Nel corso degli anni, pochi generi hanno saputo evolversi e trasformarsi come il survival horror. E, inutile nasconderlo, pochi titoli di questo filone sono riusciti ad avere un impatto psicologico e culturale anche solo lontanamente paragonabile a Silent Hill 2. Apparso la bellezza di 23 anni or sono, nel lontano 2001, Silent Hill 2 ha da sempre avuto l’indubbio merito di modificare il modo di percepire la paura nei videogiochi, spostando il focus dal tradizionale jumpscare verso dinamiche più psicologiche, verso le paure interiori materializzate dalla psiche tormentata del suo celebre protagonista, James Sunderland. Più che un semplice “gioco”, Silent Hill 2 incarna un excursus doloroso, una riflessione profonda sul senso di colpa, sul rimorso e sulla disperata ricerca della redenzione.
L’annuncio di un remake per PS5 ha da subito diviso il pubblico in due frange contrapposte: da un lato gli entusiasti che non vedevano l’ora di farsi nuovamente immergere dalla nebbia della terribile cittadina americana, dall’altra i fedelissimi della versione originale che, a fronte di un revamp tecnologico ad opera di un team non ritenuto sufficientemente all’altezza, temevano uno snaturamento e un tradimento nei confronti dell’atmosfera originale. Ma la verità, a pochi giorni dall’uscita del titolo, è ormai chiara a tutti: i ragazzi di Bloober non solo sono riusciti a mantenere quell’autenticità passata alla storia, ma sono stati abili nel valorizzare al meglio ogni aspetto del gioco, dalla grafica al sound design passando per gameplay e interazione ambientale, creando uno dei migliori remake attualmente disponibili sul mercato.
Un remake magico, tanto quanto lo è stato Silent Hill 2 nella sua totale capacità di esplorare i meandri più profondi del terrore psicologico, dove la paura non scaturisce dalle creature mostruose che popolano le strade della città quanto, piuttosto, dal confronto con la propria mente dissociata. E mentre il survival horror ha preso una piega differente, con strizzate d’occhio ad azione frenetica e al combattimento più violento, questo nuovo Silent Hill 2 riesce a restituire la tensione e, più di ogni altra cosa, l’angosciosa solitudine del capitolo originale, con una raffinatezza tecnologica che trova la propria dimora su PlayStation 5.
Silent Hill 2 Remake: un rinnovamento che non tradisce le origini
I ragazzi di Bloober, dall’annuncio del titolo, non hanno mai nascosto l’obiettivo di sfruttare le potenzialità di PS5 e i prodigi dell’Unreal Engine 5 per ricreare l’atmosfera di Silent Hill al meglio delle possibilità. Il che significa, a conti fatti, ricreare un universo angosciante e opprimente, dove l’abbandono e il decadente si mescolano con la nebbia destabilizzando secondo dopo secondo ogni convinzione del giocatore. Il risultato è senza ombra di dubbio encomiabile, con un livello di dettaglio magari non maniacale, ma di altissimo impatto. I modelli dei personaggi sono stati completamente rifatti, dando particolare enfasi all’espressività dei volti e alla loro capacità di trasmettere emozioni e stati d’animo in modo più palpabile. L’incredulità di James, la lucida follia di Eddie, il senso di smarrimento mentale di Angela bucano letteralmente lo schermo, con una recitazione tranquillamente paragonabile ad un’esperienza cinematografica. Stesso discorso per la modellazione dei mostri e dei nemici, in grado di veicolare una sensazione di disturbo malato (ancor prima che di terrore) su cui, a conti fatti, si basa l’intero concetto orrorifico del franchise.
Al resto poi ci pensano la nebbia, protagonista assoluta di Silent Hill 2 (e resa ancor più densa e viva, come fosse un organismo a sé stante in procinto di fagocitare la città) e l’oscurità, compagna costante nelle sezioni di gioco interne. La loro combinazione crea un’esperienza immersiva e straniante, che si snoda tra strade desolate e stanze claustrofobiche destinate rapidamente ad abbandonare la loro dimensione “di luogo fisico” per divenire piuttosto delle autentiche estensioni dei tormenti e delle paure più intime di James.
Al netto del revamp grafico, che trova nella modalità Qualità la scelta di gioco ottimale (troppi i sacrifici, in quella Performance, per guadagnare qualche frame aggiuntivo, decisamente sacrificabile nel contesto e nell’economia ritmica del titolo), va sicuramente apprezzata la nuova gestione della telecamera e la visuale dinamica in terza persona, la cui combinazione porta ad un’esplorazione nettamente più fluida rispetto alla legnosità (comprensibile) vista nel 2001. Il titolo Bloober consente al giocatore un’interazione più naturale con l’ambiente, non limitata soltanto al rompere vetri e finestrini di auto – ma, al contrario, garantendogli l’accesso occasionale a locali, stanze o appartamenti, dove prendere temporaneamente fiato lontano dalla minaccia nemica.
