In questi giorni sta facendo non poco rumore Six Days in Fallujah, nuovo sparatutto tattico in prima persona che può contare su missioni generate proceduralmente, il tutto gettando le sue radici in eventi basati sulla “Seconda Battaglia per Fallujah” andata tristemente in scena in Iraq nel 2004.
Viste le delicate tematiche affrontate, il nuovo gioco è finito al centro di accese discussioni, con il noto analista di mercato Daniel Ahamd che non le ha certamente mandate a dire affermando, con toni piuttosto severi, come “Six Days in Fallujah giustifica i crimini di guerra degli USA“.
Ecco quindi che in queste ore è intervenuta sulla delicata questione anche Alanah Pearce, nota influencer del mondo dei videogiochi che nei mesi scorsi è entrata a far parte di Sony Santa Monica in qualità di scrittrice, affermando con un tweet di non poter esprimere la propria opinione sullo sparatutto tattico in prima persona in quanto potrebbe addirittura causargli la perdita del visto negli USA.
Eccovi le sue dichiarazioni:
“Onestamente mi i hanno consigliato di non parlare del gioco per non perdere il mio visto USA. @tha_rami ha dovuto assumersi l’onere di persona, ma sono contenta che l’abbia fatto. Questo video è un’opera informativa, così come il resto del thread.”
Vi ricordiamo infine che Six Days in Fallujah parla della guerra avvenuta in Iraq tra novembre e dicembre del 2004, una battaglia a tutti gli effetti dura e cruenta che ha visto la morte di almeno 800 civili attraverso l’uso di armi al centro di non poche polemiche per i diritti umani, come il fosforo bianco di cui fece uso all’epoca l’esercito degli USA.
Cliccate al seguente per vedere il primo video gameplay del gioco. Ma voi cosa ne pensate di questa situazione? Diteci la vostra con un commento qui sotto!