni di un sopravvissuto di una intensa battaglia navale, intrapresa per difendere una delle navi del pirata Scurlock, terminata però con la decimazione della nostra flotta. Inizia così, con un paio di compagni di viaggio improvvisati, ed una misera barchetta capace appena di galleggiare, il nostro percorso piratesco. Con l’intento di riconquistare la fiducia del nostro mentore Scurlock, inizia la nostra peregrinazione per i sette mari. Proveremo dunque a scalare, a colpi di infamia, i ranghi della fazione di Sainte Anne, per diventare uno dei pirati più temibili in circolazione.
Dopo esserci imbattuti in un editor fin troppo povero e schematico, che ci lascerà personalizzare ben poco del nostro alter ego virtuale, inizieremo ad accumulare livelli di infamia, al fine di scalare la gerarchia piratesca. Mano a mano che avanzeremo nella “graduatoria” ci troveremo dinanzi un sempre maggior numero di missioni accompagnate, ovviamente, da un livello di sfida sempre più pernicioso e provante. Sfortunatamente, però, all’aumentare numerico, non corrisponderà una altrettanto cospicua varietà di situazioni che, ben presto, faranno sfociare nella ripetitività più totale il nuovo nato in casa Ubisoft.
Le nostre scorribande per i sette mari ci vedranno incontrare altri giocatori, “buttati” nel mondo di gioco con le loro missioni. Ci troveremo, spesso e volentieri, a collaborare per giungere a soluzioni condivise o, altrettanto spesso, a fare le spese della boria piratesca di un equipaggio a noi alieno. La completa mancanza di una lobby di matchmaking o di un criterio di selezione del livello avversari ci vedrà abbandonati al caso, in questi incontri, in balia di un gameplay sbilanciato verso il single player ma integrato, forzosamente ed in modo innaturale con una componente multiplayer.
Abbandonati, timon-pad alla mano… in un freddo mare di agosto
Come già detto, la ripetitività è il principale problema di Skull and Bones ma, sfortunatamente, non è l’unico. La natura ibrida single-multiplayer, inserita per cercare di lenire, grazie a missioni cooperative le noie di un gameplay altrimenti fin troppo schematico e ripetitivo, finiscono anche loro per generare frustrazione. Nemmeno le dinamiche di assalto cooperativo, di per loro interessanti e divertenti, riescono a donare a Skull and Bones quel quid necessario per salpare verso destinazioni dorate.
A tutto questo si viene ad aggiungere un modello di navigazione si interessante ma schiavo del vento. Come nella vita reale, nonostante gli sforzi della ciurma nel dispiegare le vele, l’assenza di vento rallenterà l’incedere nella fase di viaggio, rendendo la nostra imbarcazione vulnerabile agli attacchi delle flotte nemiche. Si, perchè, progredendo nel livello di infamia, oltre agli assalti dei predatori (PvP) subiremmo attacchi delle flotte nemiche, che oramai ci avranno identificato come pericoli gallegianti. Se a ciò aggiungiamo che la navigazione, per via di un approccio decisamente (troppo) arcade, vedrà il nostro veliero sfidare le leggi della fisica driftando sull’acqua per riposizionarsi velocemente durante una battaglia, vedremo scemare tutto il fascino che da Black Flag in poi, c’era nella macchinosità (reale) dei movimenti nautici.
Ci sono poi mancanze, tanto nelle animazioni quanto nelle dinamiche di gioco, che lasciano spiazzati ed interdetti. La fase di speronamento ed assalto potrà essere si condotta in porto senza problemi ma non sarà possibile, almeno per ora, memori di quanto succedeva da Black Flag in poi, procedere all’assalto manuale della barca avversaria, con relativa uccisione dei membri dell’equipaggio. Parimenti poi, avvicinandosi ad una isola o ad un territorio esplorabile, la pressione del tasto demandanto all’attracco ci vedrà sparire e, dopo una transizione nera, catapultati direttamente sulla terraferma o sul relitto in questione. Tutto ciò va a definire un senso di incompiutezza, come se questi contenuti fossero stati decurtati in fretta e furia, per consegnare un prodotto fatto e finito ma, ahinoi, palesemente incompleto. Speriamo, dunque, in una ottimizzazione ed aggiunta post lancio.