Un altro fattore, in questa lunga lista, che sottolinea ancora una volta quanto quello di Bloober non sia un semplice lavoro di rimasterizzazione ma, come vedremo a breve, un remake nel pieno del proprio significato: una reinterpretazione moderna e aggiornata, che non tradisce mai il proprio passato ma, allo stesso tempo, lo rinnova e estende in una forma inaspettatamente meravigliosa. Un viaggio dove i mostri che fanno più paura sono quelli che nascono dalla nostra coscienza, quelli che popolano la nostra mente: una prigione, o forse una città da cui sembra impossibile scappare, popolata da mostri interiori che non danno attimo di tregua. Silent Hill 2 Remake non è soltanto l’ottimo remake di un ottimo horror: è un’esperienza che scava con le unghie fino ai recessi più profondi dell’animo umano, un viaggio che sbatte in faccia con violenza inaudita la gravità del proprio passato e le paure radicate che ne derivano.
Il suono della Paura
Proprio come 23 anni fa, il sound design rappresenta anche in questa istanza uno degli aspetti cardine del successo del titolo. Non si può infatti parlare di Silent Hill 2 senza citarne l’uso magistrale della musica e del suono, entrambi rinnovati in questo remake e, ovviamente, ottimizzati a dovere per sfruttare al meglio le routine di spazializzazione dell’Audio 3D di PS5. L’accoppiata Atmos e suono spaziale garantiscono una resa sonora eccellente, capace di ampliare ulteriormente l’esperienza complessiva di gioco. Ogni rumore che proviene dal buio, ogni scricchiolio che si percepisce nelle stanze desolate, quel rumore minaccioso di metallo pesante che si trascina lento sul pavimento: tutti risuonano in modo realistico e verosimile, sobillando ulteriormente l’inquietudine di chi stringe il pad tra le mani.
E poi c’è lei, immancabile, la famigerata radiolina che emette quell’indimenticabile scarica statica per segnalare l’arrivo di un nemico: un marchio di fabbrica iconico del titolo, che si mescola nell’intera economia degli effetti sonori per un’immersione ludica senza precedenti. La ricetta di un sound design da scuola è davvero lunga: la pioggia che batte sulle finestre, il sibilo del vento che fischia nelle strade desolate di Silent Hill, i crepitii minacciosi tra i corridoi della Società Storica o del Brookhaven Hospital: non c’è un solo elemento che non contribuisca a mantenere alta la tensione. Perché ogni rumore, più ci si addentra in questo incubo, è segno di un potenziale pericolo: e anche quando il silenzio regna sovrano l’angoscia non viene meno, forse addirittura si spinge a livelli maggiori, a ricordare che il silenzio può essere un nemico più terribile dello stesso rumore.
Plauso meritatissimo anche per il voice over, realizzato ancora una volta con cura e precisione. I dialoghi di James e dei restanti comprimari, Maria in primis, sono figli di una recitazione di altissima caratura, abile nei veicolare tristezza, rammarico, solitudine o smarrimento. Ci fermeremo qui onde evitare spoiler pericolosi, ma il dramma esistenziale di James, il suo senso di colpa e tutto quello che ne deriva, in questo lungo viaggio in una spirale autodistruttiva di presa di coscienza, è recitato in modo semplicemente perfetto. Il tutto supportato da una colonna sonora, oggi come allora, su cui c’è ben poco da dire. Akira Yamaoka è ancora lì al proprio posto nella cabina di regia sonora, con un set di riarrangiamenti meravigliosi ed evocativi che non sfigurano affatto nel paragone con le controparti originali. Il tutto, per un carico emotivo dirompente.
Un Combat System più Dinamico e intenso
Veniamo ora ad uno degli aspetti più delicati della produzione Bloober, il combat system. Le meccaniche di combattimento di questo remake rappresentano uno degli aspetti maggiormente ottimizzati rispetto alla componente originale, laddove si è cercato di mantenere al meglio quel senso di impotenza e frustrazione costante che rendeva il titolo Konami così angoscioso. Bastano già gli scontri iniziali per notare come la legnosità che contraddistingueva il gameplay del 2001 abbia lasciato spazio ad una maggior fluidità nei movimenti e negli attacchi, supportata in modo ancor più rivoluzionario dall’introduzione della schivata. Una mossa tanto semplice quanto illuminante, che dona maggior profondità negli scontri all’arma “bianca” e svecchia quanto basta uno dei talloni d’Achille più storici del franchise.
