Le microtransazioni nei videogiochi free-to-play sono al centro di un nuovo studio. I risultati sono sorprendenti e preoccupanti, perché dipingono una realtà che sembra andare nella direzione opposta a quella del buonsenso.
Lo studio, ripreso anche da Game Rant, è stato condotto in Norvegia. Il risultato più incredibile è quello secondo il quale i ragazzi che non effettuano acquisti in giochi come Fortnite vengono bullizzati e derisi da altri coetanei che invece concludono abitualmente microtransazioni.
Sembra insomma che rifiutare di aggiornare il proprio personaggio in Fornite con skin o oggetti a pagamento, o evitare di acquistare pacchetti di carte in FIFA, sia motivo di inferiorità per i giovani videogiocatori. Un meccanismo che dal mondo reale, nel quale non seguire i trend è motivo di derisione e accuse di presunta “povertà”, sembra essersi trasferito al mondo virtuale.
L’unico appiglio di speranza sta nel fatto che lo studio riguarda un piccolissimo campione di 19 ragazzi, tutti norvegesi. Estendendo il campo potrebbero emergere risultati diversi, e sarebbe auspicabile. Resta il fatto che le microtransazioni sono una fonte di guadagno irrinunciabile per gli sviluppatori e per le piattaforme che ospitano i giochi, con Sony che ha comunicato in passato che i suoi utenti spendono più in microtransazioni che in videogiochi.