L’arrivo di RoboCop: Rogue City sul mercato sancisce la fine di un processo di sviluppo che ha visto i fan della versione robotica di Alex Murphy sulle spine per tanto, troppo tempo. Inizialmente previsto per lo scorso giugno, è stato rinviato dai ragazzi di Teyon a Settembre 2023, per poi subire un ulteriore slittamento al due novembre 2023, per motivi di ottimizzazione del codice.
Con la sparizione, durante il processo produttivo, della versione Nintendo Switch, l’ultimo prodotto Nacon Interactive giunge dunque esclusivamente su PC e console di nuova generazione. Ci troviamo dunque di fronte ad una gigantesca e furba operazione nostalgia o ad un prodotto ludicamente valido? La verità, spesso e volentieri, sta nel mezzo. Ma scopriamone di più, grazie alla nostra recensione di RoboCop: Rogue City.
Tanti dubbi ma… “Vivo o morto, giocherai con me”
Maneggiare prodotti su licenza di questa caratura è sempre un rischio. Lo è tanto per una attenzione, più che oltre la soglia di guardia, da parte di una nutritissima fanbase, quanto per il rischio che il tutto si tramuti in una gigantesca operazione nostalgia ai danni di questa ultima. Se poi, al tutto, aggiungiamo un paio di rinvii sospetti e la cancellazione della versione Nintendo Switch, effettuata all’improvviso e senza dare particolari motivazioni, i timori si fanno ben più che vacui.
Ad aggiungere benzina sul fuoco, la scelta di Nacon Interactive di assegnare ai ragazzi di Teyon lo sviluppo di RoboCop Rogue City. Gli sviluppatori polacchi, hanno infatti a curriculum due prodotti del calibro di Rambo: The Videogame (il peggior tie-in mai realizzato e uno dei punti più bassi dell’era X360/PS3) e Terminator: Resistance, che di certo non ha brillato per le sue qualità realizzative.
Tutto questo per dirvi che, pur alimentato da un amore nei confronti del franchise cinematografico, mi sono approcciato con più di qualche dubbio a questo tie-in. A disconferma dei miei timori, sono rimasto, però, positivamente sorpreso dal lavoro effettuato dai ragazzi di Teyon, lavoro da cui traspare dedizione e rispetto nei confronti di un franchise tanto vetusto quanto attuale.
Come da tradizione, trama a tinte forti…
Gli eventi narrati in RoboCop: Rogue City prendono il via, cronologicamente, tra il secondo ed il terzo episodio della serie. Una Detroit stretta nella morsa del crimine fronteggia la più grave crisi degli ultimi anni. Una ondata di violenza crimanle ha infatti causato il decesso di decine di agenti: come non bastasse, assistiamo all’arrivo in città di un nuovo boss del crimine a peggiorare una situazione già di suo esplosiva.
Lo spaccio della Nuke, la potentissima droga che tanto faceva gola al Cain di RoboCop 2, è divenuto un problema di primissimo ordine, cui la OCP si sta opponendo con il proverbiale pugno di ferro, scatenando una battaglia senza confini tra le strade di Detroit. RoboCop si trova dunque ad intervenire, in questo setting, per porre rimedio al sequestro di una intera emittente televisiva da parte di criminali punkster, che si offrono di aiutare il nuovo arrivato ad estendere le sue mani su Detroit, in nome di un mutuo interesse criminale.
Sin dall’ingresso di RoboCop, e della sua collega “umana”, nell’emittente si mette subito in chiaro la natura delle cose. RoboCop: Rogue City non intende edulcorare la sua esperienza di gioco per piacere a tutti: attendetevi dunque tanta ultraviolenza, ed un gameplay rispettoso di quella che fu la esperienza cinematografica griffata Paul Veerhoven, nel bene e nel male.
Il gameplay (lento ma) potente di RoboCop: Rogue City
Pad alla mano, RoboCop: Rogue City viene a configurarsi come un FPS che, per via della sua stessa progettazione, risulta essere abbastanza atipico. Dimenticate, infatti, le frenetiche corse alla Call of Duty o alla Fortnite: per via della stessa natura del nostro caro poliziotto metà uomo, metà macchina, ci troveremo a comandare un vero e proprio tank, dotato tanto di bruta potenza di fuoco, quanto di resistenza ai proiettili.
La progressione attraverso i livelli di gioco sarà, per l’appunto, a fuoco spianato, noncuranti (o quasi) di trovare ripari o di evitare colpi da parte di nemici che, per via della loro stessa natura, sono molto meno coriacei del nostro alter ego digitale. A fronte di siffatta potenza di fuoco, dovremo fare i conti con una endemica lentezza nei movimenti. Questa feature, derivativa dalla versione cinematografica, non ci impedirà, comunque, di crivellare di colpi i malcapitati nemici che, volta dopo volta, ci si pareranno davanti.
Sempre in guisa di fedeltà cinematografica, la principale arma di distruzione sarà la nostra fida Auto-9, estraibile dalla coscia destra e, ovviamente, dotata di munizioni infinite. Sarà inoltre possibile equipaggiare, per quanto temporaneamente e con un numero limitato di colpi, le armi che i nostri nemici lasceranno cadere, una volta uccisi. La sensazione di onnipotenza, impersonando RoboCop ai livelli di difficoltà più bassi (due su quattro disponibili) sarà pressoché totale. Consigliamo, infatti, di settare la dfficoltà su medio-alto, per godere appieno del prodotto Teyon.