Ancora oggi rimane chiaro un assunto: Silent Hill 2 non è mai stato un titolo incentrato sull’azione frenetica, quanto piuttosto sul trovare soluzioni intelligenti per salvare la propria pelle e, sotto questa lente, sul combattere solo quando strettamente necessario. Una gestione oculata dei proiettili (disponibili comunque in quantità ragionevoli) è sempre consigliata, ma – almeno per chi vi scrive – l’approccio senza arma da fuoco, coadiuvato per l’appunto dalla salvifica schivata, hanno rappresentato una chiave di lettura vincente per sopravvivere con un minimo di strategia ai numerosi combattimenti.
Anche perché, lo ricordiamo, di occasioni per far sporcare di sangue il fedelissimo tubo di ferro non ne mancheranno affatto. Il redesign dei nemici rappresenta un ulteriore punto di attenzione, anche – e soprattutto – in ottica di combattimento. Le iconiche infermiere tornano non solo con una veste rinnovata, ma anche con un carico di insidia e aggressività decisamente maggiore: i loro movimenti sono molto più erratici ed imprevedibili, dimostrandosi spesso in grado di parare un colpo di tubo per allontanarci e, a meno di una schivata tempestiva, affondare un colpo pesante. Serviranno almeno cinque o sei proiettili di pistola per abbattere un’Infermiera, un po’ meno se saremo abbastanza precisi da mirare alla testa, soltanto un paio se riusciremo a rallentarla o a farla cadere sparando alle gambe e poi finirla a violente bastonate. Oppure, per i più esperti, un colpo assestato alle sue ignare spalle, per poi finirla al suolo risparmiando preziose munizioni.
Già da questa descrizione si evince la presenza di un combat system variegato e strategico, dove l’unione degli elementi appena descritti permette di diversificare il nostro approccio offensivo a seconda della minaccia che ci si para davanti. Ne sono un chiaro esempio i Mannequin, vero incubo di questo Remake: creature immobili e silenziose, non rilevate dalla radio, ma che si attivano non appena illuminate dalla torcia di James o, e non sarà così infrequente, quando quest’ultimo gli si avvicinerà incautamente. Il loro risveglio avverrà in una frazione di secondo così fugace, lo ripetiamo, da neutralizzare l’efficacia della radio: serviranno dunque riflessi, e magari una buona schivata, per evitarne il violento attacco. Sul come finirli, poi, tutto dipenderà dal numero di proiettili a vostra disposizione o, quando i corridoi si fanno troppo affollati, dalla volontà di sopravvivere senza ricorrere ad un eccessivo utilizzo di bevande medicinali e siringhe.
Ultime ma non meno importanti sono le boss fight, anch’esse riscritte nel profondo ma comunque sempre fedeli alle controparti originali. L’intelligenza artificiale overall di tali nemici è stata migliorata, i pattern di attacco sono stati fortemente diversificati al fine di garantire uno scontro meno prevedibile e più variegato. I boss offrono reazioni maggiormente dinamiche ai nostri attacchi, avanzando o retrocedendo in modo più naturale e decisamente meno scriptato. Non si tratta di un semplice “spara e schiva”, ma sarà richiesto di analizzare il movimento nemico, la sua strategia offensiva, quali sono le sue vulnerabilità da sfruttare. Le boss fight rappresentano momenti memorabili, specie nelle fasi finali, con un grado di coinvolgimento lontano anni luce dalla staticità del passato: il tutto, con un filtro emotivo stressante e logorante, che ne aumenta la tensione e, alla lunga, rischia di indurre in errore in una delicata battaglia di nervi.
Level Design: Enigmi, psicologia e interazione ambientale
Altro punto di forza di questo Silent Hill 2 Remake è il suo level design, dove ancora una volta traspare la bravura del team di sviluppo di tenere fede al materiale originale, riproponendo in un modo eccellente una tentacolare città che non è solo un luogo fisico, ma si configura come proiezione di una dimensione psicologica frantumata dai tormenti interiori del suo protagonista. Le strade desolate o bruscamente interrotte nel vuoto, le case abbandonate ad un disordine fatiscente, la Silent Hill alternativa che mescola ruggine a sangue e cadaveri sono proiezioni agghiaccianti di un male impossibile da contenere, progettate per disturbare il giocatore nel proseguo dell’avventura e per minarne ogni tranquillità. Silent Hill su PS5 appare ancora più claustrofobica e opprimente di quanto la ricordassimo, un’enorme trappola in cui un invisibile gatto sembra tener costantemente sott’occhio un minuscolo ed indifeso topo alla ricerca di una disperata salvezza. Un luogo il cui silenzio sembra gridare storie di un passato orribile, con cui presto tardi saremo chiamati a fare i conti.
