Gioie e dolori della vita di un fan (forse) rassegnato al declino di Silent Hill
Anno domini 2001: il sottoscritto, in pieno Erasmus in quel di Liverpool, assiste all’annuncio della imminente FRIGHT NIGHT, evento che, nell’arco di due weekend (venerdì e sabato) avrebbe portato alla proiezione di tutta, si TUTTA, la saga di Twin Peaks sulla NBC, dalle 9 di sera alle sei del mattino successivo, allo scopo di pubblicizzare il lancio di Silent Hill 2, survival horror in uscita, in quei giorni, per Playstation 2.
Preparandomi all’ennesimo rewatch della opera dell’adorato Davide Lince, rimasi felicemente incuriosito dalle pubblicità, mandate in onda in loop a metà ed alla fine di ogni episodio, di Silent Hill 2, che mi ripromisi di giocare una volta rientrato in Italia. Di quelle 4 nottate maratona ricordo, inoltre, le pingui dosi di birra e pollo fritto condito con mais ed il conseguente mal di stomaco, ma quella è tutta un’altra storia, che eviterei volentieri di raccontarvi.
Rientrato nell’italica patria, acquistai dal negozietto di zona (nel 2001 Amazon era ben lungi dal venire e non c’erano ancora GameStop nelle vicinanze…) la mia copia di Silent Hill 2, no, non una delle due Limited che adesso albergano gonfie e tronfie nella mia vetrinetta, quelle giunsero svariati anni dopo, e mi immersi nelle lugubri atmosfere della città silente, venendone rapito, ammaliato, spaventato e catturato al contempo, senza possibilità di fuga alcuna. Da quel momento, iniziò la mia “mania” per tutto ciò che riguarda Silent Hill: magliette, action figures, edizione limitate e memorabilia varia e variegata entrarono in casa senza soluzione di continuità. Al contempo recuperai, mea culpa, il primo episodio, teminandolo poco prima del rilascio di Silent Hill 3 che, pur con le endemiche differenze dal secondo episodio, rinnovò in me la fascinazione per il mondo creato dal Team Silent e finemente musicato da Akira Yamaoka.
Dopo un quarto, altalenante, capitolo, fatto di colpi di genio e cadute di stile fotoniche, iniziò quello che chiamo il periodo oscuro della lore di Silent Hill e, no, questa definizione non è dovuta alla folta coltre di nebbia che avvolge la città silente, ma ad una quantità di improperi da me lanciati nei confronti di una serie che, da quel momento in poi perse la direttiva principale, lanciandosi e slanciandosi in esperimenti che poco hanno a che vedere con otherworld ed affini.
Nella fattispecie, un quinto capitolo, Silent Hill: Homecoming non supportato da un impianto narrativo all’altezza del blasone della serie, un sesto capitolo, sottotitolato Downpour che, tenendo fede al suo nome, ha accompagnato detto episodio, scivolando, negli scarichi fognari del mondo videoludico, anche a causa di una ottimizzazione del motore di gioco capace di far apparire Alien: Colonial Marines come il GOTY dell’ultimo decennio…
A culmine e coronamento di questa parabola evolutiva inversa, tralasciando volutamente la pubblicazione di remaster del secondo e terzo capitolo partendo da master fallati…(sic), giunse Silent Hill: Book of Memories, episodio colpevole di aver insegnato alla mia PsVita a volare fuori dalla finestra, come gli anCieli. Insomma… per farla breve, dal terzo episodio in poi, il nulla cosmico.
L’infausto Book of Memories, datato 2012, rappresenta, di fatto, l’ultima iterazione di un franchise che, nonostante i tanti scivoloni, non è mai caduto dal cuore della fanbase, grazie soprattutto a tre episodi seminali, capaci di instillare istantanee indelebili (l’eutanasia nei confronti di Mary) e di creare personaggi iconici (le infermiere o il summo Pyramid Head). Ciononostante, i numerosi passi falsi, tra cui la dismissione del progetto P.T., il cui acronimo si trasformò da Pure Terror a PORCA TROIA (ed altre mirevoli interpretazioni che mi pregio di risparmiarvi, in questa sede), e annunci roboanti inerenti il ritorno di Silent Hill, sostanziatosi talvolta nella apparizione di Pachinco, altre in una linea di skateboard…, dicevo… i numerosi passi falsi compiuti da Konami hanno oltremodo fiaccato la pazienza dei fans di mezzo mondo, me compreso che, alla vigilia dell’ennesimo reveal epocale,guardano alla software house giapponese con un misto di sospetto e disillusione.
Giunti dunque alla vigilia di una conferenza indetta per annunciare, appositamente, il futuro della serie, provo a snocciolare, come parte integrante di quella fanbase delusa, che da tipo una decina di anni reclama a gran voce (spesso e volentieri con parole o esclamazioni non propriamente british…) un seguito degno del blasone del franchise, i miei desiderata, sperando di venire ascoltato da Dio, Babbo Natale, da Mr. Konami o chi per lui…
Avessi una bacchetta magica chiederei istantaneamente una remaster del primo capitolo, il cui ricordo è andato perso come lacrime nella piogg…ahem… nebbia e a cui, colpevolmente, molti videogiocatori attuali non hanno giocato: è impossibile che una tale perla venga negata alle nuove generazioni, senza far loro obbligo di ricorrere a metodi (più o meno legali) di emulazione hardware. Questa, però, è la parte più “scontata” del mio auspicio e, probabilmente, quella che verrà facilmente esaudita, stando anche alle voci di corridoio ascoltate in questi ultimi mesi.
Passerò dunque a rivolgere, le mie attenzioni verso qualcosa che potrebbe, per davvero, emozionare i fan di Silent Hill, e lo farò come se potessi virtualmente rivolgermi al benevolo Team Silent, quel team che ci ha regalato, nel corso degli anni, capolavori ed episodi indimenticabili.
Cari ragazzi del Team Silent, sono uno dei tanti, tantissimi, fan di Silent Hill che, da anni oramai, subisce le prese in giro dell’amico di turno, pronto a dirci “SILENT HILL E’ MORTO, idioti voi che ci credete…”! Ecco…abbiamo giocato e rigiocato tutte le vostre opere, abbiamo dato possibilità persino a Homecoming e Downpour (no…non a Book of Memories, a tutto c’è un limite…), per sanare la nostalgia silente ma ora, dopo dieci anni di silenzio, siamo qui a chiedervi di darci un seguito serio, vero, old school, non basato su grafica ed effetto wow ma su quella tensione latente, vero e proprio punto focale dei primi tre episodi. L’annuncio di questa conferenza mi esalta e mi perplime: fate si che “il ritorno di Silent Hill” non sia solo uno slogan per il lancio di un brand di Boomerang o di quei maledettissimi Pachinco di cui, al di fuori del paese del Sol Levante, frega poco a nessuno.
In my darkest dreams…spero che si riesca a sanare la rottura consumata anni fa e che un episodio diretto da Hideo Kojima riesca a veder la luce, prima o poi: lo so, è un sogno…ma se debbo sognare voglio farlo in grande.
Ciò che vi chiedo, Hideo Kokima o meno, è di mostrare rispetto verso noi fans, rispetto che noi tributiamo, oramai ad un ventennio di distanza dall’ultima VERA iterazione di questo franchise, ad un brand che è rimasto nei nostri cuori e nelle nostre menti e di cui, nonostante l’incedere degli anni, non riusciamo ancora a fare a meno.