FPS con elementi ruolistici? Yes we can (ma con moderazione)
Come è lecito aspettarsi, il focus del gameplay sarà quasi completamente sul gunplay. Man mano che ci inotreremo nei meandri di Detroit, visitando anche alcune delle location iconiche della trilogia cinematografica originale, il livello della sfida si alzerà drasticamente, vedendo dunque abbassarsi la nostra apparente “invulnerabilità”.
Parallelamente alla evoluzione bellica dei nemici, o all’ingresso di nuovi, potenti, avversari, potremo potenziare, in piena guisa ruolistica, le nostre stats accedendo a specifici skill tree. Potremo, infatti, equipaggiare la nostra fida Auto-9 con proiettili perforanti o esplosivi, aumentare la potenza degli attacchi melee a nostra disposizione o potenziare l’onda d’urto emessa da RoboCop, per stordire (o uccidere, nelle fasi più avanzate) i nostri avversari.
Nelle fasi più avanzate, il power-up della nostra corazza ci permetterà di assorbire un numero sempre maggiore di danni, facendo rimbalzare i colpi contro gli stessi nemici che li hanno emessi. Alcuni potenziamenti, inoltre, contribuiranno ad estendere le sessioni bullet-time, quando disponibili, per poter meglio agire, in modo chirurgico, ad esempio, nella liberazione di ostaggi messi sotto scacco da dei criminali.
Ultraviolenza, ma non solo…
Da buon tutore della legge, il nostro fido RoboCop potrà scegliere, solo in alcune situazioni, però, di avere un approccio non violento alle contese che gli si pareranno davanti. Nelle fasi investigative, oltre alla sempreverde mano di piombo, potremo improntare l’interazione dialogica in maniera più o meno minacciosa, al fine di ottenere (o estorcere) informazioni al sospettato di turno.
Va detto però che detta dicotomia sarà possibile solo ed esclusivamente nelle missioni secondarie: la main quest andrà affrontata, sempre e comunque, all guns blazing. Ulteriore elemento teso a diversificare, seppur di poco, il gameplay, è la raccolta di informazioni contestuali per le strade di Detroit. Sarà infatti possibile intercettare stralci di conversazioni, utili ad ottenere indicazioni sulla posizione di uno o più sospettati. Tutto ciò avverrà solo dopo aver guadagnato, però, la fiducia dei cittadini, interagendo con loro al fine di sbloccare scelte di dialogo specifiche.
La stessa Detroit assurgerà al ruolo di deuteragonista, brillando nella sua polverosità e nel suo degrado, esattamente come la controparte cinematografica griffata Paul Veerhoven. Il pattugliamento della città sbloccherà inoltre, grazie alla scansione ambientale, la possibilità di intervenire per porre rimedio a fenomeni di microcriminalità urbana, aumentando così la fiducia da parte dei cittadini.
Non è tutto acciaio quello che luccica
Se da una parte, RoboCop: Rogue City fa trasparire un amore e una dedizioni nei confronti della serie cinematografica, ravvisato in tanti piccoli dettagli sparsi con continuità nel mondo di gioco, non è, purtroppo, tutto or… acciaio quello che luccica.
Il livello di sfida di questa produzione Teyon rimane, nonostante l’avvicendarsi di nemici sempre più coriacei, abbastanza basso. Basterà infatti “upgradare” le proprie stats per ottenere un personaggio dalla forza ben superiore a quella dei propri avversari. Solo la scelta di livelli di difficoltà medio-alti contribuirà a rendere più interessante la contesa, salvo ricadere, una volta compreso il meccanismo di gameplay, nello stilema appena descritto.
Graficamente RoboCop: Rogue City fa il suo compitino tra alti e bassi. Se i modelli poligonali di RoboCop, dell’ED-209 e dei principali comprimari, son ben realizzati, notiamo una sciatteria ed una pigrizia di fondo nella realizzazione dei nemici “standard” differenziati, a volte, solo dall’abbigliamento e dalla presenza di qualche scudo fisico aggiuntivo. Detroit, invece, riluce nel suo sudiciume, riportando alla mente la decadente visione Veerhoveriana della popolosa metropoli americana.
RoboCop: Rogue City dispone di due modalità grafiche, improntate all’ottenimento del maggior framerate possibile o di una maggiore qualità. Ho giocato RoboCop: Rogue City in modalità qualità, ravvisando un marcato calo qualitativo in modalità prestazioni. Così facendo ho goduto di un prodotto si piacevole, ma con sporadici cali di framerate: nulla che andasse ad invalidare l’esperienza di gioco, ma bastante per arrecare fastidio durante il gameplay.
Versione testata: Xbox Series X
La recensione in breve
RoboCop: Rogue City è un piccolo ma deliberato atto di amore nei confronti del franchise. Pur con tutti i limiti di una produzione non-AAA, RoboCop: Rogue City riesce ad offrire una esperienza quanto più possibile vicina alla saga cinematografica di Paul Veerhoven. Esperienza vessata solo da un livello di difficoltà abbastanza basso, che va a causare una ripetitività di fondo abbastanza marcata. Nonostante qualche incertezza nel framerate, il prodotto Teyon si fa apprezzare graficamente, pur non brillando per qualità realizzativa. Un buon Tie-in, decisamente superiore alle precedenti produzioni dello studio polacco.
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Voto Game-Experience