Nebbia e oscurità, coscienze infrante e materializzazioni dei dolori più intimi di una psiche ad un passo dal baratro. Alla ricetta perfetta di Silent Hill 2 mancano solo gli enigmi, altra parte essenziale del playthrough originale che, in questo nuovo frangente, ritorna con una nuova veste ulteriormente impreziosita. Gran parte dei puzzle contro cui andremo a scontrarci sono molto simili agli originali, il che ha perfettamente senso, ma è indubbio come gran parte del lavoro del team di sviluppo sia stato investito nel creare nuovi enigmi ambientali, alcuni dei quali particolarmente arzigogolati, che obbligano il giocatore ad esplorare nuove sezioni di gioco, ad affrontare nemici imprevisti o a vivere segmenti di racconto inediti. Non è del resto casuale se, a fronte dell’esperienza originale che si attestava attorno alle 13 ore complessive, quella su PS5 richiede una ventina di ore per essere portata a termine. Il tutto considerando un livello di completamento lontano dal perfezionismo, inutile dirlo: per raccogliere i numerosi documenti, stanare i vari echi nascosti nelle sezioni più impensabili di Silent Hill, carpire anche l’ultimo segreto nascosto dai pericoli della città, il cronometro complessivo è destinato a salire ulteriormente. E questo al netto di un coefficiente di rigiocabilità molto elevato, vista la presenza di un NG+ al termine della prima avventura, la presenza (come nell’originale) di un ragguardevole set di finali diversi e, non certo ultima, la possibilità di combattere sfide estreme come completare l’avventura senza usare la radio o senza sparare alcun colpo, boss inclusi.
A tal proposito, all’inizio della partita sarà possibile decidere il livello di difficoltà dei combattimenti e degli enigmi in modo separato: per una prima partita vi consigliamo di usare il preset di default per ambo le opzioni, laddove l’abbassamento di entrambe si dimostra decisamente più utile in ottica di terminare il gioco sotto le 10 ore totali (risultato ragguardevole, premiato da apposito trofeo) o per portare a conclusione le due citate modalità estreme. Se a livello facile i combattimenti risultano chiaramente molto più abbordabili, a fronte di una minor resistenza nemica e di una maggior presenza di proiettili, è la parte puzzle a soffrire maggiormente, laddove la soluzione viene pressoché sbattuta davanti alla faccia nella maggior parte dei casi limitando di fatto il normale svolgersi degli eventi (con tutto quello che ne consegue anche per parentesi narrative laterali).
Facendo dunque riferimento ad una difficoltà normale, gli enigmi disponibili in questa avventura ricalcano gli stilemi classici di questo filone del survival horror: interazione diretta con oggetti ambientali, utilizzo combinato di oggetti raccolti, ricerca di codici/combinazioni numeriche e tutto quello a cui anni di orrore da salotto ci hanno abituato. Non si tratta comunque di sfide fine a sé stesse, laddove nella maggior parte delle occasioni la risoluzione di enigmi rappresenta una via sia per analizzare alcuni aspetti della psiche di James, sia per portare a galla nuovi indizi legati alla trama. Discorso a parte, dicevamo, per gli Echi, la cui individuazione completa garantisce l’accesso ad un finale speciale.
Nel complesso, dunque, l’interazione ambientale di Silent Hill 2 è stata notevolmente ampliata. L’ambiente circostante è più vivo e reattivo rispetto al passato, i movimenti di James sono costantemente contestualizzati nel setting in cui si trova – suoni diversi a seconda del pavimento calpestato, il respiro più affannoso se la corsa si protrae. Sarà possibile accedere a specifiche stanze o locali sfondandone le vetrate, qualora l’ingresso ne fosse precluso, fattore che dona maggior respiro e ulteriore varietà alla progettazione delle location (sia interne che esterne). Di base, lo ripetiamo un’ultima volta, il level design di Silent Hill 2 non è solo un ottimo “supporto” alla narrativa, ma diventa progressivamente esso stesso una forma di narrazione psicologica: ogni suo angolo racconta una storia, nasconde una minaccia, apre porte su baratri forse troppo profondi da esplorare. Ma che, nei panni di James Sunderland, difficilmente riusciremo ad ignorare a lungo.
In conclusione
Avete presente quando, a distanza di anni, si finisce per idealizzare il proprio gioco preferito rendendolo ancora più bello di quanto già fosse? Ecco, Silent Hill 2 Remake è esattamente questo: una riscoperta del capolavoro originale, che ne esalta ulteriormente la forza dirompente, l’impatto e il messaggio sotto una lente più moderna in termini di tecnologia e di gameplay. Bloober Team rende il migliore degli omaggi possibili al titolo originale e alla sua essenza più profonda, ricreando una spirale tormentata di inquietudine, senso di colpa e tentata redenzione. Un capolavoro che torna in vita dopo 23 anni, e non poteva essere migliore di così.
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Voto Game-Experience