Divertente, ma con tanti limiti
La parte meglio riuscita di Skull and Bones è, senza ombra di dubbio, quella gestionale. Tra gestione e potenziamento del nostro scafo e scelta dei marinai da imbarcare sullo stesso, si dipanerà la vera anima dell’ultimo prodotto Ubisoft Singapore. Tanto è arido ed essenziale il menù iniziale di creazione del personaggio, tanto è duttile ed approfondita la fase di potenziamento navale. Potremo dunque scegliere scafi con una maggiore resistenza ai danni ed adornarli per aumentarne le statistiche in battaglia, grazie alla apposizione di nuove, molteplici e sempre più potenti cannoni o, in genere, di bocche da fuoco di varia guisa.
Anche qui, però, al netto di un appagamento estetico, ciò che conta sarà aver raggiunto, mediante l’installazione di vari potenziamenti, il livello navale necessario per affrontare le missioni di quel determinato livello. Potremo dunque sbizarrirci nella personalizzazione dello scafo, non ottenendo, però, una reale differenziazione dell’esperienza di gioco. Di conseguenza, anche le dinamiche di combattimento saranno in “easy mode”: conterà solo mirare, sparare e calcolare il tempo delle cannonate nemiche per spostare la barca ed evitare, per quanto possibile i colpi. Non sono presenti modificatori di colpo inerenti angolazione verticale della barca a causa delle onde o varianze per via della presenza (o meno) del vento.
Le uniche, vere, difficoltà le incontreremo contro i Pirate Lords, che ci costringeranno a studiare un pattern di attacco e difesa differente, e in caso di assalti da parte di flotte nemiche capitanate da altri giocatori. Poca cosa, purtroppo, comparato alle immense potenzialità inespresse di questo prodotto videoludico.
Tecnicamente sufficiente
Le varie open e closed beta susseguitesi nel corso dell’ultimo anno ci avevano messo di fronte ad un prodotto graficamente gradevole, deficitario però quanto ad ottimizzazione. La versione retail, a noi giunta per la recensione su Xbox Series X, ha goduto di un trattamento volto ad eliminare le varie criticità fino ad ora ravvisate.
Ci troviamo, dunque, di fronte ad un prodotto ripulito ed ottimizzato, senza scatti o problematicità di sorta. Il comparto tecnico, però, è ben lungi dall’essere da quadrupla A, portandoci al cospetto di un gioco si ben realizzato ma non strabiliante dal punto di vista grafico. A voler essere pignoli, abbiamo riscontrato dei problemi di caricamento textures in lontananza, in caso di navigazione in spazi aperti. I modelli poligonali, invece, tradiscono la natura old-gen di questo gioco, segnali di uno sviluppo travagliato e della arretratezza del cuore pulsante di Skull and Bones. Dal punto di vista sonoro, invece, nulla può essere eccepito: tanto gli effetti ambientali, quanto le canzoni di bordo contribuiscono a creare una atmosfera piratesca di tutto rispetto.
VERSIONE TESTATA: Xbox Series X
La recensione in breve
Skull and Bones cade vittima delle sue smisurate ambizioni, smorzate e spezzate da uno sviluppo travagliato, durato quasi un decennio. L'ultimo nato in casa Ubisoft Singapore è si gradevole e giocabile risultando però ben lontano dal blasone AAAA di cui è rivestito, peccando tanto di profondità, quanto di varietà. Un prodotto palesemente incompleto e rilasciato in stato embrionale. Speriamo solo che la natura GaaS di Skull and Bones permetta ai ragazzi di UBI Singapore di arricchire l'esperienza di gioco e consegnare, alla community, un prodotto finalmente fruibile e variegato. Il ragazzo ha studiato ma, per ora, è rimandato a settembre.
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Voto Game-eXperience